lunedì 13 aprile 2020

Una separazione : romanzo / Katie Kitamura

Una separazione : romanzo / Katie Kitamura ; traduzione di Costanza Prinetti. - Torino : Bollati Boringhieri, 2017 (Varianti). - 189 p. ; 21 cm.

Incipit
"Cominciò tutto con una telefonata di Isabella. Voleva sapere dove fosse Christopher, e con grande imbarazzo fui costretta a dirle che non lo sapevo. Dovette sembrarle incredibile. Non le dissi che Christopher e io ci eravamo separati sei mesi prima, e che non sentivo suo figlio da quasi un mese.
Di conseguenza trovò incomprensibile il fatto che non sapessi cosa risponderle. La sua reazione fu fulminea ma non del tutto sorpresa, il che peggiorò la situazione. Mi sentii umiliata e a disagio, due sensazioni che hanno sempre caratterizzato il mio rapporto con Isabella e Mark. Questo nonostante Christopher mi avesse detto spesso che il sentimento era reciproco, che avrei dovuto essere meno riservata, perché il mio atteggiamento veniva facilmente scambiato per arroganza.
Non sapevo, mi chiedeva, che alcuni mi consideravano una snob? No. Il nostro matrimonio si basava sulle cose che Christopher sapeva e quelle che io ignoravo. Non era una semplice questione di intelletto, anche se da quel punto di vista Christopher, senza dubbio intelligente, era comunque in vantaggio. Era una questione di cose non dette, di informazioni che lui aveva e io no. In breve, era una questione di infedeltà – il tradimento prevede sempre che un partner sappia e che l’altro rimanga all’oscuro.
Il nostro matrimonio, però, non era fallito per questo. Era stato un processo lento, anche dopo la decisione di separarci: c’erano aspetti pratici, smantellare la struttura di un matrimonio non era cosa da poco. La prospettiva era così scoraggiante che cominciai a chiedermi se uno di noi ci stesse ripensando, se ci fosse qualche esitazione sepolta sotto tutta quella burocrazia, celata dai mucchi di carte e moduli online che evitavamo con tanta diligenza".

Psicologia e linguaggio dei bambini
Da bambini le parole non hanno peso – gridiamo ti odio e non significa nulla, lo stesso vale per ti amo – ma da grandi usiamo quelle stesse parole con molta più attenzione, non ci escono più di bocca con la stessa facilità. Lo voglio è un altro esempio, una frase che nell’infanzia fa solo parte di una recita, di un gioco tra bambini, ma che da grandi si carica di significato.

Matrimonio: il potere della parola
Ricordo che rimasi sorpresa dal potere del rito, dell’atto cerimoniale di pronunciare quelle parole, che assunsero un significato profondo, quasi eccessivo. Ebbe improvvisamente senso che Lo voglio venisse abbinato all’arcaico e insensato Finché morte non ci separi, frase morbosa e un po’ fuori luogo in quello che doveva essere un evento gioioso, ma dal proposito preciso: ricordare ai partecipanti la folle scommessa che la coppia stava facendo con quella mossa, il matrimonio.

Separazione
Prima o poi la paura e il dolore spariscono rimpiazzati da un totale disinteresse, l’avrei incontrato per caso in strada e sarebbe stato come vedere una vecchia fotografia di me stessa: avrei riconosciuto la figura, ma non sarei riuscita a ricordare bene come fosse essere quella persona.

Immaginare
L’avrebbe fatta fantasticare su un futuro, un matrimonio, una vita insieme a Christopher? Dopotutto immaginare non costa niente, è vivere, la parte più difficile.

Morti e sopravvissuti
C’era qualcosa di egocentrico non solo nel lutto di Isabella, ma nel lutto in generale, che alla fine riguarda non i morti, ma chi sopravvive. Quello che avviene è un atto di consegna: i morti diventano immobili, le loro vite interiori non sono più l’insondabile e insolubile mistero che erano o che potevano essere, in un certo senso i loro segreti non ci interessano più.

A un certo punto, se dovessimo imbatterci nel diario con i pensieri più intimi di un morto, ci tratterremmo dal leggerli, la maggior parte di noi non lo aprirebbe nemmeno e lo rimetterebbe al suo posto, anche solo guardarlo sarebbe insostenibile. È così, pensai, che trasformiamo i morti in fantasmi.


Considerazioni: è ambientato in Grecia, esattamente nel Mani, ma c'è poca Grecia nel racconto. Il tema principale è l'ambiguità in cui si trova la protagonista tra un matrimonio la cui fine non è ufficializzata e il rapporto che la morte del marito costringe a tenere con i genitori ignari di lui, che la raggiungono in Grecia. La morte violenta del marito, non ancora ex, la tiene in una specie di limbo tra moglie e vedova (per gli altri) ed ex moglie (solo per lei).

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venerdì 3 aprile 2020

Gente del Wyoming / E. Annie Proulx

Gente del Wyoming / E. Annie Proulx ; traduzione di Mariapaola Dettore. - Milano : Baldini & Castoldi, 1999 (Romanzi e racconti ; 154). - 52 p. ; 19 cm. - ISBN: 9788880896067.

Incipit:
"Provenivano da due piccole, misere fattorie agli angoli opposti dello Stato: Jack Twist da Lightning Flat, su a nord, a ridosso del Montana; Ennis del Mar dai dintorni di Sage, presso il confine con lo Utah; entrambi ragazzi di campagna che avevano lasciato la scuola alle superiori, senza prospettive, rotti al lavoro duro e alle privazioni, entrambi zotici di modi e di linguaggio, abituati a far vita spartana. Ennis - allevato dal fratello e le sorelle maggiori da quando i genitori erano finiti fuori strada nell'unica curva della Dead Horse Road, lasciando ventiquattro dollari in contanti e un ranch gravato da due ipoteche a quattordici anni aveva ottenuto una patente speciale per poter frequentare le superiori, a un'ora di viaggio dal ranch. Il furgoncino era vecchio, senza riscaldamento, con un solo tergicristallo e pneumatici malridotti; quando il cambio partì, non c'erano quattrini per rimetterlo in sesto. A lui sarebbe piaciuto diventare un sophomore, sentiva un che di distinto in quel termine, ma il furgoncino si bloccò poco prima di portarcelo scaricandolo direttamente nel lavoro del ranch.
Nel 1963, quando incontrò Jack Twist, Ennis era fidanzato con Alma Beers.
Tutti e due, Jack ed Ennis, dicevano che stavano mettendo da parte quattrini per comperarsi un pezzetto di terra: nel caso di Ennis i risparmi erano rappresentati da una scatola da tabacco con dentro due biglietti da cinque dollari. Quella primavera, famelici di lavoro, si erano iscritti all'Ufficio collocamento per lavori agricoli e si trovarono accoppiati sulla carta come pecoraio e addetto al campo per lo stesso incarico stagionale, a nord di Signal. La zona di pascolo era su Brokeback Mountain, al di sopra dalla fascia boschiva: territorio di competenza del Servizio forestale. Per Jack Twist sarebbe stata la seconda estate su in montagna. Per Ennis, la prima."

FinaleRestava uno spazio vuoto tra ciò che sapeva e ciò che voleva credere, ma non ci poteva far niente, e se non la puoi risolvere devi prenderla com'è.

Link:
it.wikipedia.org
leggoquandovoglio.it
en.wikipedia.org/wiki/Brokeback_Mountain



martedì 24 marzo 2020

Le cose crollano / Chinua Achebe


Le cose crollano / Chinua Achebe ; traduzione di Alberto Pezzotta. - 
Milano : La nave di Teseo, 2016 (Oceani, 7). - 202 p. ; 22 cm. - ISBN: 978-88-93440-33-2.


Incipit:
Okonkwo era ben conosciuto nei nove villaggi e anche oltre. La sua fama si basava su imprese indiscutibili. A diciotto anni aveva procurato onore al suo villaggio sconfiggendo Amalinze il Gatto. Amalinze era un grande lottatore e non perdeva da sette anni, da Umuofia a Mbaino. Il soprannome di Gatto si doveva al fatto di non toccare mai terra con la schiena. Fu questo l’uomo che Okonkwo sconfisse, alla fine di una lotta così feroce, a detta degli anziani, come non se ne vedevano da quando il fondatore del villaggio aveva combattuto con uno spirito della foresta per sette giorni e sette notti.
Gli spettatori trattenevano il respiro al suono dei tamburi e al canto dei flauti. Amalinze possedeva esperienza e astuzia, ma Okonkwo sgusciava come un pesce nell’acqua. Muscoli e nervi sporgevano sulle loro braccia, schiene e gambe, e quasi si sentivano tendere fino a spezzarsi. Alla fine Okonkwo buttò a terra il Gatto.
Era successo molti anni prima, venti o più. Da allora la fama di Okonkwo era cresciuta come l’incendio di una foresta quando soffia l’harmattan. Era un uomo alto e imponente; le sopracciglia folte e il naso largo gli davano un aspetto duro. Respirava pesantemente, e si diceva che quando dormiva mogli e figli potevano sentirlo dalle loro capanne.

Trama
Okonkwo è un guerriero, un lottatore, un uomo ambizioso e rispettato che sogna di divenire leader indiscusso del suo clan. Dal suo villaggio Ibo, in Nigeria, la fama di Okonkwo si è diffusa come un incendio in tutto il continente. Ma Okonkwo ha anche un carattere fiero, ostinato: non vuole essere come suo padre, molle e sentimentale, lui è deciso a non mostrare mai alcuna debolezza, alcuna emozione, se non attraverso l’uso della forza. Quando la sua comunità è costretta a fronteggiare l’irruzione degli europei, l’ordine delle cose in cui Okonkwo è nato e cresciuto comincia a crollare, e la sua reazione sarà solo il principio di una parabola che lo porterà nella polvere: da guerriero temuto e venerato, a eroe sconfitto, oltraggiato.
Le cose crollano, il primo libro della trilogia che ha consegnato Chinua Achebe alla fama internazionale – in corso di pubblicazione presso La nave di Teseo in una nuova traduzione – è unanimemente considerato il suo capolavoro, capace di intrecciare nella stessa vicenda due storie diverse: quella personale di Okonkwo e quella più ampia dello scontro fra due religioni e civiltà. Nella scrittura di Achebe, interprete di una grande tradizione letteraria, i conflitti ancestrali fra individuo e comunità dialogano con i percorsi accidentati della storia, le cui conseguenze investono ancora il mondo in cui viviamo.

Link:

venerdì 6 marzo 2020

Cratilo / Platone

Cratilo / Platone ; introduzione e note di Caterina Licciardi ; traduzione di Emidio Martini. - Milano : Biblioteca universale Rizzoli, 1996 (Bur ; 717). - 260 p. ; 18 cm

Socrate incontra Ermogene e Cratilo, che stanno discutendo attorno al problema della correttezza dei nomi e viene messo a parte da Ermogene delle teorie di cui sono sostenitori. Cratilo afferma infatti che i nomi sono per natura, ossia rispecchiano realmente la realtà; Ermogene crede invece che i nomi siano arbitrari, decisi dall'uso e dalla convenzione.


Link
www.ousia.it Testo in pdf
btfp.sp.unipi.it/dida/cratilo
www.docsity.com
athenaenoctua2013


venerdì 28 febbraio 2020

Tutto quel che è la vita / James Salter

Tutto quel che è la vita / James Salter ; traduzione di Katia Bagnoli. - Parma : Guanda, 2014 (Narratori della Fenice). - 349 p. ; 22 cm. - 978-88-235-0659-6.

Trama
Nel 1944, alla vigilia di uno degli scontri navali decisivi per la risoluzione del secondo conflitto mondiale, Philip Bowman è un sottotenente della Marina militare americana di stanza nel Pacifico. È l'esordio avventuroso di una vicenda umana che si dipana per quarant'anni, in una sorprendente ricchezza di scenari, incontri ed esperienze. Dal Giappone a New York, dove Bowman diventa editor in una piccola casa editrice; alla Virginia delle grandi proprietà terriere e delle vecchie tradizioni; a Londra, cuore pulsante di una «geografia editoriale» fatta di contatti e affinità personali; alla Spagna, teatro di una esaltante passione amorosa. A scandire il racconto, una galleria di ritratti femminili cui corrispondono altrettanti modi di intendere e vivere l'amore in tutte le sue sfaccettature e le sue insidie. Perché questa è, più di ogni altra cosa, la cronaca di una lunga e intensa vicenda sentimentale nella quale si affacciano molte donne e molti amori. Sullo sfondo il tributo ai libri, non privo di ironia, ai loro autori dagli alterni talenti e fortune, alle consuetudini di un mondo editoriale d'altri tempi. Volti, indumenti, scorci di paesaggio rubati dal finestrino di un'auto, di un aereo o di un treno, incroci di sguardi, aspettative, tradimenti, fantasie: quel che conta nella vita, quel che resta o vorremmo restasse quando ci guardiamo indietro, e che solo la scrittura, forse, può salvare, fissandolo nel flusso impercettibile e implacabile dei giorni.

Incipit:

L'acqua correva veloce nella lunga notte buia.
Due metri sottocoperta, livelli su livelli di cuccette di ferro dove giacevano silenziosi centinaia di uomini, supini, con gli occhi ancora aperti, benché fosse quasi mattina. Le luci erano basse, i motori pulsavano senza sosta, i ventilatori aspiravano l'aria umida; i millecinquecento uomini con i loro zaini e le loro armi, pesanti quanto bastava per trascinarli a fondo come un'incudine caduta nell'oceano, facevano parte del vasto esercito che navigava verso Okinawa, la grande isola a sud del Giappone. In realtà Okinawa apparteneva al Giappone, l'arcipelago ignoto e misterioso. La guerra che si combatteva da tre anni e mezzo era giunta all'ultimo atto. Entro mezz'ora i primi gruppi di uomini si sarebbero messi in fila per la colazione, da consumare in piedi, stretti l'uno all'altro, solenni, muti. La nave scivolava sull'acqua con un rumore lieve. L'acciaio dello scafo cigolava.
La guerra nel Pacifico era diversa da quella che si combatteva altrove. Intanto per le distanze, enormi. Giorni e giorni di oceano sconfinato e località dai nomi strani, distanti migliaia di miglia. Una guerra fatta di isole strappate ai giapponesi una a una. Guadalcanal, poi diventata leggendaria. Le isole Salomone e New Georgia Sound, «The Slot». Tarawa, dove i mezzi da sbarco approdarono sugli scogli, lontano dalla spiaggia, e gli uomini vennero massacrati dal fuoco nemico, fitto come uno sciame d'api, l'orrore delle spiagge, i corpi gonfi dei figli della nazione che venivano a galla, alcuni di loro bellissimi.

Morte
E di fronte alla morte, come diceva Lorca, non esiste consolazione, anche per questo la vita è tanto bella.

Vecchiaia
La vecchiaia non arriva lentamente, viene all'improvviso. Un giorno tutto è come sempre, una settimana più tardi tutto è cambiato. Una settimana è persino troppo, a volte capita nel giro di una notte. Sei lo stesso, sei sempre lo stesso e improvvisamente un mattino scopri che agli angoli della bocca sono apparse due linee nette, inestirpabili.

Venezia
"Non sono mai stata a Venezia", disse Ann. "Davvero?", "Davvero, non ci sono mai stata". "Il periodo migliore è gennaio. Non c'è ressa. E non dimenticare di portare una torcia per vedere i quadri. Sono tutti in chiese mal illuminate. Se metti una moneta si accende una luce, ma dura non più di quindici secondi. La luce te la devi portare tu. Inoltre, non scegliere un albergo alla Giudecca. E' troppo lontana da tutto. Se ci vai, fammelo sapere, e ti dirò cosa vedere. Il cimitero è la cosa più bella, la tomba di Djagilev".

Link
sololibri.net
www.ifioridelpeggio


giovedì 27 febbraio 2020

Venezia città delle asimmetrie / Ettore Camuffo

Venezia città delle asimmetrie / Ettore Camuffo. - Venezia : Marsilio, 2019. - 339 p. ; 20 cm.

Interessante questo modo nuovo di guardare Venezia. La bellezza della città  dipende anche dal fatto di essere asimmetrica, in primo luogo nell'architettura. Se guardiamo le case che si susseguono, come una quinta teatrale, sul Canal grande, ad esempio, troviamo molte sfasature nell'alternarsi di case signorili e case più modeste, nelle diverse altezze, nel numero delle finestre dei diversi piani, nell'alternarsi di stili differenti.
Altre asimmetrie derivano dal fatto che una città di mare dipendesse dal legname dei boschi delle montagne del Cadore e del Cansiglio, portato in laguna dopo un lungo viaggio sui fiumi e poi con le zattere.
Infine, l'asimmetria evidente della gondola, una barca con un fianco più lungo dell'altro che la rende sbilanciata, ma tuttavia perfettamente manovrabile grazie all'abilità dei gondolieri.

Senso di precarietà, lentezza e indecisione
Chi soggiorna a Venezia percepisce la frequente lentezza e indecisione dei veneziani. I veneziani restano isolani, esprimono un senso di precarietà e d'incertezza che molti hanno confuso con l'aleggiare in città di uno spirito di morte e di tristezza che invece è coscienza del provvisorio e dell'incertezza delle vite e delle cose.

Senso di caducità e fiducia nell'operare umano
Due sentimenti compresenti: senso di caducità dei tempi me, allo stesso tempo, la fiducia che deriva da ciò che uomini concreti hanno saputo fare. Va ricordato che Venezia non sarebbe mai esistita senza l'intervento umano che ha deviato la foce dei fiumi, perché non si interrasse completamente.

Una città senza mura
Un'altra asimmetria: contrariamente alle altre città del Medioevo, dotate di fortificazioni, Venezia è una città senza mura. La sua difesa è la laguna stessa.

Pietre e legno
Venezia ha un suo gigantesco doppio nel proprio sottosuolo costituito da decine di migliaia di alberi infissi nel fango a consolidarlo, migliaia di zatteroni di travi a rendere edificabile un terreno strutturalmente instabile.
Una città che si mostra nella bellezza delle sue pietre e dei suoi marmi, mentre nasconde un'anima impensabile creata dalla presenza d'intere foreste.
Altro legno era necessario alla cantieristica navale, per il riscaldamento, per la segnaletica lagunare ecc.
Alla fine del Settecento ogni anno Venezia consumava 300-350.000 tronchi.

La segheria veneziana
Nelle segherie dell'area del Piave, dove si preparavano i tronchi da mandare in Laguna, fu adottata la cosiddetta "segheria veneziana" (poi diffusa anche in Trentino e in Tirolo): un sistema inventato e praticato a Venezia, perfezionato da Leonardo da Vinci, che utilizzava la forza idraulica (sega a biella e manovella).
Una città di mare ha rivoluzionato il processo produttivo di una risorsa, il legno, tipica delle aree montane.

Navi che attraversano le montagne
Nella guerra contro i Visconti di Milano, tra il 1425 e il 1454, vi fu un episodio di trasferimento  di galee veneziane per montes fino al Lago di Garda: lungo l'Adige fino a Mori e poi attraversando le falde del Baldo per 20 km fino a Torbole.

La gondola
Il colore nero viene imposto nel Sei-Settecento per evitare eccessi di lusso da parte dei nobili ("niun barcarol ardischa vogar le gondole troppo riccamente ornate sotto pena di pregion, gallea et altro").
Il felze era l'abitacolo che proteggeva i passeggeri, una copertura analoga a quella delle carrozze.
La forcola è una struttura in legno, che assunse diverse forme, dove si appoggia il remo per effettuare le diverse manovre (8 tipi di manovre, a seconda delle posizioni in cui si appoggia il remo).
La gondola è costituita da 280 pezzi diversi, ricavati da 8 tipi di legno.

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ilfoglio.it/cultura

martedì 25 febbraio 2020

Sessantotto / Francesca Socrate

Sessantotto. Due generazioni / Francesca Socrate. - Bari : Laterza, 2018 (Quadrante Laterza, 215). - XXIV, 261 p. ; 20 cm.

Il libro analizza, attraverso numerose interviste, il linguaggio delle "due generazioni" del '68, mettendo in rilievo le differenze tra la prima generazione, quella dei più vecchi, nati tra il 1940 e il 1945 e la seconda generazione, quella dei nati tra il 1945 e il 1950. Mentre la prima arriva al '68 già in parte politicizzata, la seconda è una generazione "vergine", senza precedenti legami con la politica.

Prima del '68, si assiste ad un calo della partecipazione alle organizzazioni giovanili dei partiti da parte della seconda generazione, testimonianza di una generale disaffezione dei più giovani verso la politica.

La seconda generazione è più disponibile agli scontri di piazza, rispetto alla prima. Inoltre è nella seconda generazione che si affaccia la partecipazione delle ragazze.

Il salto avviene nel 1967, l'anno del Vietnam: la manifestazione diventa lo strumento e il luogo nel quale esprimersi, ed è lì che si consuma la rottura con la sinistra tradizionale e il mondo morale interpretato dai fratelli maggiori.

La prima generazione nelle interviste parla in terza persona (presa di distanza), con forme verbali legate alla storia, oggettivizzanti, con meno riferimenti al privato. Prevale il "noi", cioè un soggetto collettivo

Aumenta la partecipazione delle ragazze: già nella primavera del '68 nelle foto dei cortei e le ragazze sfilano indossando i primi pantaloni. Ma la fisionomia della leadership cambia poco rispetto ai partiti della sinistra tradizionale. Nelle interviste delle donne, prevale il condizionale alla prima persona e l'avverbio "forse".  Nelle donne del '68 ci sono anche forme di ribellione e di rottura verso la famiglia e i suoi valori, espresse nella frequenza delle negazioni.

I leader: sono indiscutibilmente altro, contrapposti, oppressivi o pericolosi, comunque carismatici la contrapposizione ai maschi si circoscrive soprattutto come contrapposizione ai leader.

La società pre '68 appariva statica, immobile ai giovani, per cui si manifesta un desiderio di cambiamento, spesso confuso ("desiderio di libertà", "ribellione", "desiderio di libertà").

Si scandivano slogan a cui non si credeva.

Lettera ad una professoressa fu all'epoca il testo di riferimento.

Punti cardinali della ribellione studentesca la costellazione teorica del movimento:
1) Il rifiuto dell'idea di rappresentanza su cui si reggeva il sistema degli organismi rappresentativi universitari. Il movimento si impone eliminandoli, o cercando di eliminarli dalla scena.
2) Rifiuto della delega che il movimento afferma il nome di una democrazia radicale: l'assemblea generale è sovrana e la sua prima espressione, per essere poi affiancata, verso la primavera del 1968
da nuovi strumenti intermedi di democrazia diretta.
3) L'attacco il principio di autorità che regola tutte le relazioni sociali sarà il terzo cardine del discorso del 68.

La strage di piazza Fontana è un punto di rottura e segna il confine tra un '68 ancora vergine e creativo e un dopo più ideologizzato.

In alcune interviste, nelle quali mi ritrovo, emerge questa contrapposizione tra un '68 iniziale, creativo, liberatorio ed uno successivo tutto politico e ideologico:

Marina Bianchi (nata nel 1947, il '68 a Roma):
 Adesso come penso subito associo il 68 a questa dimensione liberatoria. E quindi per me è stato anche un periodo felice, quindi io ho un ricordo molto positivo, cioè mi sono proprio pure divertita [ride] Quindi era un momento, certo, irripetibile in cui questa forma di emancipazione non era fatta in solitudine, ma era un elemento corale e quindi si facevano le amicizie, c'erano questi luoghi sociali di incontro, e quindi ... io sì effettivamente poi mi divertivo pure. Poi forse con la formazione dei gruppi la cosa si è un po' ... è tornata indietro perché lì è viceversa, non poteva forse essere altrimenti, perché questo stato di continua ... agitazione e coralità, per cui stavamo sempre in piazza e così, cioè nelle strade e così via, non poteva durare all'infinito; però nei gruppi poi è prevalso l'elemento ideologico e con l'elemento ideologico io mi so' continuata ..., ho cominciato a non divertirmi più, era diventato molto un dovere.

A una fase Iniziale, esplosiva, ribelle e felice, segue la perdita, segnata dal ritorno della vecchia politica, anche se nella nuova veste dei gruppi. E sono i gruppi, o sono il leader che parlano il linguaggio antico ed elitario delle contrapposizioni ideologiche, sono gli interpreti della vecchia politica insomma a mettere fine a quel movimento fatto di una comunità aperta e inclusiva, del protagonismo delle assemblee generali, dell'azione diretta, quel movimento fatto di una pratica di democrazia radicale, dell'azzeramento del principio di autorità, dell'abolizione di ogni distanza, di un privato che finalmente ha conquistato il diritto di imporsi come pubblico.

Link
www.corriere.it/cultura
leparoleelecose.it
temi.repubblica.it







lunedì 24 febbraio 2020

La settimana bianca / Emmanuel Carrere

La settimana bianca / Emmanuel Carrere ; traduzione di Maurizia Balmelli. - Milano : Adelphi, 2014 (Fabula ; 272) 139 p. ; 22 cm.

Incipit
"In seguito Nicolas cercò a lungo, ancora oggi cerca, di ricordarsi le ultime parole che gli aveva rivolto suo padre. L’aveva salutato sulla porta dello chalet, gli aveva nuovamente raccomandato di fare attenzione, ma Nicolas era così imbarazzato dalla sua presenza, così ansioso di vederlo andar via che non era stato a sentire. Non gli perdonava di essere lì, di attirare sguardi che immaginava ironici, e si era sottratto al suo bacio chinando la testa. Nell’intimità familiare non l’avrebbe passata liscia, ma sapeva che così, davanti a tutti, il padre non avrebbe osato rimproverarlo.
Prima, in macchina, dovevano di sicuro aver parlato. Nicolas, seduto dietro, stentava a farsi sentire per via del rumore del riscaldamento, acceso al massimo per disappannare i vetri. La sua unica preoccupazione era sapere se sulla strada avrebbero trovato un distributore Shell. Per nulla al mondo, quell’inverno, avrebbe permesso che si facesse benzina altrove, perché con i buoni della Shell si vinceva un bambolotto di plastica con il torace che si apriva come il coperchio di una scatola, rivelando scheletro e organi: potevi estrarli e rimetterli a posto, cominciando così a prendere confidenza con l’anatomia del corpo umano"

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domenica 23 febbraio 2020

L’amore prima di noi / Paola Mastrocola

L'amore prima di noi / Paola Mastrocola. - Torino : Einaudi, 2016. - 318 p. ; 22 cm. - 978-88-06-23200-9

Incipit:
"Un giorno Zeus guardava il mondo sotto di sé, e si chiedeva in quale forma bisognasse amare.
Il suo sguardo si era posato per caso su una fanciulla, che si chiamava Europa perché aveva gli occhi grandi; rimase per un bel po’ incantato a guardarla, come se non avesse nient’altro da fare, e soprattutto nessuna fretta.
Zeus è il Tempo. È figlio di Crono, l’unico a essersi salvato da un padre che divorava i figli: Rea glieli passava appena partoriti e lui li ingoiava perché non lo sostituissero nel dominio del mondo. I figli sostituiscono i padri. Rea nascose Zeus, l’ultimo nato, e alle fauci di Crono ingordo offrí una pietra infagottata al posto del bambino. Zeus è dio. Dio è colui che non viene ingoiato dal Tempo.
Quel giorno guardava Europa mentre con le compagne giocava a palla sulla spiaggia, e si chiedeva se per amarla fosse meglio trasformarsi in tigre, in fumo, in scoiattolo, in nuvola, in gabbiano o in sorgente, visto che lui sapeva trasformarsi in tutto.
In quale forma bisogna amare? Questa era la domanda che si faceva Zeus, affacciato in cielo a guardare il mondo".

L’amore è rapimento: Europa, Persefone
L’amore è ombra: Orfeo e Euridice, Pigmalione, Elena, Eco e Narciso
L’amore è fuga: Atalanta, Apollo e Dafne, Aretusa, Pan e Siringa
L’amore è sguardo: Clizia, Atteone, Psiche
L’amore è eccesso: Pasifae, Fedra
L’amore è divieto: Icaro, Adone
L’amore è viaggio: Teseo e Arianna, Giasone e Medea
L’amore è segreto: Selene e Endimione, Ares e Afrodite, Piramo e Tisbe, Ero e Leandro
L’amore è dono: Eos, Cassandra, Alcesti, Calipso

Link:

martedì 31 dicembre 2019

Apologia di Socrate ; Critone / Platone

Apologia di Socrate ; Critone / Platone ; introduzione, traduzione e note di Maria Michela Sassi. - Milano : Biblioteca universale Rizzoli, 1993 (BUR. L ; 911). - 219 p. : ill. ; 18 cm. - Testo orig. a 
fronte.

La lingua greca / Maurizio De Rosa

La lingua greca : una storia lunga quattromila anni / Maurizio De Rosa. - Athens : ETP books, 2019 (Saggi & Critici ; 03). - X, 248 p. : ill. ; 21 cm.

Nostalgia / Eshkol Nevo

Nostalgia / Eshkol Nevo ; traduzione dall'ebraico di Elena Loewenthal ; revisione di Raffaella Scardi sulla base delle indicazioni apportate al testo originale dall'autore. - Vicenza : Neri Pozza, 2014 (Bloom ; 77). - 411 p. ; 22 cm. - Ebook


Incipit
"Un tempo campo di transito per i nuovi immigrati del Kurdistan, Maoz Tzion, detto il Castel per via di un fortino in cima a una collina, è ora un insieme indistinto di villette e baracche, di case e macerie, strade linde e vicoli fatiscenti. Dopo tante catapecchie condivise, i litigi per i conti e i turni per la doccia, Amir, studente di psicologia a Tel Aviv, e Noa, studentessa di fotografia a Gerusalemme, hanno preso casa al Castel. L'appartamento trovato non è, certo, quanto di meglio si possa desiderare. Un bilocale con un salotto grande quanto una cucina, una cucina grande quanto un vano doccia e un vano doccia con la spatola per girare via l'acqua quando si allaga. Ma per Amir e Noa è un palazzo dove possono vivere come un re e una regina, girare per il salotto e mutande Il fare l'amore dappertutto, a qualunque ora, senza temere che il coinquilino rientri in anticipo".

Link
www.recensionelibro.it
flaneri.com
corriere.it/la-lettura
www.gliamantideilibri.it/eshkol-nevo
leggerealumedicandela

Teeteto / Platone

Teeteto / Platone ; introduzione, traduzione e commento di Franco Ferrari. - Milano : BUR Rizzoli, 2013 (BUR Rizzoli. Classici greci e latini). 533 p. ; 20 cm. - Testo greco a fronte.



Link
it.wikipedia.org/wiki/Teeteto
www.youtube.com Gabriella Giudici

Salonicco 1943 / Nico Pirozzi

Salonicco 1943 : agonia e morte della Gerusalemme dei Balcani / Nico Pirozzi. - Sarno : Edizioni dell'Ippogrifo, 2019 (Historiae ; 4). - 231 p. : ill. ; 23 cm.


Incipit:
"A dispetto del tempo che scorre e degli uomini che dimenticano per una parte degli abitanti di Salonicco quel villino di inizio Novecento, dallo stile marcatamente neobarocco, l'hanno continuato a chiamare Oikia Salém: la casa di Emmanouìl Salém, il facoltoso avvocato tessalonicese di origini ebraiche che, nel 1907, ne affidò la costruzione a Xenofòn Paionìdis, uno dei più famosi architetti del suo tempo. Per gli autisti della Oasth, l'azienda di trasporto urbano di Salonicco, che dalle cinque di mattina a mezzanotte passata attraversano Leoforos Vassilissis Olgas, la fermata in prossimità del civico contrassegnato dal numero 20 è da quarant'anni, Paliò italikò proxenéio: il vecchio consolato italiano, che sul finire degli anni Settanta traslocò in una più modesta dimora.
Della sontuosa casa di Salém e di quel lembo d’Italia in terra di Macedonia, carico di storia e di ricordi, oltre al toponimo sopravvive solo un giardino invaso da arbusti ed erbacce e una vecchia palazzina con le persiane semidivelte, le ringhiere corrose dalla ruggine e gli intonaci scoloriti e cadenti, che solo una fervida immaginazione può associare a quel gioiellino di architettura eclettica che, per decenni, è comunque stato".



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Patria / Aramburu Fernando

Patria / Aramburu Fernando. Traduzione di Bruno Arpaia. - Milano : Ugo Guanda editore, 2017. - 632 ; 23 cm. - (Narratori della Fenice). - ISBN 978-88-235-1910-7. Ebook

Incipit:

"Eccola lì, la poverina. Va a infrangersi su di lui. Come s’infrange un’onda sugli scogli. Un po’ di schiuma e ciao. Non vede che non si prende nemmeno la briga di aprirle la portiera? Sottomessa, più che sottomessa.
E quelle scarpe con i tacchi e quelle labbra rosse a quarantacinque anni? Con la tua classe, figlia mia, con la tua posizione e i tuoi studi, cos’è che ti fa comportare come un’adolescente? Se l’aita fosse vivo...
Al momento di salire in macchina, Nerea rivolse lo sguardo alla finestra; immaginò che, dietro la tenda, sua madre la stesse come al solito osservando. E sì, anche se lei dalla strada non poteva vederla, Bittori la stava guardando con tristezza e con le sopracciglia aggrottate, e parlava da sola e sussurrò eccola lì, la poverina, solo un ornamento di quel vanitoso a cui non è mai passato per la testa di far felice qualcuno. Non si rende conto che una donna dev’essere proprio disperata per cercare di sedurre il marito dopo dodici anni di matrimonio? In fondo è meglio che non abbiano avuto figli. Nerea agitò brevemente la mano per salutare prima di infilarsi nel taxi. Sua madre, al terzo piano, nascosta dietro la tenda, distolse lo sguardo. Al di sopra dei tetti si vedevano un’ampia striscia di mare, il faro dell’isola di Santa Clara, nubi tenui in lontananza. La signorina delle previsioni del tempo aveva annunciato sole. E lei, ah, come mi sto facendo vecchia, guardò di nuovo la strada e il taxi era già scomparso".

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Max Fox, o Le relazioni pericolose / Sergio Luzzatto

Max Fox, o Le relazioni pericolose / Sergio Luzzatto. - Torino : Einaudi, 2019 (Frontiere Einaudi). - 310 p. : ill. ; 23 cm. Ebook

Incipit

"Non sapevo bene cosa aspettarmi da quella giornata, e per un bel pezzo di strada quasi non ci ho pensato. Un po’ perché quando guido non riesco mai a riflettere sul serio, ad arrivare in fondo a un ragionamento, un po’ perché dopo lo scambio di mail del giorno prima – «Gentile dottor De Caro», «Gentilissimo professore» – tutto era andato così in fretta che mi era mancato il tempo di prepararmi. Di prepararmi mentalmente, intendo dire. Nel mio mestiere di storico, è chiaro, di criminali ne avevo incontrati tanti. Anche troppi, e ben peggiori di quello lí. Terroristi della Francia rivoluzionaria. Squadristi del Fascio primigenio. Aguzzini di Salò. Carnefici di Auschwitz. Ma nonostante la smisurata quantità di male che emanava da loro, erano rimasti pur sempre, nel mio vissuto, criminali di carta. Da professionista del passato, non avevo dovuto incontrarli che in effigie, attraverso i documenti d’archivio. Adesso era diverso. Quel venerdì 20 novembre 2015, avevo appuntamento con un delinquente in carne e ossa. Reo confesso. Grande o piccolo, un criminale a tu per tu.
Ad ogni modo, contavo le ore per arrivare a Verona. E mi sentivo un po’ come Javier Cercas: il mio scrittore spagnolo preferito, che non aveva resistito alla tentazione di un rapporto diretto con il formidabile mitomane Enric Marco, finto militante dell’opposizione antifranchista, fintissimo deportato nei Lager nazisti. In effetti, ero fresco di lettura dell’ultimo libro di Cercas, L’impostore. Ed era stato leggendo quel libro che avevo avuto la folgorazione: era stato così che un progetto si era trasformato in un programma. Studiare la storia di Marino Massimo De Caro, il ladro di biblioteche, il «mostro dei Girolamini», avrebbe avuto senso unicamente se fossi riuscito a costruire con lui un rapporto diretto. Quand’anche – inevitabilmente – un gioco di ruoli. Anzi, un gioco del gatto col topo. Un inseguimento senza fine tra storia e memoria, realtà e finzione, verità e menzogna, onestà e raggiro, dello stesso genere di quello che aveva impegnato Cercas con Marco. Il mio progetto avrebbe avuto senso unicamente se De Caro avesse accettato di diventare il mio impostore".

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Un'Odissea / Daniel Mendelsohn

Un' Odissea : un padre, un figlio e un'epopea / Daniel Mendelsohn. - orino : Einaudi, 2019. - 319 p. ; 22 cm.

Incipit

"Una sera di gennaio di qualche anno fa, poco prima che iniziasse il semestre nel quale avrei tenuto un seminario sull’Odissea per gli studenti del primo anno, mio padre, ricercatore scientifico in pensione allora ottantunenne, mi chiese, per ragioni che sul momento pensavo di aver compreso, di poter seguire il mio corso, e io gli dissi di sì. E cosí, per le sedici settimane successive, fece una volta alla settimana il lungo viaggio dalla casa nei sobborghi di Long Island dov’ero cresciuto, una modesta villetta a piani sfalsati in cui lui e mia madre continuavano ad abitare, fino al campus di Bard, il piccolo college sulla riva del fiume dove insegno. Lí, ogni venerdì mattina alle dieci e dieci, prendeva posto fra le matricole che seguivano il corso, ragazzi e ragazze di diciassette o diciott’anni, nemmeno un quarto della sua età, e partecipava alla discussione su quell’antico poema, un’epopea che narra di lunghe peregrinazioni e lunghi matrimoni e di cosa significa struggersi per il desiderio di casa.
All’inizio del semestre era ancora pieno inverno e, quando non era impegnato a cercare di convincermi che l’eroe del poema, Odisseo, in realtà non è un «vero» eroe (perché, diceva, è un bugiardo e tradisce la moglie!), mio padre si angustiava per le condizioni climatiche: la neve sul parabrezza, il gelo sulle strade, il ghiaccio sui vialetti. Aveva paura di cadere, diceva, con un accento che serbava ancora qualche traccia della sua infanzia nel Bronx. E, dato che aveva paura di cadere, avanzavamo con circospezione lungo i passaggi pedonali che portavano all’edificio dove facevo lezione, una scatola di mattoni studiatamente inoffensiva quanto un albergo Marriott, o su per il vialetto che conduceva alla casa dagli spioventi acuti ai margini del campus dove risiedevo per alcuni giorni alla settimana. Per non dover fare due volte in un giorno quel viaggio di tre ore, di solito mio padre si fermava da me a dormire nella camera degli ospiti che uso come studio, e si allungava sul divano letto striminzito che da bambino era stato il mio giaciglio – un basso letto di legno che aveva costruito con le sue mani quand’ero stato abbastanza grande da abbandonare il lettino con le sbarre. C’era una cosa riguardo a quel letto che sapevamo solo io e lui: era stato ricavato da una porta, una dozzinale porta cava a cui mio padre aveva attaccato quattro gambe robuste, assicurandole con staffe metalliche oggi altrettanto salde di cinquant’anni fa, quando aveva unito il metallo al legno. Questo letto, col suo divertente piccolo segreto impossibile da scoprire a meno che si sollevi il materasso, è il giaciglio dove mio padre dormiva una volta alla settimana durante quel semestre primaverile del seminario sull’Odissea, poco prima che si ammalasse e che io, i miei fratelli e mia sorella ci trovassimo a fare da genitori al nostro genitore, osservandolo con ansia mentre sonnecchiava a sprazzi in una serie di enormi ed elaborati marchingegni meccanici che non sembravano neanche letti ed emettevano un forte ronzio mentre si inclinavano e salivano e scendevano come gru. Ma questo sarebbe avvenuto in seguito". 

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www.lavoroculturale.org/odissea-mendelsohn/
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frammentipensierisparsi
raiscuola.rai.it
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Le signore in nero / Madeleine St John

Le signore in nero : [romanzo] / Madeleine St John ; prefazione di Helena Janeczek ; traduzione di Mariagiulia Castagnone. - Milano : Garzanti, 2019 (Narratori moderni) . - 197 p. ; 22 cm. Ebook

Incipit

"Alla fine di una calda giornata di novembre Miss Baines e Mrs Williams, due commesse del reparto donna di Goode’s, si stavano lamentando a vicenda, mentre si toglievano l’abito nero prima di andare a casa. «Mr Ryder non è così male», disse Miss Baines, riferendosi al loro caporeparto. «La vera rompipalle, se mi consenti l’espressione, è Miss Cartright.» Miss Cartright era la responsabile degli acquisti, e a quanto pareva, non dava loro un attimo di respiro. Mrs Williams scrollò le spalle e prese a incipriarsi il naso. «Diventa una iena in questo periodo dell’anno», osservò. «Vuole avere la certezza che ci guadagniamo i nostri bonus.» «Come se potessimo evitarlo!» esclamò Miss Baines. «Ci spremono come limoni.» Il che era assolutamente vero. Mancavano solo sei settimane alle feste, i clienti arrivavano a frotte e gli abiti sparivano dagli espositori come travolti da un turbine, tanto che quella sera Mrs Williams, mentre lavava la biancheria intima nel lavandino, ebbe l’improvvisa sensazione che la sua vita stesse scorrendo via insieme con l’acqua del risciacquo che precipitava gorgogliando nello scarico. Comunque fosse, si riprese e continuò con le sue faccende, mentre, tutt’attorno, la notte dell’estate australiana pulsava di vita."

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stambergadinchiostro
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Il cardellino / Donna Tartt


Il cardellino / Donna Tartt ; traduzione di Mirko Zilahi dè Gyurgyokai. - Milano : Rizzoli, 2014. - 892 p. ; 24 cm. Ebook


Incipit:

"Quand’ero ancora ad Amsterdam, per la prima volta dopo anni sognai mia madre. Ero rimasto confinato nella mia stanza d’albergo per più di una settimana, terrorizzato all’idea di chiamare chicchessia o di mettere il naso fuori, il cuore che fremeva e sussultava anche al più innocuo dei rumori: il campanello dell’ascensore, l’andirivieni del carrello del minibar, persino i campanili delle chiese che scandivano le ore, de Westertoren, Krijtberg, un clangore dai contorni vagamente oscuri, come i presagi di sventura delle fiabe. Durante il giorno me ne stavo sul letto e mi sforzavo di decifrare le notizie in olandese alla TV (impresa impossibile, dal momento che non conoscevo una parola di olandese) e, quando rinunciavo, mi sedevo accanto alla finestra a fissare il canale, il cappotto di cammello gettato sui vestiti che indossavo, perché avevo lasciato New York in fretta e furia e le cose che avevo portato con me non erano abbastanza calde, nemmeno al chiuso.

Fuori tutto era fermento e allegria. Era Natale, di sera le luminarie luccicavano sui ponti dei canali; dames en heren con le guance rosee, le sciarpe svolazzanti nel vento gelido, sferragliavano sull’acciottolato in sella alle biciclette, gli abeti legati ai portapacchi. Nel pomeriggio una piccola band amatoriale si esibiva in canti natalizi che indugiavano lievi e metallici nell’aria invernale".

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domenica 29 dicembre 2019

Risposte nella polvere / Rosamond Lehman

Risposte nella polvere / Rosamond Lehmann ; traduzione di Maria Luisa Agosti Castellani ; introduzione di Jonathan Coe ; postfazione di Anna Nadotti. - Torino : Einaudi, 2014 (Einaudi stile libero. Big). - XII, 437 p. ; 22 cm.

Incipit:

"Quando Judith ebbe diciotto anni, vide che la casa vicina, vuota da tempo, stava per essere riaperta. I giardinieri tosavano e ritosavano il prato, passavano e ripassavano il rullo sul campo da tennis e piantavano tulipani e nontiscordardimé nei vasi di pietra che costeggiavano il prato in riva al fiume. Le fluenti propaggini dell’edera venivano strappate dalle finestre, e la solida facciata di pietra grigia prendeva un aspetto lindo e ordinato. Quando si alzarono gli avvolgibili e dalle finestre delle camere da letto si videro occhieggiare le note cornici degli specchi ovali, fu come se quel lungo periodo di vuoto non ci fosse mai stato, come se i ragazzi della casa accanto fossero ancora lí con la loro nonna: ragazzi misteriosi, inquietanti, che andavano e venivano ed erano tutti cugini, tranne due che erano fratelli, e tutti maschi, tranne una che era una ragazza, e che, scavalcando il muro vicino al pesco, saltavano nel giardino di Judith per invitarla al tè e a giocare a nascondino.
Ma in realtà, adesso, tutto era diverso. La nonna era morta subito dopo aver saputo che Charlie era caduto. Charlie era stato il suo prediletto, il suo beniamino: fra la generale sorpresa aveva sposato Mariella, la ragazza, quando avevano tutt’e due diciannove anni e lui stava per andare al fronte. Era rimasto ucciso subito, e pochi mesi dopo Mariella aveva avuto un bambino".

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mercoledì 18 dicembre 2019

Le libere donne di Magliano / Mario Tobino

Le libere donne di Magliano/ Mario Tobino. - Milano : A. Mondadori, 1964. - 195 p. ; 20 cm.

Incipit

Oggi è arrivata, proveniente da Firenze, una malata, una matta, giovane, fresca, alta, con lo stampo della salute fisica. Quando sono entrato nel reparto era seduta a letto e mangiava con golosità. Aveva la camicia aperta sì che si vedeva comodamente un seno. Non aveva alcun pudore, neppure la finzione del pudore. È affetta da schizofrenia, quella malattia mentale che scompone la persona umana rendendola senza senso e senza scopo.

Tutti gli infermieri e le infermiere sono di origine contadina, di secolari famiglie contadine.
È aprile, piove continuamente ed è tornato freddo. Hanno il muso lungo per paura della brinata.

Il manicomio è su un colle, un piccolo colle, nella vasta pianura lucchese. Il colle si chiama S. Maria delle Grazie. Il paese più vicino è Magliano, ed è questo nome che è celebre nella provincia di Lucca. Essere stati a Magliano significa, ridendo, essere stati matti.



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mercoledì 11 dicembre 2019

Angolo di riposo / Wallace Stegner

Angolo di riposo / Wallace Stegner ; postfazione di Barbara Lanati ; traduzione di Ernestina Pellegrini e Edward Tosques. - [Milano] : BUR Rizzoli, 2010. - 796 p. ; 20 cm

Incipit:
"Penso che finalmente mi lasceranno stare. Certo Rodman è venuto qui sperando di trovare le prove della mia mancanza di autosufficienza – sebbene non dovrebbe essere facile per lui spiegarsi come un invalido abbia potuto far restaurare la casa, portare qui la propria biblioteca e trasferircisi senza destare i sospetti dei suoi attentissimi figli. Sono orgoglioso di come ci sono riuscito. E questo pomeriggio lui se n’è andato a mani vuote, senza nemmeno uno straccio di quelli che chiama dati.
Così stasera posso starmene seduto qui, con il mangianastri che ronza e non fa più rumore del tempo elettrificato, a dettare nel microfono il posto e la data di una specie di inizio e di una specie di ritorno: il Cottage di Zodiac, Grass Valley, California, 12 aprile 1970."


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en.wikipedia.org/wiki/Angle_of_Repose