giovedì 14 agosto 2008

Il grande sertao / Joao Guimaraes Rosa



Ho rivendicato, nonostante tutto, uno dei diritti fondamentali del lettore: non finire un libro se non ti piace. Ho cercato di andare avanti, ma alla fine ho ceduto. Questo libro era stato segnalato da Magris e, conoscendo il suo stile di scrittura, mi aspettavo un racconto chiaro e scorrevole. Invece ...

Devo premettere che non amo il realismo magico, a parte il precursore "Cent'anni di solitudine", né mi attirano i libri di avventura. 
Questo è un romanzo "epico" che racconta le vicende degli jaguncos, banditi del sertao brasiliano, ma si tratta di vicende che si ripetono, sia pure con variazioni: la battaglia, l'assedio, l'attacco a sorpresa, la spedizione notturna, ecc. Il protagonista racconta ad un giudice le sue vicende ed anche il suo legame con il compagno di battaglia che viene presentato in modo volutamente ambiguo. Sembrano Achille e Patroclo oppure più vicini a noi i protagonisti di Brokeback Mountain, per l'ambientazione selvaggia.
Ci sono pagine molto belle, ma immerse in un mare di descrizioni spesso confuse e incomprensibili, con un eccessivo riferimento a termini ornitologici o faunistici.
Un linguaggio espressionistico, con termini inventati (quanta fatica, povero traduttore!), con alti livelli di ipnotismo dovuto alla ripetitività e alle frasi spezzate.
Eccessivo anche l'utilizzo di elenchi di nomi che provocano effetti di torpore e di noia.
Ho saputo più tardi che questo libro è un vero e proprio classico della letteratura brasiliana e che viene studiato nelle scuole. Forse la conoscenza della lingua e dell'ambiente naturale lo rende apprezzabile e appassionante.