domenica 21 febbraio 2010

Lessico famigliare di Natalia Ginzburg


Incipit:
"Nella mia casa paterna, quand’ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: «Non fate malagrazie!»
Se inzuppavamo il pane nella salsa, gridava: « Non leccate i piatti! Non fate sbrodeghezzi! Non fate potacci!» Sbrodeghezzi e potacci erano, per mio padre, anche i quadri moderni, che non poteva soffrire."

Una storia di "ambiente", più che di eventi, anche se attraversa tutto il periodo del fascismo e poi del primo dopoguerra. Ma la storia "grande" è, per così dire, riflessa nella "piccola" storia di una famiglia borghese, non spocchiosa o arrogante. Elitaria nel senso di credere in alcuni valori alti, con fermezza e senso di responsabilità. Una famiglia in cui l'educazione era considerata un compito importante, una famiglia antifascista nella cultura prima ancora che nelle scelte politiche.
Emerge tra le altre la figura del padre, sempre tranciante nei giudizi, un uomo forte nel carattere, con un bel lessico triestino: "sbrodeghezzi", "sempia", "asina". Parole che, pur apparentemente offensive, esprimono una calda partecipazione ad una vita famigliare, sempre vivace e mai noiosa.
La drammaticità degli eventi storici durante il fascismo e poi durante le guerra, pur pesando sul piccolo mondo di questa famiglia torinese, con l'esilio, il confino, la prigionia, non sembra scalfire la forza e la resistenza dei protagonisti.

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