venerdì 28 febbraio 2020

Tutto quel che è la vita / James Salter

Tutto quel che è la vita / James Salter ; traduzione di Katia Bagnoli. - Parma : Guanda, 2014 (Narratori della Fenice). - 349 p. ; 22 cm. - 978-88-235-0659-6.

Trama
Nel 1944, alla vigilia di uno degli scontri navali decisivi per la risoluzione del secondo conflitto mondiale, Philip Bowman è un sottotenente della Marina militare americana di stanza nel Pacifico. È l'esordio avventuroso di una vicenda umana che si dipana per quarant'anni, in una sorprendente ricchezza di scenari, incontri ed esperienze. Dal Giappone a New York, dove Bowman diventa editor in una piccola casa editrice; alla Virginia delle grandi proprietà terriere e delle vecchie tradizioni; a Londra, cuore pulsante di una «geografia editoriale» fatta di contatti e affinità personali; alla Spagna, teatro di una esaltante passione amorosa. A scandire il racconto, una galleria di ritratti femminili cui corrispondono altrettanti modi di intendere e vivere l'amore in tutte le sue sfaccettature e le sue insidie. Perché questa è, più di ogni altra cosa, la cronaca di una lunga e intensa vicenda sentimentale nella quale si affacciano molte donne e molti amori. Sullo sfondo il tributo ai libri, non privo di ironia, ai loro autori dagli alterni talenti e fortune, alle consuetudini di un mondo editoriale d'altri tempi. Volti, indumenti, scorci di paesaggio rubati dal finestrino di un'auto, di un aereo o di un treno, incroci di sguardi, aspettative, tradimenti, fantasie: quel che conta nella vita, quel che resta o vorremmo restasse quando ci guardiamo indietro, e che solo la scrittura, forse, può salvare, fissandolo nel flusso impercettibile e implacabile dei giorni.

Incipit:

L'acqua correva veloce nella lunga notte buia.
Due metri sottocoperta, livelli su livelli di cuccette di ferro dove giacevano silenziosi centinaia di uomini, supini, con gli occhi ancora aperti, benché fosse quasi mattina. Le luci erano basse, i motori pulsavano senza sosta, i ventilatori aspiravano l'aria umida; i millecinquecento uomini con i loro zaini e le loro armi, pesanti quanto bastava per trascinarli a fondo come un'incudine caduta nell'oceano, facevano parte del vasto esercito che navigava verso Okinawa, la grande isola a sud del Giappone. In realtà Okinawa apparteneva al Giappone, l'arcipelago ignoto e misterioso. La guerra che si combatteva da tre anni e mezzo era giunta all'ultimo atto. Entro mezz'ora i primi gruppi di uomini si sarebbero messi in fila per la colazione, da consumare in piedi, stretti l'uno all'altro, solenni, muti. La nave scivolava sull'acqua con un rumore lieve. L'acciaio dello scafo cigolava.
La guerra nel Pacifico era diversa da quella che si combatteva altrove. Intanto per le distanze, enormi. Giorni e giorni di oceano sconfinato e località dai nomi strani, distanti migliaia di miglia. Una guerra fatta di isole strappate ai giapponesi una a una. Guadalcanal, poi diventata leggendaria. Le isole Salomone e New Georgia Sound, «The Slot». Tarawa, dove i mezzi da sbarco approdarono sugli scogli, lontano dalla spiaggia, e gli uomini vennero massacrati dal fuoco nemico, fitto come uno sciame d'api, l'orrore delle spiagge, i corpi gonfi dei figli della nazione che venivano a galla, alcuni di loro bellissimi.

Morte
E di fronte alla morte, come diceva Lorca, non esiste consolazione, anche per questo la vita è tanto bella.

Vecchiaia
La vecchiaia non arriva lentamente, viene all'improvviso. Un giorno tutto è come sempre, una settimana più tardi tutto è cambiato. Una settimana è persino troppo, a volte capita nel giro di una notte. Sei lo stesso, sei sempre lo stesso e improvvisamente un mattino scopri che agli angoli della bocca sono apparse due linee nette, inestirpabili.

Venezia
"Non sono mai stata a Venezia", disse Ann. "Davvero?", "Davvero, non ci sono mai stata". "Il periodo migliore è gennaio. Non c'è ressa. E non dimenticare di portare una torcia per vedere i quadri. Sono tutti in chiese mal illuminate. Se metti una moneta si accende una luce, ma dura non più di quindici secondi. La luce te la devi portare tu. Inoltre, non scegliere un albergo alla Giudecca. E' troppo lontana da tutto. Se ci vai, fammelo sapere, e ti dirò cosa vedere. Il cimitero è la cosa più bella, la tomba di Djagilev".

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sololibri.net
www.ifioridelpeggio


giovedì 27 febbraio 2020

Venezia città delle asimmetrie / Ettore Camuffo

Venezia città delle asimmetrie / Ettore Camuffo. - Venezia : Marsilio, 2019. - 339 p. ; 20 cm.

Interessante questo modo nuovo di guardare Venezia. La bellezza della città  dipende anche dal fatto di essere asimmetrica, in primo luogo nell'architettura. Se guardiamo le case che si susseguono, come una quinta teatrale, sul Canal grande, ad esempio, troviamo molte sfasature nell'alternarsi di case signorili e case più modeste, nelle diverse altezze, nel numero delle finestre dei diversi piani, nell'alternarsi di stili differenti.
Altre asimmetrie derivano dal fatto che una città di mare dipendesse dal legname dei boschi delle montagne del Cadore e del Cansiglio, portato in laguna dopo un lungo viaggio sui fiumi e poi con le zattere.
Infine, l'asimmetria evidente della gondola, una barca con un fianco più lungo dell'altro che la rende sbilanciata, ma tuttavia perfettamente manovrabile grazie all'abilità dei gondolieri.

Senso di precarietà, lentezza e indecisione
Chi soggiorna a Venezia percepisce la frequente lentezza e indecisione dei veneziani. I veneziani restano isolani, esprimono un senso di precarietà e d'incertezza che molti hanno confuso con l'aleggiare in città di uno spirito di morte e di tristezza che invece è coscienza del provvisorio e dell'incertezza delle vite e delle cose.

Senso di caducità e fiducia nell'operare umano
Due sentimenti compresenti: senso di caducità dei tempi me, allo stesso tempo, la fiducia che deriva da ciò che uomini concreti hanno saputo fare. Va ricordato che Venezia non sarebbe mai esistita senza l'intervento umano che ha deviato la foce dei fiumi, perché non si interrasse completamente.

Una città senza mura
Un'altra asimmetria: contrariamente alle altre città del Medioevo, dotate di fortificazioni, Venezia è una città senza mura. La sua difesa è la laguna stessa.

Pietre e legno
Venezia ha un suo gigantesco doppio nel proprio sottosuolo costituito da decine di migliaia di alberi infissi nel fango a consolidarlo, migliaia di zatteroni di travi a rendere edificabile un terreno strutturalmente instabile.
Una città che si mostra nella bellezza delle sue pietre e dei suoi marmi, mentre nasconde un'anima impensabile creata dalla presenza d'intere foreste.
Altro legno era necessario alla cantieristica navale, per il riscaldamento, per la segnaletica lagunare ecc.
Alla fine del Settecento ogni anno Venezia consumava 300-350.000 tronchi.

La segheria veneziana
Nelle segherie dell'area del Piave, dove si preparavano i tronchi da mandare in Laguna, fu adottata la cosiddetta "segheria veneziana" (poi diffusa anche in Trentino e in Tirolo): un sistema inventato e praticato a Venezia, perfezionato da Leonardo da Vinci, che utilizzava la forza idraulica (sega a biella e manovella).
Una città di mare ha rivoluzionato il processo produttivo di una risorsa, il legno, tipica delle aree montane.

Navi che attraversano le montagne
Nella guerra contro i Visconti di Milano, tra il 1425 e il 1454, vi fu un episodio di trasferimento  di galee veneziane per montes fino al Lago di Garda: lungo l'Adige fino a Mori e poi attraversando le falde del Baldo per 20 km fino a Torbole.

La gondola
Il colore nero viene imposto nel Sei-Settecento per evitare eccessi di lusso da parte dei nobili ("niun barcarol ardischa vogar le gondole troppo riccamente ornate sotto pena di pregion, gallea et altro").
Il felze era l'abitacolo che proteggeva i passeggeri, una copertura analoga a quella delle carrozze.
La forcola è una struttura in legno, che assunse diverse forme, dove si appoggia il remo per effettuare le diverse manovre (8 tipi di manovre, a seconda delle posizioni in cui si appoggia il remo).
La gondola è costituita da 280 pezzi diversi, ricavati da 8 tipi di legno.

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ilfoglio.it/cultura

martedì 25 febbraio 2020

Sessantotto / Francesca Socrate

Sessantotto. Due generazioni / Francesca Socrate. - Bari : Laterza, 2018 (Quadrante Laterza, 215). - XXIV, 261 p. ; 20 cm.

Il libro analizza, attraverso numerose interviste, il linguaggio delle "due generazioni" del '68, mettendo in rilievo le differenze tra la prima generazione, quella dei più vecchi, nati tra il 1940 e il 1945 e la seconda generazione, quella dei nati tra il 1945 e il 1950. Mentre la prima arriva al '68 già in parte politicizzata, la seconda è una generazione "vergine", senza precedenti legami con la politica.

Prima del '68, si assiste ad un calo della partecipazione alle organizzazioni giovanili dei partiti da parte della seconda generazione, testimonianza di una generale disaffezione dei più giovani verso la politica.

La seconda generazione è più disponibile agli scontri di piazza, rispetto alla prima. Inoltre è nella seconda generazione che si affaccia la partecipazione delle ragazze.

Il salto avviene nel 1967, l'anno del Vietnam: la manifestazione diventa lo strumento e il luogo nel quale esprimersi, ed è lì che si consuma la rottura con la sinistra tradizionale e il mondo morale interpretato dai fratelli maggiori.

La prima generazione nelle interviste parla in terza persona (presa di distanza), con forme verbali legate alla storia, oggettivizzanti, con meno riferimenti al privato. Prevale il "noi", cioè un soggetto collettivo

Aumenta la partecipazione delle ragazze: già nella primavera del '68 nelle foto dei cortei e le ragazze sfilano indossando i primi pantaloni. Ma la fisionomia della leadership cambia poco rispetto ai partiti della sinistra tradizionale. Nelle interviste delle donne, prevale il condizionale alla prima persona e l'avverbio "forse".  Nelle donne del '68 ci sono anche forme di ribellione e di rottura verso la famiglia e i suoi valori, espresse nella frequenza delle negazioni.

I leader: sono indiscutibilmente altro, contrapposti, oppressivi o pericolosi, comunque carismatici la contrapposizione ai maschi si circoscrive soprattutto come contrapposizione ai leader.

La società pre '68 appariva statica, immobile ai giovani, per cui si manifesta un desiderio di cambiamento, spesso confuso ("desiderio di libertà", "ribellione", "desiderio di libertà").

Si scandivano slogan a cui non si credeva.

Lettera ad una professoressa fu all'epoca il testo di riferimento.

Punti cardinali della ribellione studentesca la costellazione teorica del movimento:
1) Il rifiuto dell'idea di rappresentanza su cui si reggeva il sistema degli organismi rappresentativi universitari. Il movimento si impone eliminandoli, o cercando di eliminarli dalla scena.
2) Rifiuto della delega che il movimento afferma il nome di una democrazia radicale: l'assemblea generale è sovrana e la sua prima espressione, per essere poi affiancata, verso la primavera del 1968
da nuovi strumenti intermedi di democrazia diretta.
3) L'attacco il principio di autorità che regola tutte le relazioni sociali sarà il terzo cardine del discorso del 68.

La strage di piazza Fontana è un punto di rottura e segna il confine tra un '68 ancora vergine e creativo e un dopo più ideologizzato.

In alcune interviste, nelle quali mi ritrovo, emerge questa contrapposizione tra un '68 iniziale, creativo, liberatorio ed uno successivo tutto politico e ideologico:

Marina Bianchi (nata nel 1947, il '68 a Roma):
 Adesso come penso subito associo il 68 a questa dimensione liberatoria. E quindi per me è stato anche un periodo felice, quindi io ho un ricordo molto positivo, cioè mi sono proprio pure divertita [ride] Quindi era un momento, certo, irripetibile in cui questa forma di emancipazione non era fatta in solitudine, ma era un elemento corale e quindi si facevano le amicizie, c'erano questi luoghi sociali di incontro, e quindi ... io sì effettivamente poi mi divertivo pure. Poi forse con la formazione dei gruppi la cosa si è un po' ... è tornata indietro perché lì è viceversa, non poteva forse essere altrimenti, perché questo stato di continua ... agitazione e coralità, per cui stavamo sempre in piazza e così, cioè nelle strade e così via, non poteva durare all'infinito; però nei gruppi poi è prevalso l'elemento ideologico e con l'elemento ideologico io mi so' continuata ..., ho cominciato a non divertirmi più, era diventato molto un dovere.

A una fase Iniziale, esplosiva, ribelle e felice, segue la perdita, segnata dal ritorno della vecchia politica, anche se nella nuova veste dei gruppi. E sono i gruppi, o sono il leader che parlano il linguaggio antico ed elitario delle contrapposizioni ideologiche, sono gli interpreti della vecchia politica insomma a mettere fine a quel movimento fatto di una comunità aperta e inclusiva, del protagonismo delle assemblee generali, dell'azione diretta, quel movimento fatto di una pratica di democrazia radicale, dell'azzeramento del principio di autorità, dell'abolizione di ogni distanza, di un privato che finalmente ha conquistato il diritto di imporsi come pubblico.

Link
www.corriere.it/cultura
leparoleelecose.it
temi.repubblica.it







lunedì 24 febbraio 2020

La settimana bianca / Emmanuel Carrere

La settimana bianca / Emmanuel Carrere ; traduzione di Maurizia Balmelli. - Milano : Adelphi, 2014 (Fabula ; 272) 139 p. ; 22 cm.

Incipit
"In seguito Nicolas cercò a lungo, ancora oggi cerca, di ricordarsi le ultime parole che gli aveva rivolto suo padre. L’aveva salutato sulla porta dello chalet, gli aveva nuovamente raccomandato di fare attenzione, ma Nicolas era così imbarazzato dalla sua presenza, così ansioso di vederlo andar via che non era stato a sentire. Non gli perdonava di essere lì, di attirare sguardi che immaginava ironici, e si era sottratto al suo bacio chinando la testa. Nell’intimità familiare non l’avrebbe passata liscia, ma sapeva che così, davanti a tutti, il padre non avrebbe osato rimproverarlo.
Prima, in macchina, dovevano di sicuro aver parlato. Nicolas, seduto dietro, stentava a farsi sentire per via del rumore del riscaldamento, acceso al massimo per disappannare i vetri. La sua unica preoccupazione era sapere se sulla strada avrebbero trovato un distributore Shell. Per nulla al mondo, quell’inverno, avrebbe permesso che si facesse benzina altrove, perché con i buoni della Shell si vinceva un bambolotto di plastica con il torace che si apriva come il coperchio di una scatola, rivelando scheletro e organi: potevi estrarli e rimetterli a posto, cominciando così a prendere confidenza con l’anatomia del corpo umano"

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domenica 23 febbraio 2020

L’amore prima di noi / Paola Mastrocola

L'amore prima di noi / Paola Mastrocola. - Torino : Einaudi, 2016. - 318 p. ; 22 cm. - 978-88-06-23200-9

Incipit:
"Un giorno Zeus guardava il mondo sotto di sé, e si chiedeva in quale forma bisognasse amare.
Il suo sguardo si era posato per caso su una fanciulla, che si chiamava Europa perché aveva gli occhi grandi; rimase per un bel po’ incantato a guardarla, come se non avesse nient’altro da fare, e soprattutto nessuna fretta.
Zeus è il Tempo. È figlio di Crono, l’unico a essersi salvato da un padre che divorava i figli: Rea glieli passava appena partoriti e lui li ingoiava perché non lo sostituissero nel dominio del mondo. I figli sostituiscono i padri. Rea nascose Zeus, l’ultimo nato, e alle fauci di Crono ingordo offrí una pietra infagottata al posto del bambino. Zeus è dio. Dio è colui che non viene ingoiato dal Tempo.
Quel giorno guardava Europa mentre con le compagne giocava a palla sulla spiaggia, e si chiedeva se per amarla fosse meglio trasformarsi in tigre, in fumo, in scoiattolo, in nuvola, in gabbiano o in sorgente, visto che lui sapeva trasformarsi in tutto.
In quale forma bisogna amare? Questa era la domanda che si faceva Zeus, affacciato in cielo a guardare il mondo".

L’amore è rapimento: Europa, Persefone
L’amore è ombra: Orfeo e Euridice, Pigmalione, Elena, Eco e Narciso
L’amore è fuga: Atalanta, Apollo e Dafne, Aretusa, Pan e Siringa
L’amore è sguardo: Clizia, Atteone, Psiche
L’amore è eccesso: Pasifae, Fedra
L’amore è divieto: Icaro, Adone
L’amore è viaggio: Teseo e Arianna, Giasone e Medea
L’amore è segreto: Selene e Endimione, Ares e Afrodite, Piramo e Tisbe, Ero e Leandro
L’amore è dono: Eos, Cassandra, Alcesti, Calipso

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