giovedì 22 dicembre 2016

La scuola cattolica / Edoardo Albinati.


La scuola cattolica / Edoardo Albinati. – Milano : Rizzoli, 2016. –  1294 p. ; 20 cm.

Incipit
Fu Arbus ad aprirmi gli occhi. Non che prima li tenessi chiusi, ma di quello che i miei occhi vedevano non potevo affatto essere sicuro, forse erano immagini proiettate per illudermi o rassicurarmi, e io numero capace di nutrire dubbi sullo spettacolo che mi veniva offerto ogni giorno e che viene chiamato la vita.  Da una parte accettavo senza discutere tutto ciò che tocca in sorte a un ragazzino di tredici, quattordici, quindici anni degli altri anni in fila che servono per portare a compimento quella “fase” (l’ho sempre sentita definire come una ” fase”, un ” momento”, anche se può durare allungo, un “momento delicato”, o addirittura una “crisi”, a cui per la verità seguiranno altri momenti e fasi altrettanto delicate o critiche, avvicendandosi l’una dopo l’altra senza intervalli fino a quando uno è grande, adulto, vecchio, e infine morto),  mi cibavo senza far storie alla mensa quotidiana dove vengono apparecchiate le cose che accadono a qualsiasi adolescente, gli affari in cui è immerso e intanto cresce, si sviluppa (ecco “sviluppo”, altra parola-chiave usata degli adulti per scardinare i lucchetti dell’adolescenza, la difficile “età dello sviluppo”, lo “sviluppo della personalità”, e poi l’orribile espressione in transitiva “ha sviluppato”, che sigilla con una ceralacca untuosa i segreti genitali) magari senza un preciso ordine, ma che formano riportate immancabili del pasto  di un adolescente: la scuola, il calcio, gli amici, le frustrazioni, le eccitazioni, il tutto punteggiato da telefonate e rifornimenti di benzina e cadute dal motorino – insomma esperienze comuni.
Dall’altra parte però, venivo punto  da un sentimento the perplessità. Era proprio questa, la vita? Cioè, era la mia vita? Dovevo fare qualcosa perché fosse mia, o mi veniva fornita e garantita così? Me la dovevo guadagnare o meritare? Forse era provvisoria, e presto sarebbe stata sostituita da quella definitiva. Ma in questo caso dovevo cambiarla io o ci avrebbe pensato qualcun altro? Un evento esterno? La vita può essere un fatto straordinario o normale. La mia di che tipo era? Fino a quando non entrò Arbus nella storia, queste domande, che ora sono perlomeno in grado di formulare, pur avendo del tutto abbandonato la pretesa di rispondervi, non affioravano nemmeno, si dissolvevano prima di arrivare alla superficie della mia coscienza, lasciando sono un leggero  tremore.

Già dall’incipit, si percepisce il tono disincantato e spesso cinico di questo libro, che rifugge dei luoghi comuni e dalle valutazioni scontate.
È difficile fare una recensione sia per la quantità del testo, sia per la sua strana forma. Non è, infatti, romanzo, anche se ci sono delle parti narrative, delle storie. In particolare, c’è il famoso delitto del Circeo (DdC), che appare e scompare nei numerosi capitoli, ma che è sempre presente sullo sfondo e viene usato dall’autore come lo specchio di un’epoca, di un quartiere, ma forse, più in generale, dell’Italia degli anni ‘60 e ’70.
Altre storie riguardano la gita della famiglia Rummo intorno al lago, con la tragica morte della bambina Giaele, le vacanze a Punta Ala con Max, l’amico fascista, gli episodi di vita scolastica, l’esperienza con i carcerati a Rebibbia.

Quindi, i luoghi sono Roma, in particolare l’istituto San Leone Magno (SLM) e il quartiere Trieste (QT), poi Punta Ala, luogo delle vacanze estive, Lavarone, per la settimana bianca, il Circeo, naturalmente, e il carcere di Rebibbia.

Ci sono numerosi personaggi nel testo, ma tutto ruota intorno a Edoardo Albinati, perché è della sua vita, delle sue esperienze e dei suoi luoghi che parla il libro. Ci sono, poi, i compagni di scuola: Arbus, il più importante, il genio della scuola, l’amico di riferimento; Rummo, lo psichiatra cattolico; Jervi, il compagno ricco destinato ad una tragica fine; Pierannunzi, figlio di un giocattolaio, di una mascolinità sovrabbondante; Marco Lodoli, con l’episodio della rottura degli occhiali; Zarattini, il più esile ed effeminato; Zipoli, che usava un quaderno per tutte le materie, cancellandolo ogni anno; Chiodi, sadico e poi suicida; Crasta, detto Bradipo, che si infilava il cappuccio della bic nell’orecchio; Picchiatello, detto Pik, autistico, il bersaglio di tutta la classe; Marco d’Avenia, al centro di un episodio sadomaso; Ferrazza, il fascista “forgiato”; Regazzoni, che con le sue e-mail cercherà invano di riunire tutti i compagni di classe.

I professori del SLM: fratel Gildo, professore di filosofia, meticoloso e freddo, fa lezioni ripetitive e noiose; Svampa, professore omosessuale di chimica, vittima di un tremendo scherzo degli allievi; De Laurentiis,  napoletano, professore di lettere antiche, cultore di musica greca; Mr. Golgota, professore laico di religione, in una scuola cattolica, vittima di continue prese in giro; il Preside, dagli occhiali scuri, temuto dagli allievi; Cosmo, il più importante, quello che più ha segnato la vita di Edoardo e di Rummo. Cosmo morirà assistito da un’infermiera e da Rummo e lascerà dei quaderni con pensieri sparsi, riportati nei capitoli finali del testo.

Importanti sono anche i vari professori di ginnastica: fratello Curzio, scoperto mentre andava a prostitute, viene poi sostituito; Tarascio, professore maschio, muscoloso e rugoso, meridionale, sempre in canottiera; “Courbet”, professore al Giulio Cesare, pittore di nudi, con cui si affrontano temi sessuali nel suo atelier; Caligari, istruttore di nuoto, vuol fare diventare delle statue i suoi allievi.

I preti: fratel Barnaba, addetto alla piscina e alle attività extra scolastiche, il “prete intelligente”; padre Edoardo, della parrocchia di Sant’Agnese, conosciuto in occasione della benedizione della casa dell’autore; padre Marenzio, al centro di un episodio ambiguo, durante la vacanza a Lavarone.

Poi ci sono le donne: cosa più importante è Leda (Perdìta), la sorella di Arbus, “fuoco di Sant’Antonio della mia giovinezza”; Bettina, la ragazza tedesca diciottenne, conosciuta in Spagna e poi rivista a Roma; Rosetta Mauri, detta Rosi, la ragazza bionda innamorata, ma non ricambiata, di Jervi; Romina, la bellissima sorella di Jervi; Ilaria, la mamma di Arbus; la mamma di Pik, un’attrice somigliante a Lucia Bosè, al centro delle fantasie adolescenziali dell’autore.
Infine, i tre protagonisti del DdC, Angelo, il Legionario e Subdued, anch’essi legati alla scuola cattolica del SLM, oltre a vari personaggi del sottobosco fascista come Cassio Majuri, uno spacciatore che sarà la fine giustiziato dai suoi camerati, in occasione di un finto stupro di gruppo.

I temi
Il delitto del Circeo, di cui in parte ho già parlato.
La scuola cattolica, naturalmente.
Il cattolicesimo, nei suoi vari aspetti: Gesù, Dio, la preghiera, la Messa, la Confessione, I ritiri spirituali, il masochismo, il peccato.
La sessualità: l’omosessualità, la sensualità, la libertà sessuale e la repressione, lo stupro, la virilità e la femminilità, la psicanalisi, l’eccitazione, la verginità, il corpo maschile il femminile.
La borghesia: la classe media, l’educazione borghese, la famiglia, il matrimonio e il patrimonio, l’eredità, l’autorità, la distinzione, il gusto.
L’adolescenza: il cameratismo, la violenza, la crudeltà, il linguaggio, la morte, l’amicizia.
La politica: il fascismo, la sinistra extraparlamentare, la violenza politica.
Il carcere.
La musica.
Il cinema.
La droga.

Alla fine, penso di aver capito che libro è questo: è un insieme di pensieri che si possono leggere anche aprendo le pagine a caso, è uno Zibaldone moderno.
Ma è anche un contro Cuore, cioè un libro Cuore postmoderno, cinico e crudele, ma sempre appassionato e sincero.

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In chi ha vissuto quegli anni, nella propria adolescenza e giovinezza, questo libro suscita confronti e ricordi, come se l’adolescenza di Albinati fosse una fonte di calore che, messa vicino alla propria, trasmettesse parte di questo calore, in modo da risvegliare e far emergere più nitidamente la propria memoria.

Link
internazionale.it/opinione/christian-raimo
formiche.net
wuz.it/recensione-libro
www.recensireilmondo.com
ilpost.it
letteratura.rai.it
lastambergadeilettori.com








venerdì 9 dicembre 2016

Viaggio in Siria / Gertrude Bell

Viaggio in Siria / Gertrude Bell ; prefazione di Ettore Mo ; [trad. di Lucia Palianti]. - Vicchio di Mugello : Polaris, c2014. - 332 p. : ill. ; 20 cm. - Tit. orig.: Syria. The desert and the Sown. 

Incipit
Per chi è cresciuto in un ambiente sociale sofisticato, la partenza per un viaggio in luoghi selvaggi è uno dei pochi momenti esaltanti dell’esistenza. Si aprono tutti cancelli del muro di cinta, cade la catena d’ingresso al santuario, si fa un passo in avanti guardando con circospezione a destra e sinistra ed, ecco, si è davanti al mondo sconfinato!
Il mondo dell’avventura e della scoperta, nero di tempeste incombenti, brillante della luce naturale del sole, con domande  insolute e dubbi risolvibili nascosti nelle pieghe di ogni colle. Da soli ci si deve avventurare in quel mondo, via della massa di amici che camminano tra i roseti senza spine. Spogliati dei panni elaborati e raffinati che ostacolano la lotta, senza rifugio, senza difesa, senza alcun bene terreno. La voce del vento sostituirà quella incalzante di chi vuole dare consigli, il tocco della pioggia  e il graffio del gelo saranno sproni più forti della lode o del biasimo e la necessità parlerà con una voce autorevole sconosciuta alla saggezza presa in prestito dall’uomo e seguita o negletta a sua volontà. Così si abbandona il proprio rifugio dorato e, come un personaggio di fiaba alla soglia del sentiero che si stende lungo il tondo contorno della terra, si sentono rompere i legami del proprio cuore.

Un libro che racconta un viaggio nella Siria ottomana, iniziato nel febbraio del 1905, di una signora inglese, Geltrude Bell, studiosa di archeologia, che divenne una protagonista, per la sua conoscenza dei luoghi e delle popolazioni, della politica medio-orientale inglese, dopo la fine della I Guerra mondiale, quando francesi e inglesi tracciarono i confini dei nuovi Stati, nati dalla disgregazione dell’Impero ottomano (Sykes e Picot).
Un libro per chi ama la Siria e vuole ripercorrere le tappe di un viaggio tra le rovine lasciate dagli ittiti, dai romani e dai crociati. Tracce e rovine forse ormai perdute e, comunque, irreparabilmente diverse da quelle scoperte da Geltrude Bell nel lontano 1905.
Oltre alle rovine descritte nel testo e, in parte, riprodotte dalle fotografie in bianco e nero dell’autrice, il libro racconta la varietà delle popolazioni che vivevano più o meno pacificamente (vi erano frequenti razzie e scontri tra tribù e popolazioni) in quella terra: arabi, drusi, circassi, armeni, curdi, yazidi. Convivevano diverse religioni: musulmana, ortodossa, cattolica, ebraica, ismailita.
C’erano anche gli yazidi, diventati tristemente famosi per le persecuzioni di cui sono stati recentemente vittime in Iraq, da parte dei terroristi dell’Isis. Già allora I “maomettani” li chiama
vano “adoratori del diavolo”, ma Geltrude Bell li considera “gente innocua e ben intenzionata”.
Molto interessante, anche i fini della comprensione di ciò che avviene in Irak, è questo passo:

Mi avvicinai all’argomento con cautela mentre eravamo seduti sulla soglia della chiesetta di Kefr Lab, chiedendogli se gli yezidi  avevano moschee o chiese.
"Nessuna delle due", risposte Musa. "Preghiamo all’aria aperta. Ogni giorno all’alba adoriamo il sole".
"Avete un imam che guida la preghiera?"
"Nei giorni di festa lo sceicco guida la preghiera", disse "ma gli altri giorni ognuno prega da solo".
Chiesi ancora: "Siete amici dei  maomettani o loro sono vostri nemici?"

Rispose: "Qui nella zona attorno ad Aleppo siamo in pochi e non ci temono e viviamo in pace con loro; ma ogni anno viene da Mosul  uno sceicco molto erudito a raccogliere i nostri tributi e si meraviglia a vedere che siamo fratelli dei musulmani perché a Mosul dove gli yezidi  sono di più, c’è una forte inimicizia".

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