domenica 5 maggio 2013

Limonov sgradevole ma autentico


Limonov sgradevole ma autentico

Non è un romanzo tradizionale perché ha come protagonista un personaggio reale e vivente. Non è nemmeno una biografia in senso stretto, anche se si ispira alla vita inquieta e contraddittoria di Limonov, un personaggio controverso, spesso sgradevole, ma, in fondo coerente e autentico. Come succede nella letteratura, quando è coinvolgente, Carrère ci fa appassionare alle vicende di Limonov, alla sua storia che parte dall'infanzia modesta in una piccola città dell'Ucraina e si snoda poi tra Mosca, New York, Parigi e l'Asia sovietica. Un personaggio che non ci sarebbe piaciuto incontrare, ma che, grazie alla letteratura, ci incuriosisce e ci appassiona. Lo seguiamo nei suoi momenti di successo, quando diventa uno scrittore famoso e nei periodi di miseria e di solitudine, quando sembra cadere nella disperazione. Ma c'è sempre in lui una forza e una coerenza che merita rispetto. In una Russia in cui tutti pensano solo ai soldi o a sbarcare il lunario, Limonov, pur nelle sue contraddizioni, appare come un russo antico e autentico, un sopravvissuto. Ad un certo punto Carrère ipotizza anche che sia un russo sfortunato che, in fondo, avrebbe voluto o potuto essere al posto di Putin. L'autore avanza un interessante parallelismo tra Limonov e Putin: entrambi provenienti da famiglie modeste, legati ai valori dell'Urss, nazionalisti e amanti dell'avventura, vivono la vita come rivalsa e come prova di coraggio. Ma in Limonov c'è, a differenza di Putin, un'attrazione per gli ultimi, per i maledetti, i dannati della terra, i delinquenti e gli assassini. Sono molto belle le pagine finali della prigionia e dei rapporti con i carcerati. Il finale, infatti, sottolinea questo aspetto, allorché Limonov, anziché una vita in una comoda dacia (come Turgeniev), sogna un ritorno nell'Asia centrale: "in città come Samarcanda o Barnaul, città schiantate dal sole, polverose, lente, violente. Laggiù, all'ombra delle moschee, sotto le alte mura merlate, ci sono dei mendicanti. Un sacco di mendicanti. Sono vecchi emaciati, con i volto cotti dal sole, senza denti, spesso senza occhi. Portano una tunica e un turbante anneriti dalla sporcizia, ai loro piedi è steso un pezzo di velluto su cui aspettano che qualcuno getti qualche monetina, e quando qualche monetina cade non ringraziano. Non so quale sia stata la loro vita, ma si sa che finiranno nella fossa comune. Sono senza età, senza beni, ammesso che ne abbiano mai avuti - è già tanto se hanno ancora un nome. Hanno mollato tutti gli ormeggi. Sono dei relitti. Sono dei re. Questo so che gli piace." Ultima cosa: si impara molto sulla storia e sul clima politico degli ultimi anni dell'Unione sovietica e della Russia leggendo questo libro e forse si é spinti a leggere qualcosa di Limonov scrittore.

venerdì 22 marzo 2013

Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan

Incipit:
"Cominciò come al solito, nel bagno del Lassimo Hotel, Sasha si stava ritoccando l'onbretto giallo davanti allo specchio, quando sul pavimento accanto al lavandino notò una borsa, probabilmente della signora che sentiva fare pipì piano piano da dietro la porta modello caveau di unodei gabinetti. Dal bordo della borsa, appena visibile, spuntava un portafoglio di pelle verde chiaro. Per Sasha fu facile rendersi conto, ripensandoci poi, che a provocarla era stata la fiducia cieca della donna. Viviamo in una città dove la gente ti ruba anche i capelli dalla testa, se solo gliene dai l'occasione, e tu molli la tua roba in bella vista aspettandoti pure di ritrovarla quando torni? Le aveva fatto venire voglia di darle una lezione"

Il libro è un intreccio di storie nelle quali ritornano, su piani temporali divesrsi, i vari personaggi. Tra questi Sasha, la segretaria cleptomane di Bennie Salazar, un musicista che farà carriera nel mondo dell'industria musicale. Anche i luoghi sono diversi: si passa da San Francisco a New York, a Napoli, al Kenia, durante un safari.
Variano anche i punti di vista e si passa dalla narrazione oggettiva in terza persona, a quella soggettiva in prima persona. Anche gli stili dei racconti sono diversi: divisioni in capitoletti, utilizzo di note a piè di pagina e, addirittura, di vere e proprie slide.
Forse la parte più interessante eoriginale è quella dell'intervista ad un'attrice famosa, raccontata dal giornalista: "Un pranzo di quaranta minuti: Kitty Jackson parla dell'amore, del successo e di ... Nixon!"

Nel complesso è un libro leggibile e vario, anche se un po' discontinuo. La scrittura è scorrevole.
Non mi ha appassionato eccessivamente, forse perchè non mi ha convinto del tutto l'eccessiva ricerca di originalità.