venerdì 27 febbraio 2015

Mister Pip / Lloyd Jones


Mister Pip / Lloyd Jones ; traduzione di Andrea Sirotti. - Torino : Einaudi, c2007 (I coralli). - 218 p. ; 20 cm.

Incipit:
"Lo chiamavano tutti Occhi di palla, e già allora, da tredicenne pelle e ossa, ero convinta che lui sapesse di quel soprannome, ma che non gliene importasse nulla. I suoi occhi erano troppo interessati a quello che gli stava davanti per far caso a noi ragazzini scalzi. Aveva  l'aria di chi ha visto o provato tanto dolore da non riuscire più a scordarlo. Quegli occhi enormi sporgevano dal testone più che mai, quasi volessero staccarsi dalla superficie del viso. Facevano pensare a uno che ha una fretta indiavolata di uscire di casa."

Una storia vista con gli occhi di una bambina, Matilda, ambientata in un'isola del Pacifico, in un villaggio coinvolto negli scontri tra ribelli e truppe governative (i pellirossa). L'unico bianco è Occhi di palla, ovvero Mister Watts, ovvero Mister Pip, nome che assumerà alla fine. E' il nome del protagonista di Grandi speranze, il libro di Charles Dickens che Mister Watts leggerà ai bambini della scuola del villaggio.  Sarà questo libro a coinvolgere i bambini e i loro genitori. L'Inghilterra vittoriana sarà rivissuta dai bambini, e da Matilde in particolare, in questa isola fuori dal mondo.

Un esempio di meta-letteratura.  In complesso un libro leggibile, anche se non molto potente delle descrizione dell'ambiente e dei personaggi.  Scorrevole, ma epidermico. Un grande merito: invita alla lettura di Grandi speranze: non è poco.

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academia.edu


domenica 22 febbraio 2015

I racconti della Kolyma / Varlam Salamov



I racconti della Kolyma / Varlam Salamov. - Milano : Adelphi, 2010 (Gli Adelphi, 153). - 631 p. ; 18 cm. - Trad. di Marco Binni.

Incipit:
"Come si apre una strada nella neve vergine? Un uomo marcia in testa e bestemmiando, muovendo a stento i piedi, continuando a sprofondare nella neve molle, alta, va aventi, sempre più lontano, lasciando sul suo cammino buche nere e irregolari. Stanco, si stende sulla neve, si accende una sigaretta, e il fumo della machorka si spande in una piccola nuvola azzurra sopra la neve bianca, scintillante. Lui è già  ripartito e la nuvoletta resta sospesa là dove si era fermato a riposare: l'aria è quasi immobile. Vengono sempre scelte delle giornate serene per aprire una strada, perché il vento on cancelli il lavoro umano. L'uomo trova da solo i punti di riferimento nell'infinità nevosa - una roccia, un albero alto - e guida il proprio corpo sulla neve come il timoniere guida la barca lungo un fiume, da un capo all'altro."

La testimonianza del gulag, nella Kolyma, è un libro di dura di sofferenza. Si prova quasi freddo leggendolo, quando ci si immerge nei racconti della prigionia in un ambiente durissimo. Freddo e fame. Il pane non viene masticato, ma succhiato lentamente. La solidarietà tra detenuti è rara, ognuno lotta per la propria sopravvivenza, giorno per giorno, guardandosi dai furti e cercando di trovare il proprio modo di resistere. Nemici sono le guardie, i capisquadra, i prigionieri comuni che godono di alcuni privilegi e sono più rispettati dei prigionieri politici. Le pene, le condanne sembrano piovere come eventi naturali, senza motivo e, come eventi naturali, si accettano fatalisticamente. Nei racconti, infatti, non emerge odio, ribellione, ma piuttosto un senso di rassegnazione al destino che è capitato. Inutile ribellarsi, inutili i tentativi di fuga. Solo la fortuna, per qualche incontro provvidenziale, la capacità di resistere al freddo, alla fame e alle malattie possono lasciare qualche possibilità di salvezza.

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Roberto Saviano I racconti di Kolyma - YouTube
Savano

venerdì 6 febbraio 2015

Tappe della disfatta / Fritz Weber

Tappe della disfatta / Fritz Weber ; prefazione di Aldo Valori. - Milano : Mursia, c1965 (Testimonianze fra cronaca e storia ; 6). - XII, 349 p. ; 20 cm. - Tit. orig.: Das Ende einer Armee. - Trad. di Renzo Segala.

Incipit:
"E' un tiepido giorno di primavera, ma qui dentro, nella piccola cupola corazzata, fa fesso come in una cantina. Se stando la mano attraverso la feritoia, un alito d'aria calda l'accarezza. Di tanto in tanto un soffio a di vento spruzza di polvere i muri di cemento".

Inizia così in un forte solido e ben protetto del Trentino la testimonianza del tenente austriaco Fritz Weber, un combattente su quasi tutti i principali fronti della I guerra mondiale: il Trentino, l'Isonzo, l'Hermada, il Piave.
Il libro è anche un grande riconoscimento al valore e all'eroismo dei soldati italiani, descritti come "compagni" nella tragica vicenda di questa guerra sanguinosa. Sono nemici che condividono il freddo, la fame, le malattie e le crudeltà del combattimento. Non c'è odio o disprezzo per i nemici.
Il finale è quello della drammatica e confusa ritirata dal Piave verso l'Austria, attraverso il Friuli e la Slovenia. La guerra, iniziata in un bunker di un forte, diventa movimento frenetico, nel tentativo di sopravvivere alla fame, alla malattia e al fuoco nemico.
E' commovente il dialogo tra il tenente austriaco e il suo caporale Aschenbrenner, che, nel salutare il suo superiore per andare in licenza, gli comunica che non tornerà più. Un combattente, compagno di tante battaglie, più volte ferito, pluridecorato decide di disertare. Un segno che ormai la guerra è finita, per esaurimento fisico e morale.

" - Signor tenente - mormora quindi - glielo voglio dire: non torno più …
- Questo significa disertare, Aschenbrenner, - rispondo dopo un lungo silenzio. - Nella vostra qualità di vecchio soldato, saette che io dovrò segnalare il vostro caso e che vi aspetta il Tribunale di guerra.
Le sue guance si fanno di fuoco, gli occhi gli si inumidiscono, le mani tremano.
- Lo so, signor tenente, ma non ne posso più. Sei anni di questa vita: due di servizio di leva , quattro di guerra. Non ce la faccio più.
Anche questo mi aspettavo. Aschenbrenner, che nella vita civile è all'ultimo gradino della scala sociale, possiede un carattere di ferro. Se mai sono esistiti gli eroi è uno di essi".

Cosa c'è di più umano di questo riconoscimento di eroismo ad un disertore?

Se si vuole capire la frase di Diaz, nel Bollettino della vittoria su tantissimi monumenti: "I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza", è utile leggere i capitoli finali di questo libro. Risulta chiaramente cosa significa in disordine e senza speranza". Al contrario di Caporetto, una ritirata definitiva.

"L'ultimo atto del gigantesco dramma è incominciato. Una vera e propria fiumana uscita dall'inferno di fuoco attraverso cento camminamenti, sentieri, campi straripa sugli argini, si gonfia, sbocca impetuosa nelle strade: uomini, cannoni, automobili, cavalli, carri e di nuovo uomini, uomini, uomini. La terra brucia sotto i piedi, il terrore ottenebra il cervello, ognuno si sente nemico dell'alto."

Nella tragica ritirata si spezzano i legami tra i popoli che avevano combattuto insieme nell'esercito imperiale austro-ungarico: bosniaci, sloveni, cechi, polacchi, ungheresi rivendicano le loro nazionalità e l'impero si sgretola definitivamente, salvando, tuttavia, il proprio onore.

Links:
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