lunedì 11 gennaio 2016

Il Circolo Pickwick / Charles Dickens

Il Circolo Pickwick / Charles Dickens ; traduzione di Freda Ballini ; saggio introduttivo di Gilbert Keith Chesterton ; postazione di Philip Hobsbaum. - [Milano] : A. Mondadori, 1997 (Grandi classici ; 67). - XX, 1054 p. ; 19 cm. - Tit.orig.: The posthunous papers of the Pickwick Club.

Incipit:
Il primo raggio di luce che illumina le tenebre e trasforma in uno splendore abbagliante l'oscurità che ravvolge gli inizi della carriera pubblica dell'immortale Pickwick trae origine dalla lettura del seguente documento che l'estensore di queste memorie ha il grandissimo piacere di presentare al lettore quale prova della grande cura, della instancabile diligenza e del sottile discernimento con cui egli ha condotto le ricerche tra i molteplici documenti a lui affidati.

Questo inizio prende in giro il linguaggio un po' "trombonesco", da accademici, che caratterizza i verbali del Circolo e lo stesso Pickwick.
E' un romanzo "di personaggi", più che di intreccio: sono loro, le loro caratteristiche, il loro modo di gestire gli avvenimenti al centro del romanzo.
Ci sono ben 82 personaggi, in larga parte maschili, più altri 16 presenti nei racconti inseriti nel testo e presentati da alcuni dei personaggi.
Naturalmente il protagonista è Samuel Pickwick, che, nel corso della storia, cambia notevolmente e da "trombone", un po' inetto e ingenuo, spesso vittima di disavventure ridicole, diventa, nella seconda parte del racconto (in particolare dopo il processo e l'incarcerazione) un uomo saggio e generoso. Soprattutto è il suo rapportano il suo servitore Samuel Weller (Sam), che lo rende vivo e interessante.
Credo che proprio Sam, che con Pickwick forma una coppia unita fino alfine, sia il secondo personaggio più vivo e anche divertente. Il suo modo di esprimersi con frasi surreali lo caratterizza e diventa il fido scudiero del protagonista (Don Chisciotte e Sancho Panza?).  Non a caso, riferendosi al linguaggio di Sam,  si parla di "wellerismi", tra i quali, per rendere l'idea: "Contentissimo di vedervi, proprio di cuore, e mi auguro che la nostra conoscenza durerà un pezzo, come disse quel tal signore al biglietto da cinque sterline" oppure "Addoloratissimo di recare un qualunque disturbo, come disse il brigante alla vecchia signora quando la mise sul fuoco".
Poi ci sono gli altri pickwickiani: Snodgrass, Tupaman e Winkler che hanno un ruolo importante soprattutto nelle prima parte, dove prevalgono una serie di avventure picaresche. Anche loro, tuttavia, sembrano evolvere e maturare nel corso della storia e, da "sempliciotti", un po' tordi, acquistano poi un maggior spessore e una maggiore autonomia nella parte finale.
Il racconto si svolge in varie località dell'Inghilterra, circa nella prima metà dell'Ottocento,
E' un libro di avventure? Anche, ma sono avventure "cittadine", all'interno della società inglese di quel tempo.
C'è una notevole ironia, talvolta molto divertente, rivolta verso i diversi ambienti sociali: il mondo dei tribunali e degli avvocati, quello dei giornalisti, il mondo borghese, quello dei medici, l'ambiente delle vedove bigotte e a caccia di matrimoni.
Ci sono anche aspetti più seri. come la descrizione del mondo carcerario, nel quale Pickwick viene a trovarsi, per il suo rifiuto di pagare il debito, dopo la rocambolesca vicenda giudiziaria.
Esilarante e meraviglioso è il capitolo riguardante il processo (cap. 34), nel quale l'accusa imputa a Pickwick di aver ingannato la sua padrona di casa, la vedova Bardell, con una falsa promessa di matrimonio:

— Ed ora, o signori, un’altra sola parola. Due lettere son passate fra le parti, lettere che si ammette essere vergate di mano del convenuto, lettere che valgono intieri volumi. Queste lettere inoltre rivelano, o signori, l’indole dell’uomo. Non sono già franche, ardenti, eloquenti, non spiranti altro che affetto. Sono invece coperte, subdole, equivoche, ma per buona sorte molto più concludenti che se fossero distese nel più colorito linguaggio e nella più immaginosa forma poetica — lettere che vanno esaminate con occhio cauto e sospettoso — lettere che furono scritte evidentemente col segreto disegno di deludere ogni altra persona nelle cui mani potessero per avventura cadere. Lasciate che io legga la prima: "Garraway, mezzogiorno — Cara signora Bardell — Costolette e salsa di pomodoro. Vostro, Pickwick." Signori, che vuol dir ciò? Costolette e salsa di pomodoro. Vostro, Pickwick! Costolette! giusto cielo! e salsa di pomodoro! E deve, o signori, la felicità di una donna sensibile e confidente esser presa a giuoco con artifici così bassi e volgari? L’altra lettera non porta alcuna data, il che per sè stesso costituisce elemento di sospetto. "Cara signora Bardell. — Non sarò a casa prima di domani. Ritardo della diligenza." E segue subito dopo questa notevolissima espressione: "Non vi date pensiero dello scaldaletto." Lo scaldaletto! E chi è, o signori, che si dà pensiero d’uno scaldaletto? quando mai la tranquillità di spirito di un uomo o di una donna fu turbata o distrutta da uno scaldaletto, che è per sè stesso un innocuo, utile ed aggiungerò, o signori, un gradito arnese domestico? Perchè si prega con tanto calore la signora Bardell di non darsi pensiero di questo scaldaletto, se non per fare una evidente allusione ad un fuoco nascosto — se non per sostituire qualche parola tenera o qualche promessa, secondo un sistema convenzionale di corrispondenza, artifiziosamente escogitato da questo Pickwick in previsione di un disegnato abbandono e che io non sono in grado di spiegare? 

Sono queste le parti migliori del romanzo, ma nonostante ci sia della discontinuità. dovuta al fatto che la storia è stata pubblicata a puntate, nel complesso il libro è coinvolgente e riesce a tener desta l'attenzione dei lettori, nonostante che non ci siano fatti o avvenimenti clamorosi  e che le "avventure" siano relativamente banali. Ma è ai personaggi che ci si affeziona.

Chissà perché, leggendo questo libro, mi sono venuti alla mente i quadri di Hogarth, un famoso pittore inglese del primo Settecento, che descriveva, com molta ironia, scene di vita della società del suo tempo. Periodi diversi, ma uno sguardo simile.














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domenica 3 gennaio 2016

Ci rivediamo lassù / Pierre Lemaitre


Lemaitre, Pierre
Ci rivediamo lassù / Pierre Lemaitre ; traduzione di Stefania Ricciardi. - Milano : Mondadori, 2014 (Scrittori italiani e stranieri). -  452 p. ; 20 cm.

Incipit:
"Chi pensava che quella guerra sarebbe finita presto era già morto da molto tempo. In guerra per l'appunto. Così in ottobre, Albert accolse con un certo scetticismo le voci di un armistizio imminente. Non diede loro maggior peso di quanto non ne avesse dato alla propaganda iniziale secondo cui, per esempio, le pallottole crucche erano così molli da spiaccicarsi sulle uniformi come pere troppo mature, facendo crepare dal ridere i reggimenti francesi. In quattro anni, Albert ne aveva vista una marea di gente morta dal ridere beccandosi una pallottola tedesca"

Personaggi
-  Albert Maillard, soldato francese del fronte occidentale
- tenente Henry d'Aulnay-Pradelle
- Edouard Pericourt, (poi Eugene), commilitone e amico fino alla fine di Albert
- Madeleine Pericourt, sorella di Eduard e sposa infelice di Pradelle
Marcel Pericourt , ricco padre di Edouard e di Madeleine

Sono questi i personaggi principali sui quali ruota la storia, che si svolge dal 1918 al 1926, prima nelle trincee del fronte, nelle ultime fasi della guerra e poi a Parigi.
Vittime della guerra (e di Pradelle) sono Albert ed Edouard, soldati sopravvissuti, ma senza futuro, come tanti  altri, dimenticati dopo i facili entusiasmi della vittoria. Sono dei "vittoriosi vinti": Albert, l'"eroe" inetto, fragile, generoso, senza alcuna ambizione, anche se sarà il trionfatore finale della storia, riuscendo a coronare il sogno di una nuova vita da ricco, nelle lontane colonie francesi, con la sua fidanzata Pauline; Edouard, gravemente menomato al volto, un artista in rotta con il ricco padre, con una nuova identità, cerca una rivalsa inventandosi un geniale truffa sulla costruzione dei monumenti ai caduti.
Sia Edouard, insieme ad un Albert recalcitrante, sia Pradelle sono accomunati dall'essere dei truffatori che approfittano delle possibilità offerte dalla costruzione dei cimiteri e dei monumenti di guerra, anche se sono diverse le loro motivazioni: Edouard ha uno scopo vitalistico ed estetizzante, vuole prendere in giro il mondo, esprimendo la sua disperazione; Pradelle vuole solo diventare ricco a tutti i costi e rivalersi nei confronti del suocero che lo disprezza.
E' interessante la sottolineatura degli effetti della guerra negli anni successivi, per dimostrare che, in realtà, le guerre non finiscono mai con la stipula dei trattati. Sia per i vincitori che per i vinti, le conseguenze durano anni e l'esperienza dura e drammatica della guerra trasforma e deraglia la vita di molti sopravvissuti. Non c'è pace dopo la pace e la retorica dei  monumenti spesso nasconde ferite e miserie che permangono e non vengono cancellate.
Una considerazione sui caduti: della I Guerra mondiale abbiamo tantissime testimonianze, talvolta inevitabilmente abbellite nel ricordo o comunque non sempre obiettive, per la tendenza a "eroicizzare" le storie vissute. Mancano le testimonianze di chi ha avuto paura, di chi è scappato, di chi questa guerra la malediceva, perché la sua storia non ha potuto scriverla, perché è morto o perché  semplicemente, non aveva gli strumenti per farlo.

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