martedì 25 febbraio 2020

Sessantotto / Francesca Socrate

Sessantotto. Due generazioni / Francesca Socrate. - Bari : Laterza, 2018 (Quadrante Laterza, 215). - XXIV, 261 p. ; 20 cm.

Il libro analizza, attraverso numerose interviste, il linguaggio delle "due generazioni" del '68, mettendo in rilievo le differenze tra la prima generazione, quella dei più vecchi, nati tra il 1940 e il 1945 e la seconda generazione, quella dei nati tra il 1945 e il 1950. Mentre la prima arriva al '68 già in parte politicizzata, la seconda è una generazione "vergine", senza precedenti legami con la politica.

Prima del '68, si assiste ad un calo della partecipazione alle organizzazioni giovanili dei partiti da parte della seconda generazione, testimonianza di una generale disaffezione dei più giovani verso la politica.

La seconda generazione è più disponibile agli scontri di piazza, rispetto alla prima. Inoltre è nella seconda generazione che si affaccia la partecipazione delle ragazze.

Il salto avviene nel 1967, l'anno del Vietnam: la manifestazione diventa lo strumento e il luogo nel quale esprimersi, ed è lì che si consuma la rottura con la sinistra tradizionale e il mondo morale interpretato dai fratelli maggiori.

La prima generazione nelle interviste parla in terza persona (presa di distanza), con forme verbali legate alla storia, oggettivizzanti, con meno riferimenti al privato. Prevale il "noi", cioè un soggetto collettivo

Aumenta la partecipazione delle ragazze: già nella primavera del '68 nelle foto dei cortei e le ragazze sfilano indossando i primi pantaloni. Ma la fisionomia della leadership cambia poco rispetto ai partiti della sinistra tradizionale. Nelle interviste delle donne, prevale il condizionale alla prima persona e l'avverbio "forse".  Nelle donne del '68 ci sono anche forme di ribellione e di rottura verso la famiglia e i suoi valori, espresse nella frequenza delle negazioni.

I leader: sono indiscutibilmente altro, contrapposti, oppressivi o pericolosi, comunque carismatici la contrapposizione ai maschi si circoscrive soprattutto come contrapposizione ai leader.

La società pre '68 appariva statica, immobile ai giovani, per cui si manifesta un desiderio di cambiamento, spesso confuso ("desiderio di libertà", "ribellione", "desiderio di libertà").

Si scandivano slogan a cui non si credeva.

Lettera ad una professoressa fu all'epoca il testo di riferimento.

Punti cardinali della ribellione studentesca la costellazione teorica del movimento:
1) Il rifiuto dell'idea di rappresentanza su cui si reggeva il sistema degli organismi rappresentativi universitari. Il movimento si impone eliminandoli, o cercando di eliminarli dalla scena.
2) Rifiuto della delega che il movimento afferma il nome di una democrazia radicale: l'assemblea generale è sovrana e la sua prima espressione, per essere poi affiancata, verso la primavera del 1968
da nuovi strumenti intermedi di democrazia diretta.
3) L'attacco il principio di autorità che regola tutte le relazioni sociali sarà il terzo cardine del discorso del 68.

La strage di piazza Fontana è un punto di rottura e segna il confine tra un '68 ancora vergine e creativo e un dopo più ideologizzato.

In alcune interviste, nelle quali mi ritrovo, emerge questa contrapposizione tra un '68 iniziale, creativo, liberatorio ed uno successivo tutto politico e ideologico:

Marina Bianchi (nata nel 1947, il '68 a Roma):
 Adesso come penso subito associo il 68 a questa dimensione liberatoria. E quindi per me è stato anche un periodo felice, quindi io ho un ricordo molto positivo, cioè mi sono proprio pure divertita [ride] Quindi era un momento, certo, irripetibile in cui questa forma di emancipazione non era fatta in solitudine, ma era un elemento corale e quindi si facevano le amicizie, c'erano questi luoghi sociali di incontro, e quindi ... io sì effettivamente poi mi divertivo pure. Poi forse con la formazione dei gruppi la cosa si è un po' ... è tornata indietro perché lì è viceversa, non poteva forse essere altrimenti, perché questo stato di continua ... agitazione e coralità, per cui stavamo sempre in piazza e così, cioè nelle strade e così via, non poteva durare all'infinito; però nei gruppi poi è prevalso l'elemento ideologico e con l'elemento ideologico io mi so' continuata ..., ho cominciato a non divertirmi più, era diventato molto un dovere.

A una fase Iniziale, esplosiva, ribelle e felice, segue la perdita, segnata dal ritorno della vecchia politica, anche se nella nuova veste dei gruppi. E sono i gruppi, o sono il leader che parlano il linguaggio antico ed elitario delle contrapposizioni ideologiche, sono gli interpreti della vecchia politica insomma a mettere fine a quel movimento fatto di una comunità aperta e inclusiva, del protagonismo delle assemblee generali, dell'azione diretta, quel movimento fatto di una pratica di democrazia radicale, dell'azzeramento del principio di autorità, dell'abolizione di ogni distanza, di un privato che finalmente ha conquistato il diritto di imporsi come pubblico.

Link
www.corriere.it/cultura
leparoleelecose.it
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