venerdì 7 aprile 2017

Ho servito il re d’Inghilterra / Bohumil Hrabal



Ho servito il re d’Inghilterra / Bohumil Hrabal ; traduzione dal ceco di Sergio Corduas. – Roma : edizioni e/o, 2006. – Ebook

Incipit:

"State attenti a quello che adesso vi dico.  Quando arrivai all’hôtel Praga, il capo mi prese per l’orecchia sinistra e tirandomela dice: «Qui tu sei piccolo di sala, perciò ricordati! Non hai visto niente, non hai sentito niente! Ripeti!». E così dissi che al lavoro non vedevo niente e non sentivo niente. E il capo mi tirò per l’orecchia destra e disse: «Ma ricordati anche che devi vedere tutto e sentire tutto! Ripeti!». E così ripetei stupito che avrei visto tutto e sentito tutto. E così incominciai. Tutte le mattine alle sei eravamo in sala, una specie di schieramento, il signor hôtelier arrivava, a un lato del tappeto stavano il maître e i camerieri e in fondo io, piccolino proprio come un piccolo di sala, e all’altro lato stavano i cuochi e le cameriere dei piani e le sguattere e la credenziera, e il signor hôtelier ci passava accanto e guardava se avevamo le pettorine pulite, e i colletti e i frac senza macchie, e se non mancavano bottoni, e se le scarpe erano lucide, e si chinava per accertare con l’olfatto se ci eravamo lavati i piedi, poi diceva: «Buon giorno signori, buon giorno signore…»."

Si tratta il lungo racconto che il protagonista Jan Dite fa a degli ascoltatori ignoti. Una narrazione quasi ipnotica, con periodi molto lunghi, che potrebbe svolgersi, tra una birra e l’altra, in qualche locale praghese. Anche il modo di narrare non è lineare: spesso un particolare fa venire in mente ricordi di molto tempo prima e il percorso e, talvolta, zizzagante, come quello di un ubriaco.
Anche le vicende narrate sono spesso surreali e, comunque, abbiamo solo la versione di chi narra in prima persona. Tutto è soggettivo e visto dall’unica prospettiva del protagonista narratore.
La vicenda si svolge in Cecoslovacchia nei vari alberghi nei quali lavora Jan. La prima parte è più “allegra”, mentre nella seconda, con le vicende della guerra mondiale e dell’occupazione nazista, il racconto assume toni più cupi. Jan percorre la vita e la storia con leggerezza, senza esserne mai travolto, con fatalismo e con capacità di adattamento.
Il suo sogno è quello di arricchirsi per poter aprire un proprio albergo. Riesce a realizzarlo, ma, nonostante tutto, non riesce mai ad essere riconosciuto come un pari dagli altri albergatori. E’ sempre considerato un semplice cameriere arricchito.
Oltre il tema del denaro, c’è il tema dell’amore e del sesso, che affronta con molto rispetto e dolcezza, fin da quando comincia a frequentare il Paradiso e a coprire di fiori il corpo delle donne che frequenta.

”Con i soldi si può comprare non soltanto una bella fanciulla, ma con i soldi si può anche comprare la poesia.”

I clienti dell’hotel Praga sono i notabili della città e i commessi viaggiatori che commerciano i loro prodotti (bilance, affettatrici, giochi, prodotti di gomma).
L’altro hotel è l’hotel La Quiete, dove il direttore, su una carrozzella dirige il personale con i fischi. Qui conosce il maitre Zdenek che Jan ammira molto.
Dopo sei mesi torna a Praga, all’hotel Parigi, un hotel molto lussuoso diretto dal signor Srombek.  Questo hotel era frequentato da agenti di borsa che si incontravano con belle signorine. Qui diventa cameriere di sala, sotto la direzione del maitre Skrivanek, quello che aveva servito il re d’Inghilterra, e che era in grado di prevedere da dove venivano i clienti e che cosa avrebbero ordinato. In questo albergo c’era una “chambre-separee”, o gabinetto di visitazione, dove degli agenti di borsa anziani si limitavano a guardare e a spogliare una signorina, stesa su un tavolo, mangiando e bevendo.

”E così, saziati gli sguardi, quei borsisti finivano la visitazione, versavano champagne alla signorina e … brindavano con lei”.

E’ in questo albergo, dotato di posate d’oro, che si svolge il banchetto di 300 persone per l’imperatore d’Abissinia, dopo il quale Jan viene premiato con una medaglia e una fascia azzurra “per meriti verso il trono dell’imperatore d’Abissinia”.
Poi conosce Liza, una tedesca di Cheb, che faceva la maestra di ginnastica, una sportiva, il cui padre gestiva un ristorante. Proprio per il suo rapporto con una donna tedesca, viene licenziato e, considerato un traditore, non riesce più a trovare lavoro.

”Ogni volta arrivava … l’informazione che ero un ceco  con sentimenti  filotedeschi”.

Siamo nel periodo dell’occupazione tedesca, durante il quale si mette insieme a Liza e si vendica dei suoi ex colleghi e del padrone dell’hotel Parigi che l’avevano maltrattato per il suo tradimento.
Vive con Liza, che fa alla crocerossina, in mezzo ai tedeschi e con lei fa l’amore.
Si trasferisce in un altro albergo, in mezzo ai boschi, in montagna sopra Decin. In questo albergo i nazisti cercano di creare gli “uomini nuovi”, di razza pura, accoppiando sane ragazze ariane con giovani soldati.
Tutto nell’albergo è in funzione di questo progetto: statue degli eroi, colonnati, rilievi che illustravano il glorioso passato della Germania.
“La prima stazione europea di allevamento di razze per essere umani”, dove “si compivano coiti  nazionalsocialisti”. È qui che Jan cambia anche il nome, che diventa tedesco, Herr Ditie, anche se le giovani vergini tedesche da accoppiamento lo ignorano “come se io fossi un tavolino di servizio”.

Per sposare Liza deve superare un esame, per verificare se era in  grado di “fecondare sangue germanico ariano”: viene esaminato da un medico e il suo sperma viene analizzato. Alla fine ottiene il permesso di matrimonio e si sposa con Liza, con una cerimonia tipicamente nazista.
Nonostante tutto, è sempre considerato un estraneo (“la mano non me la davano”). Ritorna ancora questo senso di inadeguatezza, questo sentirsi sempre non accettato che è un elemento costante del libro:
- non è accettato, nonostante la sua ricchezza dargli hoteliers cechi;
- non è accettato dai tedeschi, nonostante sia sposato con una di loro.

Alla fine, riesce a mettere incinta Liza e  nasce Siegfried, il figlio strano che passa il tempo a martellare chiodi sui pavimenti.
Dopo essere stato licenziato, prende servizio al ristorante Cestino, dove i soldati tedeschi si incontrano con le loro mogli o fidanzate, prima di partire per il fronte russo, dove la guerra per la Germania non procede bene (“Non c’era allegria, ma tristezza malinconica”).
Non c’è più l’uomo nuovo, “vittorioso e strillone e orgoglioso, ma al contrario l’uomo umile e  meditabondo, con i begli occhi di un animale spaventato”.
Per un periodo, dopo essere stato scambiato per una spia alla stazione di Praga, viene arrestato dai tedeschi, al posto del maitre Zdenek, come fosse un bolscevico.
Una volta rilasciato, accompagna un compagno di prigionia, che aveva ucciso il padre, nel paese di Lidice, che trovano completamente distrutto dai tedeschi per rappresaglia in seguito ad un attentato.
Si sposta a Cheb, dove il padre di Liza gestiva l’hotel Città di Amsterdam e dove la moglie e il figlio si erano rifugiati. Liza resta sepolta dalle macerie durante un bombardamento, mentre il figlio, che continua a martellare chiodi sul pavimento, viene messo in un istituto per bambini disturbati.
Con i soldi di rari francobolli rubatii da Liza agli ebrei, riesce, finalmente, a realizzare il sogno di acquistare un hotel prima la periferia di Praga, poi in un altro posto. Infine, decide di “costruire un albergo, molto diverso da tutti gli altri alberghi”, in una cava abbandonata vicino a Praga.
L’albergo si trova in una ex fonderia ed ha molto successo: si chiama hotel Alla cava. Lo frequentano scrittori e uomini famosi, tra i quali Syeinbeck  e Maurice Chevalier.
È qui che Jan raggiunge il massimo del successo e spera, finalmente, di essere riconosciuto anche degli altri hoteliers.

”Perché anch’io ero un milionario, speravo che il mio nome come nome di milionario sarebbe stato sui giornali, che sarebbe stato accanto a quelli di Sronbek e Brandejs e degli altri”.

In realtà questo riconoscimento non avverrà mai e sarà sempre considerato un inferiore.
L’hotel Cava, alla fine, viene requisito e “tutti i diritti di proprietà passavano al popolo”.
Jan viene internato in un vecchio seminario insieme ai milionari, per punizione, ma, in realtà, si tratta di una “prigione” dorata in cui  prigionieri e guardie ci scambiano i ruoli.
Nell’internato “si cucinava alla grande ed era, praticamente, l’hotel di lusso”.
Dopo che l’internato fu chiuso, Jan fu mandato in una brigata di lavoro nei boschi, lontano dalla gente, in una casa forestale, insieme ad un professore di letteratura francese e ad una bella ragazza, Marcela.
Il loro lavoro consisteva nel collaborare all’abbattimento di alberi di abete, dai quali si ricavava il legno per strumenti musicali (abeti musicali risonanti). Da questo momento inizia per Jan un percorso di solitudine sempre maggiore: la sua vita, prima piena di contatti e di rapporti intensi con uomini e donne, vivace e ricca di eventi, cambia completamente. Dopo una breve sosta a Praga, inizia il lavoro di cantoniere, in un posto isolato tra le montagne, per dare il cambio ad una famiglia di zingari nel lavoro di selciatura di una strada. Abita in un’osteria abbandonata, con una stalla e una legnaia, insieme ad un cavallino, una capra, un cane e un gatto.
Gli unici rapporti con altri esseri umani avvengono in paese quando va a fare provviste: nell’osteria fa lunghi discorsi sulla morte e scopre che “l’essenza della vita sta nel domandare della morte”.
Gli animali sono gli unici compagni di una vita in cui, più e più volte, “l’incredibile è diventato realtà”.
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