lunedì 21 novembre 2016

Trincee / Carlo Salsa



Trincee : confidenze di un fante / Carlo Salsa ; prefazione di Luigi Santucci. - Milano : Mursia, 2013. - 258 p. , [4] c. di tav. : ill. ; 20 cm.

Incipit
"Ho allungato una pedata ad una gavetta ed ho schiaffato dentro un tipo arrogante che si conferiva certe arie beffarde. Il soldato è l'attendente dell'aiutante maggiore in prima del Deposito, autorità cospicua, tanto che i comandi si sono fatti diligenti di preservarla da ogni peripezia gloriosa quanto si vuole ma priva di garanzie.
Ieri sera cantante l'aiutante maggiore È rimasta senza attendente: stamane, appena entrato in caserma, ha parlamentato lungamente con lui. Poi è salito al comando; mi è passato dinanzi facendo suonare la guerresca fanfara dei suoi speroni, e mi ha trafitto con un'occhiataccia tremenda. Sono stato invitato a salire dal colonnello.
"Ieri lei dato un calcio alla gavetta di un soldato"
"Signorsì"
"Questo abuso di autorità. Tenga agli arresti"
"Mi duole che non potrò scontarli, poiché stasera dovrò partire per il fonte".
Il colonnello si è ficcata la pancia sotto lo scrittoio, ha acceso una sigaretta, mi ha risposto, senza guardarmi, annoiato e contrariato.
"Non importa. Lei sa che la punizione ha carattere soprattutto morale."

Un libro antiretorico fin dall'inizio, scritto da un ufficiale che ha combattuto nelle trincee del Carso, dove più tragico fu lo scontro.
Al contrario di molte memorie di guerra, quella di Carlo Salsa è la testimonianza di chi è stato nei fronti più caldi, fino alla prigionia durissima a Theresienstadt.
Un libro terapeutico, come altri libri di memorie sulla Grande guerra, per relativizzare i problemi della contemporaneità e per confrontarci con giovani che hanno sacrificato allora giovinezza nel freddo delle trincee, nella sofferenza, nella prigionia e nella morte.
I luoghi dove si svolge la vicenda sono spesso anche i titoli dei capitoli: Palmanova (da dove inizia il viaggio verso il fronte), Chiopris, Sagrado (sulla linea dell'Isonzo), Sdraussina (dove combatteva la Terza armata), San Michele, Bosco Cappuccio, Santa Maria (vicino a Tolmino), Merzli e Vodil, Milano (per una breve licenza), l'Hermada e infine Theresienstadt per la prigionia.
Fin dall'inizio dell'esperienza, il giovane ufficiale si rende conto della misera realtà della guerra, al di là della retorica di chi l'aveva voluta:

"Scendo sulla strada gremita di soldati: una processione interminabile sfila lenta, scendendo all'abitato dalle alture vicine, come una colata limacciosa da una ferita enorme. Passano in silenzio, scollando a fatica i piedi del fango, corteo di miseria, di stanchezza, di patimento".

Poi, nella vita di trincea sperimenta l'imbecillità e l'inadeguatezza dei comandi che ordinano "assalti inutili", minacciando chi cerca di opporsi:
"O lei va all'attacco o io ho il dovere di sparare"
"Ma quello che avvilisce, che demoralizza, che abbatte è di veder morire così, inutilmente, senza scopo. Oh, non si muore per la patria così; si muore per l'imbecillità di certi ordini e la vigliaccheria di certi comandanti".

E, prima degli utili assalti, c'è l'immobilità e l'inedia della vita di trincea:
"Non ci si può muovere; questa fossa in cui siamo è ingombra di corpi pigiati, di gambe rattratte, i fucili, di cassette di munizioni che s'affastellano, di immondizie dilaganti".
"Durante tutto il giorno nessuno può muoversi; si cerca di sonnecchiare nelle ore di calma; il budello che sale sembra il corridoio di un museo di mummie e di cariatidi".
"I soldati s'ammassano immobili nell'attesa, tra una rastrelliera di fucili, come bestiame stivato".

Per il nemico, con cui a volte si instaurano dei rapporti tra una trincea e l'altra, c'è un sentimento di pietà, perché si condivide la stessa vita di stenti:
"Anche oggi, una colata di prigionieri quaggiù: povera gente logora e frusta, consunta dal patimento, che veniva a noi come ad una liberazione".

Tra la vita di trincea e il mondo lontano delle città non c'è comprensione, due mondi che si ignorano, nonostante i proclami patriottici:

"Mentre gli altri continuano a confabulare, do un'occhiata: è un giornale illustrato, piena di notizie e di fotografie di guerra. C'è una illustrazione ... che mostra un ricovero da trincea ammobiliato come un salotto, pieno di soldati azzimati che brindano e suonano dei mandolini e delle chitarre attorno ad una tavola pingue".

L'incomprensione tra i soldati combattenti e la società civile emerge ancora più chiaramente quando il tenente Salsa va in licenza a Milano, nel capitolo intitolato ironicamente l'Oasi:

"Poi mi si misero ad elencare le ristrettezze che la guerra infliggeva loro, ma alle quali si assoggettavano con alto patriottismo. Non mi chiesero nulla di me, dei miei soldati, delle vicende lassù. Solamente una delle signorine, per trovare un adeguato riscontro alle sue pene cittadine, si ricorda di dirmi d'un tratto: 'Poveretti, chissà come starete a disagio voi, in trincea, quando piove!'
"L'altra signorina intervenne con una irrimediabile nostalgia: 'Che disgrazia non essere uomini! Vorrei poter andare anch'io in guerra".

Due mondi incomunicabili che spiegano il rancore degli ex combattenti nel dopoguerra, abilmente sfruttata dal fascismo, anche per la dabbenaggine delle forze socialiste.

Si prevede anche la retorica postbellica che sarà celebrata da chi la guerra non l'ha fatta e l'ha scampata:
"Verranno ad inaugurare anche i monumenti, il più famoso imboscato farà il discorso, ritirerà in ballo tutto l'armamentario della professione. Poi andranno tutti a Gorizia, e ci faranno sopra una bella scorpacciata".

La crudeltà della guerra è anche quella che colpisce i cosiddetti "disertori", spesso soldati che si erano presi qualche giorno di licenza e, poi erano ritornati, come Mele, un volontario tra l'altro, che "è capitato nelle grinfie di un ufficiale effettivo ed è stato fucilato ... Gli altri disertori, quelli che hanno disertato facendosi imboscare, prosperano".

Infine, c'è la dura esperienza della prigionia, dove gli italiani soffrono la fame e vengono puniti dal Governo italiano, come fossero disertori, lasciandoli senza aiuti alimentari.
"Al campo della truppa, i nostri soldati vengono lasciati morire di fame come per una distruzione sistematica: nessun aiuto giunge dalla patria che sembra aver rinnegato questi combattenti sfortunati, caduti in prigionia durante le prime eroiche offensive del Carso".
"Mentre i prigionieri francesi, inglesi, perfino russi vengono forniti di viveri direttamente dai loro governi, i nostri sono abbandonati così".
"Al campo della truppa, prossimo al nostro, sono concentrati 15.000 soldati: ne muoiono circa 70 al giorno, di fame".

Link
it.wikipedia.org/wiki/Trincee
wikipedia Carlo_Salsa
qlibri.it
www.youtube.com Melania Mazzucco



Trincee / Carlo Salsa


Trincee : confidenze di un fante / Carlo Salsa ; prefazione di Luigi Santucci. - Milano : Mursia, 2013. - 258 p. , [4] c. di tav. : ill. ; 20 cm.

Incipit
"Ho allungato una pedata ad una gavetta ed ho schiaffato dentro un tipo arrogante che si conferiva certe arie beffarde. Il soldato è l'attendente dell'aiutante maggiore in prima del Deposito, autorità cospicua, tanto che i comandi si sono fatti diligenti di preservarla da ogni peripezia gloriosa quanto si vuole ma priva di garanzie.
Ieri sera cantante l'aiutante maggiore È rimasta senza attendente: stamane, appena entrato in caserma, ha parlamentato lungamente con lui. Poi è salito al comando; mi è passato dinanzi facendo suonare la guerresca fanfara dei suoi speroni, e mi ha trafitto con un'occhiataccia tremenda. Sono stato invitato a salire dal colonnello.
"Ieri lei dato un calcio alla gavetta di un soldato"
"Signorsì"
"Questo abuso di autorità. Tenga agli arresti"
"Mi duole che non potrò scontarli, poiché stasera dovrò partire per il fonte".
Il colonnello si è ficcata la pancia sotto lo scrittoio, ha acceso una sigaretta, mi ha risposto, senza guardarmi, annoiato e contrariato.
"Non importa. Lei sa che la punizione ha carattere soprattutto morale."

Un libro antiretorico fin dall'inizio, scritto da un ufficiale che ha combattuto nelle trincee del Carso, dove più tragico fu lo scontro.
Al contrario di molte memorie di guerra, quella di Carlo Salsa è la testimonianza di chi è stato nei fronti più caldi, fino alla prigionia durissima a Theresienstadt.
Un libro terapeutico, come altri libri di memorie sulla Grande guerra, per relativizzare i problemi della contemporaneità e per confrontarci con giovani che hanno sacrificato allora giovinezza nel freddo delle trincee, nella sofferenza, nella prigionia e nella morte.
I luoghi dove si svolge la vicenda sono spesso anche i titoli dei capitoli: Palmanova (da dove inizia il viaggio verso il fronte), Chiopris, Sagrado (sulla linea dell'Isonzo), Sdraussina (dove combatteva la Terza armata), San Michele, Bosco Cappuccio, Santa Maria (vicino a Tolmino), Merzli e Vodil, Milano (per una breve licenza), l'Hermada e infine Theresienstadt per la prigionia.
Fin dall'inizio dell'esperienza, il giovane ufficiale si rende conto della misera realtà della guerra, al di là della retorica di chi l'aveva voluta:

"Scendo sulla strada gremita di soldati: una processione interminabile fila lenta, scendendo all'abitato dalle alture vicine, come una colata limacciosa da una ferita enorme. Passano in silenzio, scollando a fatica i piedi del fango, corteo di miseria, di stanchezza, di patimento".

Poi, nella vita di trincea sperimenta l'imbecillità e l'inadeguatezza dei comandi che ordinano "assalti inutili", minacciando chi cerca di opporsi:
"O lei va all'attacco o io ho il dovere di sparare"
"Ma quello che avvilisce, che demoralizza, che abbatte è di veder morire così, inutilmente, senza scopo. Oh, non si muore per la patria così; si muore per l'imbecillità di certi ordini e la vigliaccheria di certi comandanti".

E, prima degli utili assalti, c'è l'immobilità e l'inedia della vita di trincea:
"Non ci si può muovere; questa fossa in cui siamo è ingombra di corpi pigiati, di gambe rattratte, I fucili, di cassette di munizioni che s'affastellano, di immondizie dilaganti".
"Durante tutto il giorno nessuno può muoversi; si cerca di sonnecchiare nelle ore di calma; il budello che sale sembra il corridoio di un museo di mummie e di cariatidi".
"I soldati s'ammassano immobili nell'attesa, tra una rastrelliera di fucili, come bestiame stivato".

Per il nemico, con cui a volte si instaurano dei rapporti tra una trincea e l'altra, c'è un sentimento di pietà, perché si condivide la stessa vita gli stenti:
"Anche oggi, una colata di prigionieri quaggiù: povera gente logora e frusta, consunta dal patimento, che veniva a noi come ad una liberazione".

Tra la vita di trincea e il mondo lontano delle città non c'è comprensione, due mondi che si ignorano, nonostante i proclami patriottici:

"Mentre gli altri continuano a confabulare, do un'occhiata: è un giornale illustrato, piena di notizie e di fotografie di guerra. C'è una illustrazione ... che mostra un ricovero da trincea ammobiliato come un salotto, pieno di soldati azzimati che brindano e suonano dei mandolini e delle chitarre attorno ad una tavola pingue".

L'incomprensione tra i soldati combattenti e la società civile emerge ancora più chiaramente quando il tenente Salsa va in licenza a Milano, nel capitolo intitolato ironicamente l'Oasi:

"Poi mi si misero ad elencare le ristrettezze che la guerra infliggeva loro, ma alle quali si assoggettavano con alto patriottismo. Non mi chiesero nulla di me, dei miei soldati, delle vicende lassù. Solamente una delle signorine, per trovare un adeguato riscontro alle sue pene cittadine, si ricorda di dirmi d'un tratto: 'poveretti, chissà come starete a disagio voi, in trincea, quando piove!'
"L'altra signorina intervenne con una irrimediabile nostalgia: 'che disgrazia non essere uomini! Vorrei poter andare anch'io in guerra".

Due mondi incomunicabili che spiegano il rancore degli ex combattenti nel dopoguerra, abilmente sfruttata dal fascismo, anche per la dabbenaggine delle forze socialiste.

Si prevede anche la retorica postbellica che sarà celebrata da chi la guerra non l'ha fatta e l'ha scampata:
"Verranno ad inaugurare anche i monumenti, il più famoso imboscato sarà il discorso ritirerà in ballo tutto l'armamentario della professione. Poi andranno tutti a Gorizia, e ci faranno sopra una bella scorpacciata".

La crudeltà della guerra è anche quella che colpisce i cosiddetti "disertori", spesso soldati che si erano presi qualche giorno di licenza e, poi erano ritornati, come Mele, un volontario tra l'altro, che "è capitato nelle grinfie di un ufficiale effettivo ed è stato fucilato ... Gli altri disertori, quelli che hanno disertato facendosi imboscare, prosperano".

Infine, c'è la dura esperienza della prigionia, ove gli italiani soffrono la fame e vengono puniti dal Governo italiano, come fossero disertori, lasciandoli senza aiuti alimentari.
"Al campo della truppa, i nostri soldati vengono lasciati morire di fame come per una distruzione sistematica: nessun aiuto giunge dalla patria che sembra aver rinnegato questi combattenti sfortunati, caduti in prigionia durante le prime eroiche offensive del Carso".
"Mentre i prigionieri francesi, inglesi, perfino russi vengono forniti di viveri direttamente dai loro governi, i nostri sono abbandonati così".
"Al campo della truppa, prossimo al nostro, sono concentrati 15.000 soldati: mi muoiono circa 70 al giorno, di fame".

Link
it.wikipedia.org/wiki/Trincee
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