giovedì 11 giugno 2020

Le 10 parole latine che raccontano il nostro mondo / Nicola Gardini.

Le 10 parole latine che raccontano il nostro mondo / Nicola Gardini. - Milano : Garzanti, 2018. - 205 p. ; 21 cm.

Abstract: Il latino - quello dei grandi autori, della letteratura ma anche quello quotidiano che spesso usiamo inconsapevolmente - è un tesoro di significati che continuano a parlarci e a renderci quel che siamo. Non soltanto perché attraverso questa lingua possiamo farci idee più chiare sulla provenienza di immagini, metafore, modi di dire, ma soprattutto perché continuamente ci sfida a entrare in contatto e in dialogo costante con il nostro passato, e quindi a conoscere meglio noi stessi. In questo personalissimo vocabolario ideale, spaziando tra la storia e la filosofia, tra grandi classici e scrittori moderni, Nicola Gardini sceglie dieci parole che a suo dire hanno formato e continuano a formare il nostro tempo e la nostra civiltà, e attraverso le quali è possibile leggere in controluce un frammento della storia di tutti noi. Dimostrandoci ancora una volta che, per quanto nuovo e moderno, il nostro mondo continua a svilupparsi a partire da alcune basi fondamentali dalle antichissime radici che sarebbe impossibile - oltre che profondamente sbagliato - ostinarsi a ignorare.

SIGNUM, ARS, MODUS, STILUS, VOLVO, 
MEMORIA,VIRTUS, CLARITAS, SPIRITUS, RETE



Link:
www.youtube.com Intervista a Nicola Gardini

venerdì 5 giugno 2020

Il buio oltre la siepe /Harper Lee

Il buio oltre la siepe / Harper Lee ; traduzione di Amalia D'Agostino Schanzer. - Milano : Feltrinelli, 2011 (Universale economica ; 459). - 290 p. ; 20 cm.


Abstract: In una cittadina del profondo Sud degli Stati Uniti l'onesto avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa d'ufficio di un negro accusato di violenza carnale; riuscirà a dimostrarne l'innocenza, ma l'uomo sarà ugualmente condannato a morte. La vicenda, che è solo l'episodio centrale del romanzo, è raccontata dalla piccola Scout, la figlia di Atticus, un Huckleberry in gonnella, che scandalizza le signore con un linguaggio non proprio ortodosso, testimone e protagonista di fatti che nella loro atrocità e violenza non riescono mai a essere più grandi di lei. Nel suo raccontare lieve e veloce, ironico e pietoso, rivive il mondo dell'infanzia che è un po' di tutti noi, con i suoi miti, le sue emozioni, le sue scoperte.


Incipit:

Jem, mio fratello, aveva quasi tredici anni all’epoca in cui si ruppe malamente il gomito sinistro. Quando guarì e gli passarono i timori di dover smettere di giocare a football, Jem non ci penso quasi più. Il braccio sinistro gli era rimasto un po’ più corto del destro; in piedi o camminando, il dorso della sinistra faceva un angolo retto con il corpo, e il pollice stava parallelo alla coscia, ma a Jem non importava un bel nulla: gli bastava poter continuare a giocare, poter passare o prendere la palla al volo. Poi, quando di anni ne furono trascorsi tanti da poterli ormai ricordare e raccontare, ogni tanto si discuteva di come erano andate le cose, quella volta. Secondo me tutto cominciò a causa degli Ewell, ma Jem, che ha quattro anni più di me, diceva che bisognava risalire molto più indietro, a precisamente all’estate in cui capitò da noi Dill e per primo ci diede l’idea di far uscire di casa Boo Radley.



Link:

it.wikipedia

en.wikipedia.org

laletteraturaenoi.it

library.weschool

www.feltrinellieditore (video)

www.youtube.com (finale del film)

lunedì 1 giugno 2020

1947/ Elisabeth Asbrink

1947 / Elisabeth Åsbrink ; traduzione di Alessandro Borini. - 
 Iperborea, 2018 (Iperborea ; 292). - 314 p. ; 20 cm.


E' l'anno in cui sono nato e ne sono successe di cose. Si sentiva ancora l'eco della guerra da poco conclusa.


Incipit:

Il tempo non va esattamente come dovrebbe. Il primo gennaio del 1947 il Times scrive che gli inglesi non possono fare affidamento sui propri orologi. Per essere del tutto certi che il tempo sia quello che dice di essere si consiglia loro di ascoltare la BBC, che trasmetterà dei notiziari supplementari su quale sia effettivamente l’ora esatta. Gli orologi elettrici risentono delle frequenti interruzioni di corrente, ma anche quelli meccanici vanno controllati. Forse dipende dal freddo. Forse la situazione migliorerà. Nel corso della guerra sono state sganciate sulla Gran Bretagna circa 50.000 tonnellate di bombe. Oltre 4,5 milioni di edifici risultano danneggiati. Ci sono centri rurali minori che sono quasi stati rasi al suolo, come la cittadina portuale scozzese ai cui bombardamenti è addirittura stato dato un nome: il Clydebank Blitz.
Nella città austriaca di Wiener Neustadt una volta si contavano 4000 edifici. Ora ne restano intatti solamente diciotto. A Budapest la metà delle case è inabitabile. In Francia sono stati distrutti, nel complesso, 460.000 edifici. In Unione Sovietica sono stati completamente annientati 1700 tra centri minori e villaggi. In Germania le bombe hanno distrutto all’incirca 3,6 milioni di abitazioni; una casa ogni cinque. La metà delle case di Berlino è inabitabile. In tutta la Germania oltre diciotto milioni di persone sono senza dimora. Altri dieci milioni lo sono in Ucraina. Tutti sono costretti a cavarsela con un accesso limitato all’acqua e sporadico all’elettricità.
I diritti umani non esistono, il concetto di genocidio è sconosciuto ai più. I superstiti hanno appena cominciato a contare i propri caduti. Molti fanno ritorno a casa senza trovarla, altri si dirigono dovunque tranne che verso il proprio luogo di provenienza. Le campagne d’Europa sono state spogliate, depredate e, in seguito al sabotaggio delle dighe, risultano a tratti allagate. Terreni coltivati, boschi, fattorie – vita, pane e lavoro di tanti – giacciono sotto la cenere, ricoperti di fango. Sotto l’occupazione tedesca la Grecia ha perso un terzo delle proprie aree boschive. Più di mille villaggi sono stati dati alle fiamme. In Jugoslavia oltre la metà del bestiame è stato ucciso e il saccheggio di granaglie, latte e lana ha messo in ginocchio l’economia. Gli eserciti di Stalin e di Hitler non solo hanno seminato devastazione dove avanzavano, hanno pure ricevuto l’ordine di distruggere tutto ciò che trovavano sul proprio cammino in fase di ritirata. La tattica della terra bruciata prevedeva che non si lasciasse nulla alle truppe nemiche. Per usare le parole di Heinrich Himmler: «Nessuna persona, nessun capo di bestiame, nessun carico di cereali, nessuna tratta ferroviaria devono essere lasciati alle spalle […] Il nemico deve trovare un paese totalmente bruciato e distrutto». Adesso, dopo la fine della guerra, tutti vanno in cerca di orologi da polso – c’è chi li ruba, chi li nasconde, chi li dimentica, chi li perde. Il tempo rimane incerto. Quando sono le otto di sera a Berlino, a Dresda sono le sette e a Brema invece le nove. Nella zona russa vige il fuso orario russo, mentre nella propria parte di Germania gli inglesi introducono l’ora legale. Se qualcuno chiede l’ora, i più rispondono di non sapere che fine abbia fatto. L’orologio, intendono. Oppure vogliono dire il tempo?



1947 è il vertiginoso racconto di un anno in cui la politica e la grande Storia si fondono con gli eventi quotidiani. Un anno trascurato e apparentemente insignificante, in cui un vecchio ordine cade e ne sorge uno nuovo, ma soprattutto l’anno dove inizia il nostro presente.

 

Dove comincia il presente? Quando nascono le forze, i conflitti e le idee che governano la nostra epoca? Inseguendo le tracce della famiglia che non ha mai potuto conoscere, Elisabeth Åsbrink ci trasporta in un anno cruciale del ’900, nel momento in cui l’Occidente, reduce dal Secondo conflitto mondiale, è di fronte a una serie di bivi e possibilità ancora aperte, e compie scelte decisive per i nostri giorni. È il 1947 quando scoppia la Guerra fredda, viene istituita la CIA e Kalašnikov inventa l’arma oggi più diffusa al mondo; l’ONU riconosce lo Stato di Israele e il figlio di un orologiaio egiziano lancia il mo­derno jihad. È solo nel ’47 che viene redatta la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, prima sconosciuti all’umanità quanto il termine «genocidio», coniato da un giurista polacco che ha perso la famiglia nei Lager. E mentre una rete clandestina di organizzazioni internazionali mette in salvo i gerarchi del Reich e rilancia gli ideali fascisti, Primo Levi riesce a pubblicare Se questo è un uomo, un disilluso George Orwell scrive il profetico 1984 e Christian Dior crea il suo controversoNew Look. In mezzo a tutto questo, tra le masse di profughi ebrei che attraversano l’Europa in cerca di una nuova vita, c’è il padre dell’autrice, un orfano ungherese di dieci anni, davanti a una scelta che deciderà il suo futuro. In un racconto poetico e documentatissimo, che ci cala nei destini di personaggi d’eccezione e persone comuni, Åsbrink ricompone il puzzle di un anno emblematico per la sua identità personale e per quella collettiva. E scavando nei retroscena degli eventi, fino agli istanti in cui la Storia avrebbe potuto prendere un altro corso, arriva all’origine di quei nodi che non abbiamo ancora sciolto.

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sulromanzo.it/blog/la-storia-del-1947-in-un-libro-straordinario