martedì 15 marzo 2016

La diva Julia / W. Somerset Maugham

La diva Julia / W, Somerset Maugham ; traduzione di Franco Salvatorelli. - Milano : Adelphi, 2000 (Biblioteca Adelphi ; 389). - 275 p. ; 20 cm.

Incipit:
La porta si aprì e Michael Gosselyn alzò gli occhi. Julia entrò.
"Ehilà! Un momento, finisco di firmare qualche lettera".
"Fai con comodo. Sono venuta solo per vedere che posti sono stati mandati ai Dennorant. Cosa ci fa quel giovanotto?".
Adattando istintivamente, da attrice consumata, il gesto alla parola, Julia accennò con la bella testa alla stanza per cui era passata.
"E' un ragioniere. Viene da Lawrence & Hamphrey. E' qui da tre giorni".
"Sembra molto giovane".
"E' praticante, ma ci Sto arrivando! fare. Si meraviglia per come teniamo i conti, non immaginava che un teatro fosse gestito con criteri tanto razionali. Dice che la contabilità di certe ditte della City è roba da far venire i capelli grigi".
Julia sorrise del compiacimento che traspariva dal bel viso del marito.
"Un giovane di tatto".
"Termina oggi. Pensavo che potremmo portarlo da noi a mangiare un boccone. E' un tipo molto signorile".

Personaggi:

Michael Gosselyn: il marito di Julia, attore non di successo e poi impresario teatrale, bello e frigido, viene da una famiglia ricca e nobile.

Julia Lambert: attrice eternamente recitante, molto ambiziosa, si fa strada nel teatro partendo da una famiglia di umili origini (padre veterinario)

Roger Gosselyn: figlio di Michael e di Julia, è l'unico che "smaschera" le finzioni della madre.

Tom Fennel: il giovane contabile, diviene l'amante di Julia, alla fine sarà umiliato, vittima della grande capacità teatrale di lei.

Avice Crichton: l'attrice promettente che nella prima della nuova commedia verrà completamente oscurata da Julia.

Charles: l'amico e confidente di Julia, con lui "reciterà" una mirabile scena di approccio sedativo con ritirata da consumata attrice, per evitare l'umiliazione del rifiuto.

Evie: la cameriera di Julia. E' quella che riesce a vederla come è veramente più degli altri.

Dolly de Vries: la finanziatrice e socia del teatro, amica e ammiratrice di Julia.

 E' un libro scorrevole e vivace, in cui i personaggi sono ben rappresentati, soprattutto Julia, la protagonista che appare come l'attrice a tempo pieno, senza soluzione di continuità tra vita reale e vita scenica. Anzi, forse è proprio il teatro la sola dimensione in cui riesce ad essere se stessa.
C'è una scena, un dialogo tra Julia e il figlio Roger, in cui appare tutta questa ambiguità tra vita e teatro e in cui lui la "smaschera", nel vero senso della parola, mettendola, almeno per un momento, in crisi.

"Una sera, da ragazzino, avrò avuto quattordici anni, stavo tra le quinte a vedervi recitare. Doveva essere una bella scena, tu dicevi le tue battute con tanta sincerità e quello che dicevi era così commovente che mi venne da piangere. Ero tanto sovreccitato, mi sentivo, non so come dire, elevato [...] E poi tu sei venuta in fondo alla scena, vicino a dov'ero io, con le lacrime che ti colavano sul viso, e dando la schiena al pubblico hai detto al direttore di scena, con la tua voce normale: cosa diavolo combina l'elettricista? Gli avevo detto di togliere la luce blu. E un istante dopo ti sei girata verso il pubblico con un grido di angoscia e hai continuato la scena"-
[Come rappresentare meglio l'abilità, ma anche l'ambiguità della finzione teatrale!]
"Tesoro, ma era una recita. Se un'attrice sentisse davvero le emozioni che rappresenta andrebbe in pezzi" [...]
"Fui sciocco. suppongo a farmi coinvolgere, credevo che quel che dicevi ti venisse dal cuore. Quando ho visto che era tutto finto, qualcosa si è rotto. Da allora non ho più creduto in te" [...]
"Tu non distingui tra verità e finzione. Non smetti mai di recitare, per te è una seconda natura. Reciti quando ci sono degli ospiti. Reciti con i domestici, reciti con papà, reciti con me. Con me reciti la parte della madre amorosa e indulgente, e celebre. Tu non esisti, sei solo le parti innumerevoli che hai interpretato. Mi sono chiesto spesso se esistesse un "tu" o se non fossi altro che un veicolo per tutte queste altre persone che fingevi di essere. Quando ti vedevo entrare in una stanza vuota, certe volte volevo aprire la porta d'improvviso, ma temevo di non trovare nessuno".
[Il pensiero qui va a Pirandello: Uno, nessuno e centomila]

Questo passaggio coglie il centro e l'essenza del testo, anche se il personaggio di Julia, visto dal figlio, qui appare  esageratamente negativo. Tuttavia coglie l'aspetto fondamentale del suo essere prima di tutto, prima di una moglie e di una madre, un'attrice che solo sulla scena trova la sua autenticità e la sua verità.


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