Vado a vedere se di là è meglio / Francesco M. Cavalluccio, - Palermo : Sellerio, 2010 (La memoria ; 812). - 409 p. ; 17 cm.
Incipit:
Firenze. La nonna Giulia Vitale, una bella viareggina corpulenta discendente di una cocciuta famiglia di marinai, ci raccomandava sempre di non andare a spersendendo. Tutto doveva avere una meta prefissata e inderogabile, programmata e indicata in un portolano mentale che, sin da bambini, ci insegnò a possedere. Ma l'unico faro delle famiglia era lei. Con la sua morte perdemmo la bussola e anche i solidi ormeggi che ci avvinghiavano a Firenze. Io iniziai ad andare a zonzo, senza un fine preciso, e ancora oggi non riesco a fermarmi. Ogni tanto prendo alcuni bagagli e vado via: solo molto tempo dopo capisco dove sono stato. Altre volte, come adesso, parto senza muovermi dalla mia stanza.
Cos'è questo strano e bellissimo libro. se non un "andare a zonzo", un viaggio meraviglioso nella storia, nella cultura, nella letteratura della Mitteleuropa, o meglio della Polonia ancora influenzata dalla cultura ebraica.
Un viaggio in 22 tappe, da Firenze a Drohbycz, passando per Varsavia, Mosca, Dublino, Vilna, Buenos Aires, Lodz, Berlino, Orwock, Budapest, New York, Erevan, Baku, Danzica, Venezia, Kielce, Parigi, Sante Genevieve des Bois, Maison Lafitte, Praga, Wielopole. Grandi città e piccoli paesi, con tante storie e persone interessanti da scoprire.
Un viaggio a volte difficile e impegnativo (bisogna superare la difficoltà dei tanti nomi polacchi, così difficile da leggere!), ma interessante e stimolante.
Cosa c'è di più bello di un libro che ti fa scoprire luoghi e persone diverse, libri, tanti libri che ti viene voglia di leggere, storie a volte drammatiche di un'Europa vivace e tragica.
Il libro potrebbe anche intitolarsi "Polonia magica" per riprendere quel grande libro che è "Praga magica" di Ripellino.
Ho segnato i personaggi più interessanti che caratterizzano le tappe di questo viaggio:
Isaac Bashevis Singer, premio Nobel 1978 (1904-1991), di cui bisogna leggere almeno "Il mago di Lublino.
Stanisław Lem (1921-2006)
Stanisław Brzozowski (1878-1911), morto a Firenze.
Władysław Szpilman (1911-2000), il famoso pianista, autore del libro "Il pianista", da cui è stato tratto il film di Polanski.
Jan Kott (1914-2001), critico e studioso di teatro, oltre che scrittore (Shakespeare nostro contemporaneo, Divorare gli dei).
Bronisław Geremek (1932-2008), grande studioso di storia medioevale.
Venedikt Vasil'evič Erofeev (1938-1990), autore di "Mosca sulla vodka" e di "Mosca-Petruski"
Anna Stepanovna Politkovskaja (1958-2006), assassinata a Mosca.
Witold Kula (1916-1988), uno storico ed economista (Le misure e gli uomini dall'antichità ad oggi).
Mikalojus Konstantinas Čiurlionis (1875-1911), un grande pittore e musicista
Czesław Miłosz (1911-2004), poeta e saggista (La mia Europa)
Oscar Vladislas de Lubicz Milosz (1877-1939), poeta, scrittore e diplomatico
Ryszard Kapuściński (1932-2007), tra i suoi libri: Il Negus, Imperium, Ebano, Shah-in-Shah)
Marek Edelman (1919-2009), l'eroe della rivolta nel ghetto di Varsavia nel 1943
Karl Kraus (1874-1936), giornalista, aforisma e saggista
Stanisław Jerzy Lec (1909-1966), scrittore, poeta e aforista (Pensieri spettinati)
Zbigniew Herbert (1924-1988), drammaturgo
Danilo Kiš (1935-1989), scrittore serbo (Enciclopedia dei morti)
Giorgio Prenasca (1910-1992), un giusto italiano a Budapest
Jerzy Kosinski (1933-1991), scrittore polacco, naturalizzato americano (Oltre il giardino)
Giovanni Maria Sembrano (1911-2005), filologo e linguista (La favola dell'indoeuropeo)
Lev Nussimbaum (Essad Bey) (1905-1942), scrittore azero di origine ebraica (Alì e Nino)
Günter Grass (1927-2015), scrittore tedesco e premio Nobel 1999
Jacek Kuroń (1934-2004), attivista e politico polacco (La fede e la colpa)
Iosif Aleksandrovič Brodskij (1940-1996), poeta e drammaturgo (Fondamenta degli incurabili)
Wisława Szymborska (1923-2012), poeta
Gustaw Herling-Grudziński (1919-2000), scrittore (Un mondo a parte, Diario scritto di notte)
Aleksander Wat (1900-1967), scrittore e poeta
Andrej Arsen'evič Tarkovskij (1932-1986), regista russo
Józef Czapski (1896-1993), pittore, scrisse In una terra disumana, sul massacro di Katyn
Bohumil Hrabal (1914-1997), scrittore ceco (Una solitudine troppo rumorosa, Treni strettamente sorvegliati)
Václav Havel (1936-2011), drammaturgo e politico ceco
Vladimír Holan (1905-1980), pittore, scenografo e regista polacco
Tadeusz Kantor (1915-1990), pittore, scenografo e regista polacco
Bruno Schulz (1892-1942), scrittore e pittore polacco (Le botteghe color cannella)
Una bella compagnia per un viaggio in una stanza.
domenica 1 maggio 2016
martedì 15 marzo 2016
La diva Julia / W. Somerset Maugham

Incipit:
La porta si aprì e Michael Gosselyn alzò gli occhi. Julia entrò.
"Ehilà! Un momento, finisco di firmare qualche lettera".
"Fai con comodo. Sono venuta solo per vedere che posti sono stati mandati ai Dennorant. Cosa ci fa quel giovanotto?".
Adattando istintivamente, da attrice consumata, il gesto alla parola, Julia accennò con la bella testa alla stanza per cui era passata.
"E' un ragioniere. Viene da Lawrence & Hamphrey. E' qui da tre giorni".
"Sembra molto giovane".
"E' praticante, ma ci Sto arrivando! fare. Si meraviglia per come teniamo i conti, non immaginava che un teatro fosse gestito con criteri tanto razionali. Dice che la contabilità di certe ditte della City è roba da far venire i capelli grigi".
Julia sorrise del compiacimento che traspariva dal bel viso del marito.
"Un giovane di tatto".
"Termina oggi. Pensavo che potremmo portarlo da noi a mangiare un boccone. E' un tipo molto signorile".
Personaggi:
Michael Gosselyn: il marito di Julia, attore non di successo e poi impresario teatrale, bello e frigido, viene da una famiglia ricca e nobile.
Julia Lambert: attrice eternamente recitante, molto ambiziosa, si fa strada nel teatro partendo da una famiglia di umili origini (padre veterinario)
Roger Gosselyn: figlio di Michael e di Julia, è l'unico che "smaschera" le finzioni della madre.
Tom Fennel: il giovane contabile, diviene l'amante di Julia, alla fine sarà umiliato, vittima della grande capacità teatrale di lei.
Avice Crichton: l'attrice promettente che nella prima della nuova commedia verrà completamente oscurata da Julia.
Charles: l'amico e confidente di Julia, con lui "reciterà" una mirabile scena di approccio sedativo con ritirata da consumata attrice, per evitare l'umiliazione del rifiuto.
Evie: la cameriera di Julia. E' quella che riesce a vederla come è veramente più degli altri.
Dolly de Vries: la finanziatrice e socia del teatro, amica e ammiratrice di Julia.
E' un libro scorrevole e vivace, in cui i personaggi sono ben rappresentati, soprattutto Julia, la protagonista che appare come l'attrice a tempo pieno, senza soluzione di continuità tra vita reale e vita scenica. Anzi, forse è proprio il teatro la sola dimensione in cui riesce ad essere se stessa.
C'è una scena, un dialogo tra Julia e il figlio Roger, in cui appare tutta questa ambiguità tra vita e teatro e in cui lui la "smaschera", nel vero senso della parola, mettendola, almeno per un momento, in crisi.
"Una sera, da ragazzino, avrò avuto quattordici anni, stavo tra le quinte a vedervi recitare. Doveva essere una bella scena, tu dicevi le tue battute con tanta sincerità e quello che dicevi era così commovente che mi venne da piangere. Ero tanto sovreccitato, mi sentivo, non so come dire, elevato [...] E poi tu sei venuta in fondo alla scena, vicino a dov'ero io, con le lacrime che ti colavano sul viso, e dando la schiena al pubblico hai detto al direttore di scena, con la tua voce normale: cosa diavolo combina l'elettricista? Gli avevo detto di togliere la luce blu. E un istante dopo ti sei girata verso il pubblico con un grido di angoscia e hai continuato la scena"-
[Come rappresentare meglio l'abilità, ma anche l'ambiguità della finzione teatrale!]
"Tesoro, ma era una recita. Se un'attrice sentisse davvero le emozioni che rappresenta andrebbe in pezzi" [...]
"Fui sciocco. suppongo a farmi coinvolgere, credevo che quel che dicevi ti venisse dal cuore. Quando ho visto che era tutto finto, qualcosa si è rotto. Da allora non ho più creduto in te" [...]
"Tu non distingui tra verità e finzione. Non smetti mai di recitare, per te è una seconda natura. Reciti quando ci sono degli ospiti. Reciti con i domestici, reciti con papà, reciti con me. Con me reciti la parte della madre amorosa e indulgente, e celebre. Tu non esisti, sei solo le parti innumerevoli che hai interpretato. Mi sono chiesto spesso se esistesse un "tu" o se non fossi altro che un veicolo per tutte queste altre persone che fingevi di essere. Quando ti vedevo entrare in una stanza vuota, certe volte volevo aprire la porta d'improvviso, ma temevo di non trovare nessuno".
[Il pensiero qui va a Pirandello: Uno, nessuno e centomila]
Questo passaggio coglie il centro e l'essenza del testo, anche se il personaggio di Julia, visto dal figlio, qui appare esageratamente negativo. Tuttavia coglie l'aspetto fondamentale del suo essere prima di tutto, prima di una moglie e di una madre, un'attrice che solo sulla scena trova la sua autenticità e la sua verità.
Links
repubblica.it
goodreads.com
lunedì 29 febbraio 2016
La versione di Barney / Mordecai Richler

Incipit
"Tutta colpa di Terry. È lui il mio sassolino nella scarpa. E se proprio devo essere sincero, è per togliermelo che ho deciso di cacciarmi in questo casino, cioè di raccontare la vera storia della mia vita dissipata. Fra l’altro mettendomi a scribacchiare un libro alla mia veneranda età violo un giuramento solenne, ma non posso non farlo. Non posso lasciare senza risposta le volgari insinuazioni che nella sua imminente autobiografia Terry McIver avanza su di me, le mie tre mogli (o come dice lui la troika di Berny Panofsky), la natura della mia amicizia con Boogie e, ovviamente, lo scandalo che mi porterò fin nella tomba"
Ad una prima lettura questo libro non mi aveva convinto: troppi nomi (di film, di canzoni, di giocatori di hockey, di alcolici), troppo "canadese". Poi, invece, mi sono appassionato alle storie di Barney, un vero "bastardo" (anche a detta sua), ma un bastardo pieno di vitalità. E' questa vitalità, questa voglia di assaporare il "midollo della vita", di vivere i sentimenti (negativi e positivi) fino in fondo che rende accettabile questo personaggio cinico, politicamente scorretto, egoista e senza morale.
La domanda centrale che ci facciamo è: cosa c'è di vero nel suo racconto, nella sua "versione" contrapposta, come vediamo fin dall'inizio, a quella del suo odiato amico/nemico Terry.
E' questa "la vera storia" della sua vita dissipata? E' qui evidente il paradosso del mentitore: Barney dice di essere un bugiardo, ma allora cosa c'è di vero in quello che racconta? E' parzialmente vero o del tutto falso? In questa ambiguità, rafforzata anche dalle innumerevoli contraddizioni che emergono, sta il fascino di questo libro.
Al centro, oltre ai rapporti con le tre mogli (Clara, la seconda signora Panofsky e Miriam), c'è il rapporto con l'amico Boogie e la vicenda della sua morte.
E' Barney l'assassino? Per tutto il libro si dichiara innocente, anche se, a volte, si lascia sfuggire (per provocazione? per scherzo?) qualche ammissione. Ma se è stato lui, come sembra provato alla fine, non l'ha ucciso per il tradimento con la moglie, la seconda signora Panofsky (da cui voleva divorziare al più presto). Non credo sia questo il motivo! L'ha ucciso perché si è sempre ritenuto inferiore a quell'amico geniale del periodo parigino, di cui - come riporta Terry - barney era un maldestro imitatore, "il suo Venerdì".
Va aggiunto, infine, che è un libro divertente con delle pagine e delle battute esilaranti, con dialoghi meravigliosi.
Cinismo e cattiveria contro l'ipocrisia degli artisti
"Quello spaccone di Hemingway, che pure aveva un indubbio fiuto per le patacche, improvvisò le sue memorie della Grande Guerra a tavolino. Lewis Carroll, adorato da generazioni di bambini, non era precisamente il tipo cui avreste affidato volentieri per una sera la vostra figlia decenne. Il compagno Picasso durante l'occupazione di Parigi leccò ben benino il sedere ai nazisti. Se Simenon si è davvero scopato diecimila donne mi mangio la paglietta" (p. 219)
"Ma la verità è che nulla mi delizia quanto una biografia da cui apprendo che questo o quel presunto grande in realtà era una vera merda. [...] Pensate solo a Eliot, che aveva fatto rinchiudere la prima moglie in manicomio perché era la stata probabilmente lei a scrivere alcuni dei suoi versi migliori. O vogliamo parlare di Thomas Jefferson, il quale aveva non so quante schiave al suo servizio e alla più graziosa di tutte fece dono di un bel fantoccio illegittimo?" (p- 324-325)
Ambiguità (vero/falso)
"Ormai mi succede spesso di svegliarmi senza sapere più bene cosa accadde quel giorno sul lago. Mi viene persino il dubbio di avere ritoccato gli eventi a mio vantaggio, come del resto ho fatto con innumerevoli altri episodi della mia vita. Insomma, e se avesse ragione O'Hearne? [il poliziotto] E se, come quel bastardo ha sempre sospettato, Boogie lo avessi ucciso io, con un colpo al cuore? Mi aggrappo all'idea di non essere un violento, e tantomeno un assassino". (p. 371)
Telefonate
Stupende le telefonate della seconda Signora Panofsky alla madre, dove viene riportata solo la voce della figlia, ma si capisce benissimo cosa sta dicendo la madre.
"Ho preso tutto quello che mi hai messo nella lista, assolutamente tutto. Mai adesso basta. Nessuno manderà delle fotografie al rabbino Horustein. Ma certo. Ma certo, sì, facciamo la doccia insieme, ma chiudiamo la porta. E comunque non è mica un reato. sai? Ti ho detto di sì. Lo so che è per il mio bene, ma vorrei che lasciati perdere questo argomento. Non ti ho detto che sei un'impicciona [...] Mami, qui è tutto bello da non credere. Cosa? Non è vero. Non ho detto che Montreal è brutta. Dio santo, ma non ti si può proprio parlare oggi. Se non sapessi che è impossibile penserei che hai le tue cose. Non sono maligna. Lo so che un giorno capiterà anche a me, solo spero che la prenderò meglio. E dalli. E' l'unica voce che ho, e se non ti va bene il tono è meglio che riattacchi. Va bene, va bene, scusa ... " (pp. 263-266)
Personaggi
Barney Panofsky: il protagonista e autore dell suo libro autobiografico. Vive a Montreal, dopo un primo periodo a Parigi. E' un produttore televisivo.
Clara Charnofsky: la prima moglie di Barney, di cui si parla nella prima parte del libro ambientata a Parigi (1950-1952). Pittrici e poetessa, dopo la morte diventa un icona del femminismo. Muore suicida.
Terry McIver: scrittore canadese. conosciuto a Parigi. In risposta al suo libro "Il tempo, le febbri", Barney scrive la sua versione.
Bernard "Boogie" Moscovitch: scrittore, astro nascente, conosciuto a Parigi. In realtà è un'eterna promessa, anche se Barney lo mitizza e lo imita. Il loro rapporto è un elemento centrale del libro.
Seconda Signora Panofsky: al centro della seconda parte (1958-1960). Figlia di buona famiglia, sposata da Barney senza convinzione. Logorroica.
Miriam Greenberg: terza moglie, si innamora di lei durante la festa del secondo matrimonio. Vive a Toronto. E' quella più amata ed è al centro della terza parte (1960-). Lascia Barney a causa di un suo stupido tradimento.
Mike Panofsky: il figlio maggiore di Barney. E' molto ricco e vive a Londra con la moglie Catherine (odiata da Barney). E' lui che cura il libro e scrive una postfazione che spiega ciò che è successo dopo l'Alzheimer del padre.
Saul Panofsky: il secondo figlio di Barney. Oscilla da posizioni di sinistra (in gioventù) a posizioni conservatrici. Non è sposato e cambia continuamente compagna. E' quello che somiglia di più al padre.
Kate Panofsky: la figlia che non vuole accettare, nemmeno di fronte a prove evidenti, la colpevolezza del padre.
Leo Bishinsky: un amico del periodo parigino, diventerà un artista ricco e famoso.
Cedric Richardson: ricco amico del periodo parigino. Era suo il figlio di Clara. che muore subito dopo il parto.
Morty Herscovitch: dottore di Barney
Blair Hopper Hauptman: il disertore americano, odiatissimo da Barney, che diventerà il compagno di Miriam, dopo la rottura del matrimonio.
Sean O'Harne: il poliziotto che cerca per tutta la vita di dimostrare che Barney ha assassinato Boogie.
John Hughes-McNoughton: è l'avvocato che difende Barney al processo per l'assassinio di Boogie.
Mrs Ogilvy: l'insegnante di Boogie. Protagonisti dei ricordi e dei sogni erotici di Barney
Link
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barbarapicci
lunedì 11 gennaio 2016
Il Circolo Pickwick / Charles Dickens

Incipit:
Il primo raggio di luce che illumina le tenebre e trasforma in uno splendore abbagliante l'oscurità che ravvolge gli inizi della carriera pubblica dell'immortale Pickwick trae origine dalla lettura del seguente documento che l'estensore di queste memorie ha il grandissimo piacere di presentare al lettore quale prova della grande cura, della instancabile diligenza e del sottile discernimento con cui egli ha condotto le ricerche tra i molteplici documenti a lui affidati.
Questo inizio prende in giro il linguaggio un po' "trombonesco", da accademici, che caratterizza i verbali del Circolo e lo stesso Pickwick.
E' un romanzo "di personaggi", più che di intreccio: sono loro, le loro caratteristiche, il loro modo di gestire gli avvenimenti al centro del romanzo.
Ci sono ben 82 personaggi, in larga parte maschili, più altri 16 presenti nei racconti inseriti nel testo e presentati da alcuni dei personaggi.
Naturalmente il protagonista è Samuel Pickwick, che, nel corso della storia, cambia notevolmente e da "trombone", un po' inetto e ingenuo, spesso vittima di disavventure ridicole, diventa, nella seconda parte del racconto (in particolare dopo il processo e l'incarcerazione) un uomo saggio e generoso. Soprattutto è il suo rapportano il suo servitore Samuel Weller (Sam), che lo rende vivo e interessante.
Credo che proprio Sam, che con Pickwick forma una coppia unita fino alfine, sia il secondo personaggio più vivo e anche divertente. Il suo modo di esprimersi con frasi surreali lo caratterizza e diventa il fido scudiero del protagonista (Don Chisciotte e Sancho Panza?). Non a caso, riferendosi al linguaggio di Sam, si parla di "wellerismi", tra i quali, per rendere l'idea: "Contentissimo di vedervi, proprio di cuore, e mi auguro che la nostra conoscenza durerà un pezzo, come disse quel tal signore al biglietto da cinque sterline" oppure "Addoloratissimo di recare un qualunque disturbo, come disse il brigante alla vecchia signora quando la mise sul fuoco".
Poi ci sono gli altri pickwickiani: Snodgrass, Tupaman e Winkler che hanno un ruolo importante soprattutto nelle prima parte, dove prevalgono una serie di avventure picaresche. Anche loro, tuttavia, sembrano evolvere e maturare nel corso della storia e, da "sempliciotti", un po' tordi, acquistano poi un maggior spessore e una maggiore autonomia nella parte finale.
Il racconto si svolge in varie località dell'Inghilterra, circa nella prima metà dell'Ottocento,
E' un libro di avventure? Anche, ma sono avventure "cittadine", all'interno della società inglese di quel tempo.
C'è una notevole ironia, talvolta molto divertente, rivolta verso i diversi ambienti sociali: il mondo dei tribunali e degli avvocati, quello dei giornalisti, il mondo borghese, quello dei medici, l'ambiente delle vedove bigotte e a caccia di matrimoni.
Ci sono anche aspetti più seri. come la descrizione del mondo carcerario, nel quale Pickwick viene a trovarsi, per il suo rifiuto di pagare il debito, dopo la rocambolesca vicenda giudiziaria.
Esilarante e meraviglioso è il capitolo riguardante il processo (cap. 34), nel quale l'accusa imputa a Pickwick di aver ingannato la sua padrona di casa, la vedova Bardell, con una falsa promessa di matrimonio:
— Ed ora, o signori, un’altra sola parola. Due lettere son passate fra le parti, lettere che si ammette essere vergate di mano del convenuto, lettere che valgono intieri volumi. Queste lettere inoltre rivelano, o signori, l’indole dell’uomo. Non sono già franche, ardenti, eloquenti, non spiranti altro che affetto. Sono invece coperte, subdole, equivoche, ma per buona sorte molto più concludenti che se fossero distese nel più colorito linguaggio e nella più immaginosa forma poetica — lettere che vanno esaminate con occhio cauto e sospettoso — lettere che furono scritte evidentemente col segreto disegno di deludere ogni altra persona nelle cui mani potessero per avventura cadere. Lasciate che io legga la prima: "Garraway, mezzogiorno — Cara signora Bardell — Costolette e salsa di pomodoro. Vostro, Pickwick." Signori, che vuol dir ciò? Costolette e salsa di pomodoro. Vostro, Pickwick! Costolette! giusto cielo! e salsa di pomodoro! E deve, o signori, la felicità di una donna sensibile e confidente esser presa a giuoco con artifici così bassi e volgari? L’altra lettera non porta alcuna data, il che per sè stesso costituisce elemento di sospetto. "Cara signora Bardell. — Non sarò a casa prima di domani. Ritardo della diligenza." E segue subito dopo questa notevolissima espressione: "Non vi date pensiero dello scaldaletto." Lo scaldaletto! E chi è, o signori, che si dà pensiero d’uno scaldaletto? quando mai la tranquillità di spirito di un uomo o di una donna fu turbata o distrutta da uno scaldaletto, che è per sè stesso un innocuo, utile ed aggiungerò, o signori, un gradito arnese domestico? Perchè si prega con tanto calore la signora Bardell di non darsi pensiero di questo scaldaletto, se non per fare una evidente allusione ad un fuoco nascosto — se non per sostituire qualche parola tenera o qualche promessa, secondo un sistema convenzionale di corrispondenza, artifiziosamente escogitato da questo Pickwick in previsione di un disegnato abbandono e che io non sono in grado di spiegare?
Sono queste le parti migliori del romanzo, ma nonostante ci sia della discontinuità. dovuta al fatto che la storia è stata pubblicata a puntate, nel complesso il libro è coinvolgente e riesce a tener desta l'attenzione dei lettori, nonostante che non ci siano fatti o avvenimenti clamorosi e che le "avventure" siano relativamente banali. Ma è ai personaggi che ci si affeziona.
Chissà perché, leggendo questo libro, mi sono venuti alla mente i quadri di Hogarth, un famoso pittore inglese del primo Settecento, che descriveva, com molta ironia, scene di vita della società del suo tempo. Periodi diversi, ma uno sguardo simile.
Links:
domenica 3 gennaio 2016
Ci rivediamo lassù / Pierre Lemaitre
Lemaitre, Pierre
Ci rivediamo lassù / Pierre Lemaitre ; traduzione di Stefania Ricciardi. - Milano : Mondadori, 2014 (Scrittori italiani e stranieri). - 452 p. ; 20 cm.
Incipit:
"Chi pensava che quella guerra sarebbe finita presto era già morto da molto tempo. In guerra per l'appunto. Così in ottobre, Albert accolse con un certo scetticismo le voci di un armistizio imminente. Non diede loro maggior peso di quanto non ne avesse dato alla propaganda iniziale secondo cui, per esempio, le pallottole crucche erano così molli da spiaccicarsi sulle uniformi come pere troppo mature, facendo crepare dal ridere i reggimenti francesi. In quattro anni, Albert ne aveva vista una marea di gente morta dal ridere beccandosi una pallottola tedesca"
Personaggi
- Albert Maillard, soldato francese del fronte occidentale
- tenente Henry d'Aulnay-Pradelle
- Edouard Pericourt, (poi Eugene), commilitone e amico fino alla fine di Albert
- Madeleine Pericourt, sorella di Eduard e sposa infelice di Pradelle
- Marcel Pericourt , ricco padre di Edouard e di Madeleine
Sono questi i personaggi principali sui quali ruota la storia, che si svolge dal 1918 al 1926, prima nelle trincee del fronte, nelle ultime fasi della guerra e poi a Parigi.
Vittime della guerra (e di Pradelle) sono Albert ed Edouard, soldati sopravvissuti, ma senza futuro, come tanti altri, dimenticati dopo i facili entusiasmi della vittoria. Sono dei "vittoriosi vinti": Albert, l'"eroe" inetto, fragile, generoso, senza alcuna ambizione, anche se sarà il trionfatore finale della storia, riuscendo a coronare il sogno di una nuova vita da ricco, nelle lontane colonie francesi, con la sua fidanzata Pauline; Edouard, gravemente menomato al volto, un artista in rotta con il ricco padre, con una nuova identità, cerca una rivalsa inventandosi un geniale truffa sulla costruzione dei monumenti ai caduti.
Sia Edouard, insieme ad un Albert recalcitrante, sia Pradelle sono accomunati dall'essere dei truffatori che approfittano delle possibilità offerte dalla costruzione dei cimiteri e dei monumenti di guerra, anche se sono diverse le loro motivazioni: Edouard ha uno scopo vitalistico ed estetizzante, vuole prendere in giro il mondo, esprimendo la sua disperazione; Pradelle vuole solo diventare ricco a tutti i costi e rivalersi nei confronti del suocero che lo disprezza.
E' interessante la sottolineatura degli effetti della guerra negli anni successivi, per dimostrare che, in realtà, le guerre non finiscono mai con la stipula dei trattati. Sia per i vincitori che per i vinti, le conseguenze durano anni e l'esperienza dura e drammatica della guerra trasforma e deraglia la vita di molti sopravvissuti. Non c'è pace dopo la pace e la retorica dei monumenti spesso nasconde ferite e miserie che permangono e non vengono cancellate.
Una considerazione sui caduti: della I Guerra mondiale abbiamo tantissime testimonianze, talvolta inevitabilmente abbellite nel ricordo o comunque non sempre obiettive, per la tendenza a "eroicizzare" le storie vissute. Mancano le testimonianze di chi ha avuto paura, di chi è scappato, di chi questa guerra la malediceva, perché la sua storia non ha potuto scriverla, perché è morto o perché semplicemente, non aveva gli strumenti per farlo.
LINKS
venerdì 6 novembre 2015
La strada di Podestaria / Giani Stuparich
La strada di Podestaria / Giani Stuparich ; con Diciotto lettere a Giani di Carlo Stuparich ; a cura di Giuseppe Sandrini ; fotografie di Aldo Ottaviani. - Verona : Alba Pratalia, 2005. - 109 p. : ill. ; 21 cm. - (alba pratalia ; 1) |
ISBN 88-901971-0-2 Incipit: "Approfitto di questa giornata di mezzo riposo per scriverti a lungo, seduto qui solitario dietro la nostra baita: poche cose si muovono intorno: due pastori, un po' di vento, veli di nebbia che camminano ... Tutto il resto sta tranquillo e silenzioso, giù davanti un boschetto di pini circoscritto da muriccioli bianchi e pare natura carsica, ma gli altri monti intorno sono tutti d'erba e vi pascolano ardente con campanelli" Così mi scriveva mio fratello Carlo da Podestaria nel settembre del 1915, in quel breve periodo di nomina a ufficiale della Territoriale. Era andato lassù con l'84° Battaglione da Verona, per la costruzione di una strada. Dalle tormentose trincee della Rocca di Monfalcone, dall'inferno del Carso alla pace dei pascoli sui monti Lessini. Ma era malinconico. Un piccolo libro commovente e toccante. Racconta il viaggio della memoria di Giani Stuparich, che ripercorre, dopo 22 anni la strada dove era stato il fratello Carlo, durante i lavori per costruirla: la strada da Boscochiesanuova a Podestaria. Un periodo di pace trascorso prima a Verona (vicolo Storto 6 e vicolo Moise), poi sulle pendici dei Lessini. Vengono riportate 18 lettere di Carlo a Giani, nelle quali racconta con semplicità il suo soggiorno, le sue speranze di ricongiungersi al fratello (allora nelle Territoriale a Vicenza), i suoi sogni e il suo amore per la madre lontana a Trieste. Sembra quasi annoiato dalla tranquillità delle retrovie. Poco dopo tornerà al fronte e morirà suicida sul Monte Cengio. Molte volte ho percorso quella strada, ignorando questa storia. Ora so che quando la ripercorrerò non potrò fare a meno di pensare ai fratelli Stuparich. "Infelice generazione la nostra, che vedemmo prima salire la realtà verso il sogno più bello e poi ripiombare giù, più giù d'ogni temuto incubo" - scrive Giani Stuparich, molti anni dopo. La mia generazione, quella nata dopo il 1945, è stata definita da Serena Zoli, la generazione fortunata (è il titolo del suo libro). Ogni tanto sarebbe utile e salutare, quando sembra che le cose non vadano come vorremmo, voltarci indietro e osservare con partecipazione la vita di quella "infelice generazione", dalla quale dovremmo trarre forza ed energia. albapratalia it.wikipedia mariavittoriaadami.blog |
La storia del mondo in 100 oggetti / Neil McGregor
La storia del mondo in 100 oggetti / Neil MacGregor ; traduzione di Marco Sartori. - Milano : Adelphi, c2012. - XXV, 706 p. : ill. ; 25 cm.
Libro interessantissimo, perché riesce, attraverso gli oggetti, la loro storia, i loro materiali a creare un percorso coinvolgente. E' un viaggio attraverso le civiltà del mondo, le cui tappe sono oggetti materiali, preziosi o umili, più o meno antichi, e da questo viaggio usciamo appagati e più consapevoli della bellezza e della fragilità delle cose e degli uomini.
Mestiere di scrivere
Wuz
Libro interessantissimo, perché riesce, attraverso gli oggetti, la loro storia, i loro materiali a creare un percorso coinvolgente. E' un viaggio attraverso le civiltà del mondo, le cui tappe sono oggetti materiali, preziosi o umili, più o meno antichi, e da questo viaggio usciamo appagati e più consapevoli della bellezza e della fragilità delle cose e degli uomini.
Mestiere di scrivere
Wuz
lunedì 14 settembre 2015
Figli e amanti / David Herbert Lawrence

Incipit
Dopo Hell Row ci furono i Bottoms. Hell Row era un gruppo di tozze casette dal tetto di paglia, ammucchiate sulla riva del torrente a Greenhill Lane. Ci vivevano i minatori che lavoravano nei pozzi, due campi più in là. Il torrente correva sotto gli ontani e il poco carbone tirato su dalle cisterne dal lento giro degli asini non arrivava ad annerirne le foglie. Pozzi eguali costellavano tutto il paese; alcuni risalivano addirittura ai tempi di Carlo II. E gli uomini e gli asini scavavano giù nella terra, come formiche, macchiando di cumuli neri i prati e i campi di grano. Erano appunto le capanne di questi minatori che sparse qua e là, a gruppi o isolate, insieme alle case dei contadini e a quelle dei calzettai, formavano il villaggio di Bestwood.
L'ambiente del romanzo è, almeno nella prima parte, quello minerario, circondato dalla campagna. Poi arriverà anche l'ambiente cittadino (Nottingham) con le fabbriche.
I personaggi sono:
- Gertrude Coppard, la madre di William, Paul e Anne, sposa non felice di
- Walter Morel, minatore
- William Morel, figlio primogenito, va a lavorare a Londra, con successo, ha un rapporto superficiale e con una ragazza e muore giovane
- Paul Morel, secondogenito sul quale si riversa l'amore possessivo della madre, dopo la morte di William
- Miriam, vive in una fattoria con i genitori e i fratelli ed è l'amore "spirituale" e irrealizzato di Paul
- Clara Dawes, sposata e separata, è l'amore carnale di Paul
- Baxter Dawes, marito di Clara, nemico e poi "amico" di Paul, quando gli lascerà Clara.
Il centro del romanzo è il rapporto tra Paul e la madre. E' lei, in fondo, l'unica vera amante prima di William. poi di Paul. Vittima di un matrimonio infelice, anche per le differenze culturali tra lei e il marito minatore, riversa sui figli l'amore che non ha potuto dare al marito.Quello che non vuole è che qualche donna gli porti via l'anima di Paul e il pericolo maggiore, in tal senso, è rappresentato da Miriam, con la quale Paul condivide, per lunghi periodi, sentimenti, pensieri, sensazioni. Infatti Miriam, nonostante i vari avvicinamenti, perde, prima a favore della madre, poi di Clara, con la quale Paul condivide solo una passione sessuale, senza concederle mai l'anima.
L'anima resta solo per la madre, fino all'ultimo, e la sua morte, nei capitoli finali è un vero tormento, di fronte al quale Paul sembra arrendersi, anche se la frase finale apre qualche speranza: "Non avrebbe preso la via delle tenebre per seguirla. In fretta camminava verso il debole, confuso mormorio della città illuminata".
Il libro si chiude nella luce, in contrasto con l'inizio "nero" del paesaggio minerario.
Ho apprezzato maggiormente la prima parte, quella dell'ambiente minerario e dell'infanzia povera dei protagonisti. Ho fatto il tifo per Miriam, sperando (invano) che Paul si staccasse dalla madre e prendesse finalmente una decisione. Ma è proprio il tema dell'attaccamento madre-figlio il centro del romanzo.
Interessante èp anche la descrizione dell'ambiente di lavoro di Paul, una piccola fabbrica tessile, con numerosa e varia presenza femminile.
Temi: rapporto madre/figlio; miniere e minatori; natura e campagna; industria tessile; vita cittadina; agricoltura; malattie; morte; passione artistica; religione cristiana; spiritualità/sessualità; Londra; Nottingham.
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venerdì 21 agosto 2015
Stoner / John Williams
Stoner / John Williams ; postfazione all'edizione italiana di Peter Cameron ; traduzione di Stefano Tummolini. - Roma; Fazi, c2012 (Le strade ; 202). - 332 p. ; 22 cm
Incipit:
William Stoner si iscrisse all'Universitá del Missouri nel 1910, all'età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato di ricerca e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restó a insegnare fino alla sua morte, nel 1956. Non superó mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido. Quando morì, i colleghi donarono alla biblioteca dell'università un manoscritto medievale, in segno di ricordo. Il manoscritto si trova ancora oggi nella sezione dei libri rari, con la dedica: "Donato alla Biblioteca dell'Universitá del Missouri in memoria di William Stoner, dipartimento di Inglese. I suoi colleghi".
Un romanzo che inizia con la morte del protagonista è con la descrizione di un anti eroe, un uomo vissuto dignitosamente, ma che non ha lasciato tracce significative nel ricordo dei colleghi o degli studenti. Eppure su questa vita "banale" di un insegnante di umili origini, con un matrimonio infelice, Williams riesce a tracciare una storia che ci trascina fino alla fine. Le capacità di Stoner di superare i dispiaceri e le delusioni lo rende un piccolo Giobbe.
Un'unica passione sta alla base della sua vita ed è quella che lo accompagna fino alla fine:: la passione per l'insegnamento e per lo studio. Non a caso, l'unica volta che in lui si accende la passione amorosa, é quando vive la sua storia d'amore con Katherine, una studentessa/insegnante che condivide con lui l'amore per la cultura. Il capitolo finale sulla sua morte é un capolavoro.
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mercoledì 12 agosto 2015
Anna Karenina / Lev Tolstoj

Incipit:
Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.
In casa Oblonski tutto era sossopra. La moglie aveva scoperto una relazione amorosa del marito con una francese che era stata istitutrice in casa loro, qualche tempo prima, e gli aveva dichiarato che non poteva più vivere con lui sotto lo stesso tetto. Questa situazione durava da due giorni e si faceva sentire in modo penoso, tanto dai due coniugi quanto dagli altri membri della famiglia e sinanche dal personale di servizio. Tutti provavano l'impressione che la loro vita in comune non avesse più senso e che l'unione della famiglia e dei familiari di casa Oblonski fosse più effimera di quella delle persone che si trovavano casualmente riunite in qualsiasi albergo. La moglie non usciva dalle sue stanze; il marito era sempre fuori; i bambini correvano per la casa abbandonati a se stessi; l'istitutrice inglese aveva litigato con la governante e aveva scritto a un'amica pregandole di trovarle un altro posto; la sguattera e il cocchiere si erano licenziati.
In fondo Anna Karenina è la storia di tante famiglie ed inizia con la scoperta di un tradimento e di una crisi coniugale, che sarà superata grazie all'intervento pacificatore di Anna nei confronti della moglie del fratello fedifrago. Proprio Anna, venuta a Mosca in visita al fratello, si troverà travolta da una storia d'amore, intensa e piena di passione, con il bel ufficiale Vronskij, iniziata proprio in occasione di quella visita, nel corso del ballo a casa degli Oblonsky. Sarà la famiglia di Anna a diventare "infelice" ed i rapporti con il marito saranno sempre più conflittuali, fino alla rottura. Ma anche la nuova famiglia di Anna con Vronski, il sogno romantico di un nuovo amore, è destinata a finire con una conclusione tragica: il suicidio di Anna con la scena del treno che si riallaccia a quella, all'inizio del romanzo, quando Anna, arrivata alla stazione di Mosca, assiste alla morte di una persona sotto le ruote del treno,
Quindi, "famiglia infelice" quella di Stepan Oblosnsy (fratello di Anna) e marito di Dolly, anche se si tratta di una infelicità fatalisticamente accettata, grazie alla rassegnazione della moglie; "famiglia infelice" quella di Anna e del marito Karenin, con il figlio che, di fatto, Anna abbandona; "famiglia infelice", tranne il periodo di iniziale passione, quella "nuova" di Anna e di Vronsky, con qualche parentesi di serenità vissuta lontano dalla Russia.
C'è, tuttavia, una famiglia felice: quella di Levin e di Kitty, che, alla fine, coroneranno il loro sogno d'amore. Ma non è una felicità sdolcinata, passionale e scontata: è una felicità legata alla semplicità della vita in campagna, a continue meditazioni, ai confronti con le difficoltà e, anche, alla volontà di Levin (Tolstoj) di diventare migliore, di mettersi sempre in discussione e di autocriticarsi.
Nel romanzo, i protagonisti sono due: Anna, che si macera nella sua insoddisfazione, eroina tragica di una vita irrisolta e Levin, l'eroe positivo con le sue debolezze e nei suoi dubbi.
Personaggi:
Stepan (Stiva) Arkadic Oblonsky, ufficiale civile, marito di Darja (Dolly) Alexandrovna, fratello di Anna Karenina
Darja (Dolly) Aleksandrovna, moglie di Stepan (Stiva) Arkadic Oblonsky, sorella di Katerina (Kitty) Aleksandrovna-Scerbackaja
Konstantin Dimitric Levin, innamorato e poi marito di Katerina (Kitty) Aleksandrovna-Scerbackaja
Katerina (Kitty) Aleksandrovna-Scerbackaja, sorella di Darja (Dolly) Aleksandrovna
Sergej Ivanovich Koznystev, fratellastro di Konstantin Dimitric Levin
Nikolajv, fratello di Konstantin Dimitric Levin e di Sergej Ivanovich Koznystev
Anna Karenina, sposata con Aleksei Aleksandrovic Karenin
Aleksei Aleksandrovic Karenin, marito di Anna
Sereza, figlio di Anna Karenina e di Aleksei Aleksandrovic Karenin
Aleksej Kirillovic Vronskij, amante di Anna Karenina
Anna, figlia di Anna Karenina e di Aleksej Kirillovic Vronskij
Elizaveta (Betsy), amica di Anna, cugina di Aleksej Kirillovic Vronskij
Lidija Ivanovna, amica di Aleksei Aleksandrovic Karenin
Temi
- Ipocrisia: l'adulterio è permesso, anzi accettato, purchè rimanga nascosto
- Gelosia: presente in tutte le relazioni (Dolly/Stepan; Kitty/Levin; Anna/Vlonskj), ma è nella coppia Anna/Vlonskij che assune aspetti distruttivi
- Fede: al centro del personaggio di Levin, alter ego di Tolstoj
- Fedeltà/Infedeltà: infedele e simpaticamente superficiale Stepan, infedele tragica, Anna Karenina
- Famiglia: 3 famiglie principali
- Matrimonio: unico felice quello tra Levin e Kitty
- Società russa: pranzi, balli, feste, cose di cavalli, affari
- Agricoltura: contadini e politica agraria, possidenti terrieri.
- Viaggi: viaggio in Italia e terme
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domenica 26 aprile 2015
Il fantasma esce di scena / Philip Roth

Incipit:
"Non andavo a New York da undici anni. Tolta una visita a Boston per l'asportazione di una prostata cancerosa, in quegli undici anni non mi ero mai allontanato dalla mia strada di montagna dei Berkshire e, ciò che più conta, avevo di rado aperto un giornale o ascoltato le notizie alla addio dopo l'11 settembre, tre anni prima; senza alcun senso di perdita - ma semplicemente, all'inizio, con una sorta di aridità interiore - avevo smesso di vivere non soltanto nel gran mondo ma nel presente. Da molto tempo avevo soffocato l'impulso di starci dentro e di farne parte".
Libro da non leggere se si hanno problemi alla prostata ("E' così: il destino ti sta dietro le spalle e un giorno salta fuori e grida Buu! Cancro alla prostata").
Parla del ritorno a New York di Nathan Zuckerman, uno scrittore, dopo undici anni di vita appartata nei monti del New England, per fuggire alle minacce di un gruppo antisionista e anche agli avvenimenti del "presente".
E' un libro sul mondo della letteratura e sulla tendenza, da parte dei media e dei critici letterari, a voler trovare spunti autobiografici nelle opere di fiction. Ma c'è anche il tema della depressone, della tristezza della vecchiaia, che si manifesta nei problemi fisici (l cancro alla prostata, l'incontinenza), nella perdita progressiva della concentrazione e della memoria, nel vedere vecchiaia e malattia nella vecchia fiamma (l'incontro con Amy Ballette, malata di cancro al cervello). Ma la decadenza risalta soprattutto nell'incontro con una coppia di giovani sposi, Jamie e Billy, ai quali propone uno scambio di case, per rimanere un anno a New York. Jamie diviene un "sogno impossibile": il sogno di riuscire, nonostante la malattia e l'impotenza, a conquistarla, il sogno di ritrovare la giovinezza perduta.
Questo sogno si manifesta anche nello scontro con il giovane e vigoroso Kliman (che Nathan ritiene l'amante di Jamie): pieno di ambizioni e di entusiasmo, vorrebbe l'aiuto di Nathan per scrivere una biografia di Lonoff, uno scrittore dimenticato, riportando alla luce un "segreto" inconfessabile della sua vita giovanile.
Dopo questa immersione in una New York che appare notturna e quasi ipnotica, vista con gli occhi del "fantasma" Nathan, il vecchio scrittore tornerà a ritirarsi tra i suoi monti, lasciando i "fantasmi" Jamie, Kliman, Amy alla loro sorte.
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venerdì 24 aprile 2015
Spettri di Nietzsche / Maurizio Ferraris

Un libro demistificatorio su Nietzsche attraverso le sue opere e, soprattutto, i luoghi dove visse. Alla fine N. ne esce completamente ridimensionato, ma anche maggiormente capito. Ferraris riesce ad intrecciare riferimenti storici del passato con altri contemporanei o di epoche diverse, rimescolando luoghi e avvenimenti. Forse non a tutti piacerà, io l'ho trovato stimolante e divertente.
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Grandi speranze / Charles Dickens

Incipit:
"Poiché il cognome di mio padre era Pirrip, e il mio nome di battesimo Philip, la mia lingua infantile non riuscì mai a ricavare dai due nomi nulla di più lungo e di più esplicito di Pip. Così presi a chiamarmi Pip, e Pip finii per essere chiamato.
Che Pirrip sia il cognome di mio padre, lo affermo in base alla sua lapide funeraria e a mia sorella - Mrs. Joe Gargery, che sposò il fabbro. Siccome non vidi mai né mio padre né mia madre e neppure un loro ritratto (essi vissero infatti molto prima dei tempi della fotografia), le mie prime fantasie sul loro aspetto derivarono irragionevolmente dalle loro lapidi. La forma delle lettere su quella di mio padre mi suggerì la bizzarra idea che egli fosse un uomo tarchiato, robusto, con i capelli neri e ricci. Dai caratteri e dalla disposizione dell'iscrizione : "Anche Georgiana, moglie del suddetto", trassi l'infantile conclusone che mia madre fosse lentigginosa e malaticcia".
Un libro classico, romanzo di formazione. Uno di quei libri che hanno il potere di portarti in un altro mondo e in un altra epoca, a vivere avventure insieme a personaggi lontani, ma affascinanti. Il piacere di lasciarsi coinvolgere nella storia, dimenticando il presente, come quando si leggeva da ragazzi e si sognava il proprio futuro.
Lnks:
wikipedia
venerdì 27 febbraio 2015
Mister Pip / Lloyd Jones

Incipit:
"Lo chiamavano tutti Occhi di palla, e già allora, da tredicenne pelle e ossa, ero convinta che lui sapesse di quel soprannome, ma che non gliene importasse nulla. I suoi occhi erano troppo interessati a quello che gli stava davanti per far caso a noi ragazzini scalzi. Aveva l'aria di chi ha visto o provato tanto dolore da non riuscire più a scordarlo. Quegli occhi enormi sporgevano dal testone più che mai, quasi volessero staccarsi dalla superficie del viso. Facevano pensare a uno che ha una fretta indiavolata di uscire di casa."
Una storia vista con gli occhi di una bambina, Matilda, ambientata in un'isola del Pacifico, in un villaggio coinvolto negli scontri tra ribelli e truppe governative (i pellirossa). L'unico bianco è Occhi di palla, ovvero Mister Watts, ovvero Mister Pip, nome che assumerà alla fine. E' il nome del protagonista di Grandi speranze, il libro di Charles Dickens che Mister Watts leggerà ai bambini della scuola del villaggio. Sarà questo libro a coinvolgere i bambini e i loro genitori. L'Inghilterra vittoriana sarà rivissuta dai bambini, e da Matilde in particolare, in questa isola fuori dal mondo.
Un esempio di meta-letteratura. In complesso un libro leggibile, anche se non molto potente delle descrizione dell'ambiente e dei personaggi. Scorrevole, ma epidermico. Un grande merito: invita alla lettura di Grandi speranze: non è poco.
en.wikipedia
qlibri.it
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domenica 22 febbraio 2015
I racconti della Kolyma / Varlam Salamov
I racconti della Kolyma / Varlam Salamov. - Milano : Adelphi, 2010 (Gli Adelphi, 153). - 631 p. ; 18 cm. - Trad. di Marco Binni.

"Come si apre una strada nella neve vergine? Un uomo marcia in testa e bestemmiando, muovendo a stento i piedi, continuando a sprofondare nella neve molle, alta, va aventi, sempre più lontano, lasciando sul suo cammino buche nere e irregolari. Stanco, si stende sulla neve, si accende una sigaretta, e il fumo della machorka si spande in una piccola nuvola azzurra sopra la neve bianca, scintillante. Lui è già ripartito e la nuvoletta resta sospesa là dove si era fermato a riposare: l'aria è quasi immobile. Vengono sempre scelte delle giornate serene per aprire una strada, perché il vento on cancelli il lavoro umano. L'uomo trova da solo i punti di riferimento nell'infinità nevosa - una roccia, un albero alto - e guida il proprio corpo sulla neve come il timoniere guida la barca lungo un fiume, da un capo all'altro."
La testimonianza del gulag, nella Kolyma, è un libro di dura di sofferenza. Si prova quasi freddo leggendolo, quando ci si immerge nei racconti della prigionia in un ambiente durissimo. Freddo e fame. Il pane non viene masticato, ma succhiato lentamente. La solidarietà tra detenuti è rara, ognuno lotta per la propria sopravvivenza, giorno per giorno, guardandosi dai furti e cercando di trovare il proprio modo di resistere. Nemici sono le guardie, i capisquadra, i prigionieri comuni che godono di alcuni privilegi e sono più rispettati dei prigionieri politici. Le pene, le condanne sembrano piovere come eventi naturali, senza motivo e, come eventi naturali, si accettano fatalisticamente. Nei racconti, infatti, non emerge odio, ribellione, ma piuttosto un senso di rassegnazione al destino che è capitato. Inutile ribellarsi, inutili i tentativi di fuga. Solo la fortuna, per qualche incontro provvidenziale, la capacità di resistere al freddo, alla fame e alle malattie possono lasciare qualche possibilità di salvezza.
Wikipedia
Roberto Saviano I racconti di Kolyma - YouTube
Savano
venerdì 6 febbraio 2015
Tappe della disfatta / Fritz Weber

Incipit:
"E' un tiepido giorno di primavera, ma qui dentro, nella piccola cupola corazzata, fa fesso come in una cantina. Se stando la mano attraverso la feritoia, un alito d'aria calda l'accarezza. Di tanto in tanto un soffio a di vento spruzza di polvere i muri di cemento".
Inizia così in un forte solido e ben protetto del Trentino la testimonianza del tenente austriaco Fritz Weber, un combattente su quasi tutti i principali fronti della I guerra mondiale: il Trentino, l'Isonzo, l'Hermada, il Piave.
Il libro è anche un grande riconoscimento al valore e all'eroismo dei soldati italiani, descritti come "compagni" nella tragica vicenda di questa guerra sanguinosa. Sono nemici che condividono il freddo, la fame, le malattie e le crudeltà del combattimento. Non c'è odio o disprezzo per i nemici.
Il finale è quello della drammatica e confusa ritirata dal Piave verso l'Austria, attraverso il Friuli e la Slovenia. La guerra, iniziata in un bunker di un forte, diventa movimento frenetico, nel tentativo di sopravvivere alla fame, alla malattia e al fuoco nemico.
E' commovente il dialogo tra il tenente austriaco e il suo caporale Aschenbrenner, che, nel salutare il suo superiore per andare in licenza, gli comunica che non tornerà più. Un combattente, compagno di tante battaglie, più volte ferito, pluridecorato decide di disertare. Un segno che ormai la guerra è finita, per esaurimento fisico e morale.
" - Signor tenente - mormora quindi - glielo voglio dire: non torno più …
- Questo significa disertare, Aschenbrenner, - rispondo dopo un lungo silenzio. - Nella vostra qualità di vecchio soldato, saette che io dovrò segnalare il vostro caso e che vi aspetta il Tribunale di guerra.
Le sue guance si fanno di fuoco, gli occhi gli si inumidiscono, le mani tremano.
- Lo so, signor tenente, ma non ne posso più. Sei anni di questa vita: due di servizio di leva , quattro di guerra. Non ce la faccio più.
Anche questo mi aspettavo. Aschenbrenner, che nella vita civile è all'ultimo gradino della scala sociale, possiede un carattere di ferro. Se mai sono esistiti gli eroi è uno di essi".
Cosa c'è di più umano di questo riconoscimento di eroismo ad un disertore?
Se si vuole capire la frase di Diaz, nel Bollettino della vittoria su tantissimi monumenti: "I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza", è utile leggere i capitoli finali di questo libro. Risulta chiaramente cosa significa in disordine e senza speranza". Al contrario di Caporetto, una ritirata definitiva.
"L'ultimo atto del gigantesco dramma è incominciato. Una vera e propria fiumana uscita dall'inferno di fuoco attraverso cento camminamenti, sentieri, campi straripa sugli argini, si gonfia, sbocca impetuosa nelle strade: uomini, cannoni, automobili, cavalli, carri e di nuovo uomini, uomini, uomini. La terra brucia sotto i piedi, il terrore ottenebra il cervello, ognuno si sente nemico dell'alto."
Nella tragica ritirata si spezzano i legami tra i popoli che avevano combattuto insieme nell'esercito imperiale austro-ungarico: bosniaci, sloveni, cechi, polacchi, ungheresi rivendicano le loro nazionalità e l'impero si sgretola definitivamente, salvando, tuttavia, il proprio onore.
Links:
Wikipedia
Debaser
Tentinocultura
domenica 4 gennaio 2015
Un'eredità di avorio e ambra / Edmund de Waal

Un'eredità di avorio e ambra / Edmund de Waal ; traduzione di Carlo Prosperi. - Torino : Bollati Boringhieri, c2011 (Varianti). - 397 p. ; 20 cm. - Tit. orig.: The Hare with Amber Eyes. A Hidden Inheritance. ****
Una storia di una famiglia ebraica cosmopolita, originaria di Odessa, ma presente nelle varie generazioni a Parigi, a Vienna, in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Giappone. Lo spunto per l'indagine storica è dato dalla collezione di netsuke giapponesi, inizialmente presenti a Parigi, raccolti da Charles Ephrussi, un personaggio molto proustiano, amante dell'arte e collezionista di opere artistiche. La parte parigina della storia presenta una famiglia ricca che si impone nella società francese, per la sua raffinatezza e per il suo gusto artistico. Successivamente ritroviamo i netsuke a Vienna, offerti da Charles come regalo di nozze, nella casa di Viktor e della sua sposa Emmy. Diventano dei giocattoli nelle mani dei figli: Elisabeth (la nonna dello scrittore), Gisela e Ignace. La parte viennese del racconto è quella più drammatica, in quanto si lega alla persecuzione antiebraica dei nazisti, che porterà alla distruzione delle ricchezze famigliari e alla dispersione della famiglia nel mondo, in Svizzera, Inghilterra, Messico e Stati Uniti. Sarà lo zio dello scrittore, Ignace, a portare i netsuke, fortunosamente salvati a Vienna dalla fedele cameriera Anna, al loro luogo di origine, il Giappone.
Una storia avvincente, scritta con uno stile raffinato e appassionatamente legata alla dimensione estetica degli oggetti, che prendono vita nelle storie dei loro diversi possessori. Oggetti fragili come i netsuke, ma anche oggetti più solidi e appariscenti, come i grandi palazzi di Parigi, di Vienna e di Odessa, i quadri, i tappeti, gli orologi, i lbri antichi, i vestiti.
Un esempio a caso:
Nello spogliatoio i bambini scelgono il loro netsuke preferito e ci giocano sul tappeto paglierino. Gisela adora la ballerina giapponese che tiene il ventaglio corno la veste di broccato, mentre esegue un passo di danza. A Iggie piace i lupo, un energico groviglio scuro di membra, segni leggeri lungo i fianchi, denti digrignati, occhi scintillanti. E anche la fascina legata con la corda, e il monaco addormentato sulla ciotola delle offerte, del quale si vede solo il cocuzzolo della testa pelata. C'è anche il pesce disseccato, tutto squame e occhi avvzziti, con il topolino che ci zampetta sopra con aria di possesso.
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