sabato 10 luglio 2010

L'eresia si Spinoza / Steven Nadler


L' eresia di Spinoza. L'immortalità e lo spirito ebraico di Steven Nadler. Torino : Einaudi, c2005

Incipit:
E' uno splendido mistero. Nel 1656, Bento de Spinoza aveva ventitré anni. Era un rampollo di una famiglia abbastanza in vista, ma non troppo ricca, della comunità sefardita di Amsterdam ...Aveva grandi doti intellettuali che certo non erano passate inosservate agli occhi dei rabbini. Forse Baruch (nome che significa, sia in ebraico sia in portoghese, "benedetto") era stato addirittura destinato a una carriera di rabbino. A diciassette anni, invece, fu costretto a interrompere gli studi. Il fratello maggiore, Isaac, era infatti morto nel frattempo, cosa che costrinse il giovane Bento a occuparsi degli affari di famiglia, impegnata in attività commerciali. nel giro di pochi anni, sul finire del 1654, quando anche il padre morì, Spinoza si ritrovò alla guida della ditta di famiglia ... Poi il 27 luglio 1656 ... il seguente proclama fu letto in ebraico, dinanzi all'arca della Torah, nell'affollatissima sinagoga dell'Houtgracht:

I Senhores della ma' amad da lungo tempo a conoscenza delle opinioni e delle azioni malvagie di Baruch de Spinoza, hanno cercato in vari modi e con diverse promesse di farlo tornare sulla retta via. Ma non essendo riusciti a correggerlo in alcun modo e continuando viceversa a ricevere quotidianamente informazioni fondate sulle abominevoli eresie che egli ha compiuto e insegnato, nonché dei suoi atti mostruosi, e disponendo di numerosi testimoni credibili ... hanno deciso ... che il suddetto Espinoza sia scomunicato ed espulso dal popolo di Israele. Su decreto degli angeli e su ordine dei santi, noi scomunichiamo, espelliamo, malediciamo e danniamo Baruch de Espinoza ... che egli sia maledetto di giorno e maledetto di notte, maledetto quando si sdraia e maledetto quando si alza, maledetto quando esce e maledetto quando rientra. Il Signore non lo risparmierà: al contrario, la collera del Signore e la sua gelosia su abbatteranno su quest'uomo, e tutte le maledizioni scritte in questo libro [la Torah] penderanno su di lui, e il Signore cancellerà il suo nome da sotto il cielo. Il Signore lo allontanerà con tutto il male dalle tribù di Israele, in obbedienza a tutte le maledizioni scritte in questo libro della legge"

Il libro cerca di rispondere alla domanda del perché verso Spinoza fosse proclamato un cherem (bando) così duro, il più duro mai emesso dai rabbini della comunità ebraica di Amsterdam. Vengono analizzate le posizioni filosofiche di Spinoza, in rapporto alle opere di carattere religioso scritte dai rabbini di Amsterdam, della produzione di Maimonide e di Gersonide, i più influenti filosofi ebrei. Il punto nodale che emerge e che spiega, alla luce delle argomentazioni dell'autore, la durezza del cherem, è la questione dell'immortalità dell'anima e della sua sopravvivenza dopo la morte, negata decisamente da Spinoza. Tale negazione, che pure in un contesto diverso avrebbe potuto essere tollerata, in quanto non facente parte dei dogmi della religione ebraica, nella particolare situazione politica degli ebrei olandesi, fuggiti dalle persecuzioni spagnole, molti dei quali ex conversos (ex convertiti con la forza al cattolicesimo) e, quindi, timorosi di scontentare le autorità olandesi, apparve scandalosa e intollerabile. Spinoza diventa un caso emblematico, per cui la sua negazione dell'immortalità dell'anima deve essere punita in modo esemplare. Ma lasciamo parlare l'Autore che, nella parte finale, sintetizza con chiarezza i motivi di un bando così duro:
"Solo, il bando di Spinoza ... è particolare: è il più violento e collerico mai pronunciato dai chachamin di Amsterdam. E ciò per una ragione precis, come ho cercato di mostrare, ossia perché una certa tesi di Spinoza era davvero intollerabile. Oltre a negare la paternità mosaica del Pentateuco, oltre a sostenere che Dio esiste solo in un senso filosofico, Spinoza negava l'immortalità dell'anime. E la Amsterdam ebraica del seicento non era certo il posto giusto per farlo".
Interessanti anche le pp. 178-185 sull'utilizzo della speranza e del timore da parte delle istituzioni religiose (ma anche di quelle politiche) per controllare e tener a bada i fedeli e i sudditi.

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