mercoledì 22 agosto 2012

I personaggi de "La montagna magica"


I personaggi della Montagna magica[1]
(edizione Meridiani Mondadori)


Nel lungo romanzo di Thomas Mann, sono presenti centinaia di personaggi minori, descritti in modo approfondito o, molto spesso, con semplici ed efficaci pennellate. Per orientarsi nel ricchissimo e complesso mondo del romanzo, ho suddiviso i personaggi in 4 gruppi:

       -          personaggi della famiglia di Hans Cantorp
       -          personaggi che lavorano al Bergof
       -          personaggi esterni al Bergof
       -          personaggi ricoverati al Bergof

Ho volutamente tralasciato di analizzare il protagonista, Hans Castorp (HC), in quanto la sua vicenda coincide interamente con il romanzo e il cugino Joachim, che, pur ricoprendo un ruolo minore, va considerato quasi un co-protagonista. In sintesi, lo scopo di questo lavoro è quello di far emergere i personaggi “minori” e gli eventuali temi che sono ad essi legati.
E’ evidente che, affrontando i personaggi “minori”, emergerà anche il legame che ciascuno di questi ha con il protagonista e con i diversi temi che emergono nel corso della vicenda.

Su Hans Cantorp, vale la pena sottolineare le definizioni che di lui vengono date da altri personaggi:
       “un giovane uomo come tanti altri”, questa è la prima definizione, data dall’Autore
       “un riottoso figlio della vita”, la bellissima definizione di Settembrini, che Hans fa sua
       “un joli burgois”, così lo vede Clawdia
       “non eroico eroe”, definizione di Thomas Mann

Hans Cantorp e famiglia

Tra questi personaggi (19) consideriamo sia i veri e propri parenti di Hans, sia quelli che interagiscono con lui, nella prima fase della sua vita, prima del viaggio al Bergof:

la mamma di Hans muore quando Hans aveva 5 anni, “in modo assolutamente inatteso e in prossimità di un parto, per via di un’occlusione arteriosa dovuta ad una malattia vascolare che aveva provocato un istantaneo arresto cardiaco, un’embolia come l’aveva definita il dottor Heidekind. Stava ridendo, seduta sul letto, quando si accasciò, in apparenza per le risate, e invece perché era morta” (p. 29). 
Questa morte strana e un po’ spiazzante anticipa un’altra morte, quella di una ricoverata, detta “la semprepiena”, anch’essa morta tra le risate (Tema della morte).

Il padre di Hans muore quando Hans ha 7 anni di polmonite, curato anch’egli dal Dr. Heidekind.
"[Poco dopo la morte della moglie] si buscò una polmonite, e poiché il suo cuore era scosso non resse alla febbre alta, nonostante la cura che il dottor Heidekind gli prodigò, morì in capo a cinque giorni …(29) (Tema della morte).

JOACHIN ZIEMMSEN, cugino di Hans, è il figlio della sorellastra della mamma di HC

Dr. HEIDEKIND, è il medico di famiglia, che aveva diagnosticato l’embolia della mamma di HC, la polmonite del padre e che poi lo aveva preso in cura.
 “Certo, fin dall’inizio era stato un po’anemico, lo diceva anche il dottor Heidekind che ogni giorno, per la terza colazione dopo la scuola, gli faceva somministrare un bel boccale di Porter” (44) 
“Ogni volta che lo incontrava, il dottor Heidekind lo rimproverava e prescriveva un cambiamento d’aria, che però doveva essere radicale” (53). Anche il dottor Beherens diagnostica immediatamente la sua anemia (263). 
Il Dr Heidekind è colui che spinge HC a prendersi un periodo di riposo al Bergof:
“… ma essenzialmente sono venuto [dice HC] per ristorarmi un po’, su prescrizione del dottor Heidekind (270)

HANS LORENZ CASTORP, nonno di Hans, senatore è una figura importante nell’infanzia del protagonista. Dopo la morte dei genitori HC vive a casa del nonno, di cui assumerà anche il portamento. Gli episodi centrali nelle pagine che descrivono questo periodo sono: il pranzo con il nonno, la vaschetta battesimale utilizzata dalla famiglia che il nonno mostra ad Hans (32-35), la morte e il funerale del nonno.
“… aveva una natura tetragona e tenacemente attaccata alla vita … parlava in dialetto basso tedesco … gli mancava il senso dell’umorismo … (30)
"… i gesti sobri e accurati con cui le belle e vecchie mani del nonno, bianche scarne, le unghie bombate e appuntite e il verde anello araldico sull’indice destro, infilzavano con metodo un boccone di carne…(31) (Tema delle mani, vedi quelle di Clawdia Cauchat) 
“… era segaligno e alto di statura. Gli anni avevano incurvato la sua schiena e la nuca, ma egli cercava di compensare quel suo essere curvo spingendo il busto in senso contrario talché la bocca, le cui labbra non erano più sorrette dai denti e poggiavano direttamente sulle nude gengive … inclinava con dignitoso sforzo verso il basso, e da tutto questo, oltre che dal tentativo di rimediare a un incipiente tremolio del capo, scaturiva la posizione severa, sostenuta, col mento ritratto, che tanto piaceva al piccolo HC” (37) (Tema della posizione severa)
“Amava la tabacchiera … faceva uso di fazzoletti rossi … era come appariva in un dipinto, un ritratto a grandezza naturale … la severa toga civile … [Nel ritratto] era in piedi, il mento reclinato, la bocca piegata all’ingiù, gli occhi azzurri e dallo sguardo pensoso, fortemente cerchiati volti in lontananza … le snelle gambe del vecchio erano infilate in calze di seta nera … portava la larga gorgiera inamidata e pieghettata (37-38) (Tema del ritratto e tema della gorgiera)
“aveva combattuto strenuamente contro la polmonite … e ora giaceva, non si capiva bene se vincitore o sconfitto, ma in ogni caso con espressione severa e pacificata … il capo sostenuto dal guanciale di seta così che il mento poggiava magnificamente nell’incavo anteriore della gorgiera onorifica”(39) (Tema della gorgiera e della morte)
“Quello che giaceva lì, o meglio: la cosa che giaceva lì, insomma, non era il nonno, era un involucro…. solo di materia: una vera indecenza ma non particolarmente triste … tanto poco triste quanto possono esserlo le cose che hanno a che fare col corpo e solamente col corpo.(41) (Tema della morte e della corporeità)
“… in quel mentre [quando HC parla di Clawdia] imitava il modo del vecchio Castorp di sostenere il mento e la dignità” (303) (Tema della posizione severa)
“Hans Castorp stava seduto e la guardava imitando la postura sostenuta del mento che era stata di suo nonno, tanto da somigliare al nonno in modo davvero ridicolo” (312) (Tema della posizione severa)
“… standole accanto col suo volto pallido e gli occhi azzurri dallo sguardo pensoso di suo nonno” (496)“… sicché il dignitoso modo di sostenere il mento che era stato proprio di Hans Lorenz Castorp era ormai diventato per lui quasi un’abitudine consolidata e quando se ne avvaleva non mancavano di tornargli alla mente, quasi di soppiatto, il colletto alto e rigido del vecchio nono, la forma ad interim della gorgiera onorifica, l’oro sbiadito” (373) (Tema della gorgiera e della posizione severa)
“Tuttavia non trovava inopportuno che lo sforzo connesso con tale attività lo costringesse a sostenere il mento, poiché questa postura si adattava alla dignità interiore che il “governare” gli conferiva al cospetto dell’immagine sublime che gli fluttuava davanti” (575) (Tema della posizione severa)“[durante il duello tra Naptha  Settembrini] Hans Castorp imitava suo nonno nella postura sostenuta del mento perché gli tremava la nuca” (1042) (Tema della posizione severa) “non mancavano di tornargli alla mente, quasi di soppiatto, il colletto alto e rigido del vecchio nono, la forma ad interim della gorgiera onorifica, l’oro sbiadito” (373) (Tema della gorgiera spagnola)
Il nonno è ricordato da Hans anche in relazione al nonno di Settembrini, due uomini diversissimi ma accomunati dal rifiuto del loro tempo:
“Vide la testa sottile del vecchio Hans Lorenz … Ed ecco che tutti e due [i nonni di Hans e di Settembrini] erano sempre andati in giro vestiti di nero, il nonno del nord e quello del Sud, tutti e due allo scopo di frapporre una rigorosa linea di demarcazione tra sé e un perfido presente”(225).

FIETE, cameriere del nonno“serviti dal vecchio Fiete, che portava orecchini, bottoni d’argento sul frac e, sul medesimo frac, una cravatta di batista identica a quella del suo padrone nella quale, proprio come lui, nascondeva il mento ben rasato” … [il nonno] gli dava del tu e parlava con lui in dialetto basso-tedesco …”(30)
“gli occhi rossi del vecchio Fiete” (39)“Il vecchio Fiete la scacciò [la mosca] con cautela, guardandosi, nel far ciò, dallo sfiorare la fronte, e rabbuiandosi pudicamente in volto, quasi non gli fosse lecito e non volesse saper nulla di quello che stava facendo … era la sua un’espressione di costumatezza dovuta evidentemente al fatto che il nonno era ormai solo corpo e nient’altro” (42) (Tema del pudore e della corporeità).

Sagrestano Lassen, viene ricordato dal nonno  a proposito della vaschetta e del battesimo di Hans.
“Il sagrestano Larsen di san Giacomo la versò [l’acqua] nel cavo della mano del nostro buon pastore Bugenhagen e di lì essa passò sul tuo capo e poi nella vaschetta” (34)

BUGERHAGEN, buon pastore, ricordato dal nonno, sempre a proposito del battesimo (vedi sopra). E’ presente al funerale del nonno:
“Vi furono poi le esequie, il salone era pieno di gente ed il pastore Bugenhagen della chiesa di San Michele …, indossando la gorgiera spagnola, tenne l’orazione commemorativa … si intrattenne molto affabilmente con il piccolo HC” (42) (Tema della gorgiera spagnola e tema della morte).

HESEKIEL, pastore, battezza il papà di Hans ed è ricordato dal nonno.

TIENAPPEL, zio della mamma di Hans, prozio di Hans, console, commerciante di vini. Nella sua casa, dopo la morte del nonno, Hans trascorre una dorata giovinezza.”… andò a vivere a casa del console Tienappel, che era stato nominato suo tutore e lì non mancò di nulla … zio della defunta madre di Hans, amministrò l’eredità dei Castorp … era un uomo influente, vestiva con le migliori stoffe inglesi, aveva occhi azzurri e sporgenti nascosti dagli occhiali d’oro, naso florido, barba grigia da marinaio e portava un fulgido brillante al tozzo mignolo della mano sinistra … Sua moglie era morta da tempo” (43)
“il console Tienappel aveva poi appeso [il disegno di un’imbarcazione fatto da HC] nel suo ufficio privato … [riprodotta] con tale amabilità e accuratezza da indurre qualcuno a dire al console che il ragazzo aveva del talento e che si poteva farne un buon pittore di marine” (49).
E’ evidente che la vocazione di HC alla professione di ingegnere nautico si basa su futili motivi , anche per un certo periodo, nel corso del ricovero al Bergof lo vediamo intento alla lettura di un manuale di nautica.
Nella casa del prozio sono finiti i trucioli della matita che Hippie presta ad Hans (vedi Hippie)
“Dove saranno finiti i trucioli? Lo scrittoio è in solaio a casa della zio Tienappel (179) (Tema Hippie/Clawdia)
“deve sapere che i miei, a casa, consistono in tre zii, un prozio [Tienappel] e due suoi figli” (287)“Nemmeno dieci cavalli lo trascinerebbero quassù! Mio zio è predisposto all’apoplessia, pensi che è quasi senza collo” (288)
“ .. HC aveva scritto per tempo la sua lettera natalizia al console Tienappel con relazione clinica acclusa” (424)“ … e si limitavano queste risposte, ad alcune righe scritte a macchina, firmate James Tienappel, contenenti saluti e auguri di pronta guarigione da parte del prozio e talvolta anche del navigatore Peter” (572)
“ e quanto al prozio Tienappel stesso era ben noto che nemmeno dici cavalli lo avrebbero potuto trascinare in contrade dalla cui pressione atmosferica aveva da temere ogni sorta di guai” (630)
“Ci riferiamo alla recente dipartita del vecchio console Tienappel, il prozio e tutore di Hans di cui si è ormai sbiadito il ricordo. Aveva evitato con cura l’insalubre pressione atmosferica di quassù lasciando che fosse lo zio James a esporsi al ridicolo; alla lunga, comunque, non era riuscito a sfuggire ad un attacco apoplettico, e la notizia della sua scomparsa, breve e telegrafica ma redatta con delicatezza e cautela – rivolte entrambe più al defunto che non al destinatario della missiva – aveva raggiunto Hans Castorp mentre era disteso quassù nella sua eccellente sedia a sdraio, al che lui aveva comprato della carta bordata di nero e aveva scritto allo zio cugino [zio James] che, pur essendo già doppiamente orfano, sentiva ora di esserlo diventato un’altra volta, la terza, e si sentiva tanto più afflitto in quanto gli era rigorosamente vietato di interrompere la sua permanenza per accompagnare il prozio all’estrema dimora” (1057) (Tema della morte)
Come è evidente, Hans vive la sua infanzia e giovinezza sempre in mezzo a figure maschili, molti vedovi: il nonno, il prozio e gli zii.

zio JAMES, figlio di Tienappel, lavora nell’azienda vinicola del padre. E’ lui che tiene i rapporti epistolari con Hans e a lui viene assegnata la fallimentare missione di riportarlo a casa.
“… lavorava per l’azienda vinicola del padre e ne era l’erede designato”(43-44)“la domenica mattina in compagnia di James Tienappel o del cugino Ziemssen consumava … una colazione a base di panini con carne affumicata …(45-46)
“Mah deve sapere  che i miei a casa, consistono in tre zii, un prozio e due suoi figli con i quali ci trattiamo più che altro da cugini” (a Settembrini) (287)
“Scrisse a James Tienappel, che dei tre era lo zio a cui si sentiva più legato” (dà informazioni sulla sua permanenza al sanatorio) (328)
“Ai regali medesimi era acclusa una lettera di James Tienappel, scritta sulla sua spessa carta da lettere personale, ma a macchina. Lo zio inviava, anche da parte del prozio, auguri di buone feste e di pronta guarigione …” (424)
“… alcune righe scritte a macchina, firmate James Tienappel, contenenti saluti e auguri di pronta guarigione da parte del prozio e talvolta anche del navigatore Peter” (HC riceve i soldi e qualche lettera, p. 572)
“… un visitatore quale egli stesso era stato a suo tempo, un parente in visita, un ospite proveniente dalle terre basse e, per così dire, emissario di esse …, fu occupato, …  dallo zio di Hans, James Tienappel
Da pp. 630, i cap. Attacco respinto, in cui è presente lo zio James.
“offensiva delle terre basse”, ricognizione, emissario delle terre basse che voleva venire a vedere se ogni cosa era in ordine”: sembra quasi un’operazione militare, un tentativo fallito di “liberare” Hans dalla sua comodo vita nelle terre alte (630 e seguenti).
“James Tienappel, che Hans Castorp chiamava alternativamente ‘zio James’ e semplicemente ‘James’, era un signore dalle gambe lunghe sulla quarantina, portava abiti di stoffa inglese e biancheria candida, aveva i capelli radi d’un giallo canarino, occhi azzurri ravvicinati, corti baffetti color paglia rasati per metà e mai curate come meglio non si potrebbe. Marito e padre da alcuni anni senza per questo essere stato costretto a lasciare la grande villa del vecchio console … sposato con una giovane donna appartenente al suo stesso ceto sociale, civile e raffinata al pare di lui, che, come lui parlava a bassa voce, rapidamente e con arguta cortesia, era in casa propria un uomo assai energico, circospetto e, pur con tutta la sua eleganza, freddamente realista, mentre in loghi dove vigevano usanze diverse [come il Bergof, ad esempio] … il suo carattere assumeva una certa precipitosa condiscendenza, una cortese e sbrigativa disponibilità a rinnegarsi …”
“Così ebbe termine il tentativo delle terre base di riportare indietro il fuoriuscito HC. Il giovane non nascondeva a se stesso che il completo fallimento, da lui previsto, era di importanza decisiva per i suoi rapporti con quelli di laggiù. Per le terre basse equivaleva ad una rinuncia, a un’indifferente alzata di spalle, mentre per lui significava la completa libertà, al pensiero della quale il suo cuore non tremava più” (648).
Ma non solo lo zio fallisce nel suo tentativo: ad un certo punto è vittima di una fase di istupidimento e fa galanti approcci ad una signora ricoverata.
“… aveva inizialmente prestato particolare attenzione a una certa signora Redish, la moglie di un industriale polacco … Tuttavia, la domenica sera, dopo cena, il console aveva  scoperto nell’atrio, grazie allo scollato abito nero con pallettes da lei indossato, che la signora Redisch possedeva due grandi seni di un banco opaco, fortemente compressi, il cui solco si scorgeva anche da lontano, e questa scoperta aveva scosso ed entusiasmato nel profondo l’animo di quell’uomo maturo e raffinato, quasi che si trattasse di una faccenda nova, insospettata, e inaudita.”
Anche lui rischia di restare avviluppato nella rete del Bergof. Solo una fuga rapide ed improvvisa mette fine alla sua rischiosa missione.

zio PETER, figlio di Tienappel, è in marina.
“era in marina e stava poco in casa” (43)
“deve sapere che i miei, a casa, consistono in tre zii, un prozio [Tienappel] e due suoi figli” (287).
Peter, quello che viaggiava per mare (6309

SCHALLEN, governante della casa Tienappel, è la sola figura femminile della cerchia di Hans e gli fa da madre. E’ lei che provvede ad inviare le cose di cui Hans ha bisogno.
“Del governo della casa si occupava da molti anni Schallen, la figlia di un orefice di Altona, che portava guarnizioni di pizzo inamidate intorno ai polsi cilindrici. Era lei a provvedere che il tavolo della colazione e del pranzo fosse ben fornito … sorvegliava i domestici a ore … ed era sempre lei a fare da madre, come meglio poteva, al piccolo HC” (44).
“il piccolo tesoro di biancheria accuratamente cifrata riposto nei tiretti inglesi del suo armadio era amministrato al meglio da Schallen”(46)Tema della biancheria (vedi Tavolo Russi cattivi)
A Settembrini: “Ho informato i miei parenti e così la nostra governante mi ha spedito tutto per espresso” (355)
“… insieme alla biancheria e ai vestiti invernali si era fatto mandare da Schallen anche altri cinquecento pezzi di quella mercanzia di Brema, così da restarne fornito” (370) (Tema dei sigari Maria Mancini)
Hans Castorp sapeva che il pacco delle provviste era stato confezionato da Schallen, la quale aveva anche provveduto a comprare i regali, dopo essersi consultata con gli zii” (424)
A Naptha (sull’ermetismo): “Mi perdoni, ma mi vengono in mente i barattoli di vetro che la nostra governante di Amburgo – Schallen si chiama, senza signora o signorina, semplicemente Schallen – tiene allineati sugli scaffali della sua dispensa … barattoli con chiusura ermetica pieni di frutta, di carne e di mole altre cose ancora” (ironicamente l’ermetismo, tema alto di cui parla Naptha, riporta alla mente di Hans i barattoli chiusi ermeticamente dalla governante.

WILMS, vecchio, offre lavoro ad Hans presso la Ditta  Tunder & Wilms.
“… il quale al tavolo di whist domenicale del console Tienappel osservò che Hans Castorp avrebbe dovuto studiare ingegneria navale … e venire a lavorare da lui”(50).

EBERDiNG, ufficiale medico che riforma Hans, il quale evita così il servizio militare per raccomandazione, diverso dal cugino Joachim (borghese/militare).

HIPPIE PRIBISLAV, il compagno di scuola di Hans, il cui ricordo sarà legato al suo innamoramento per Calwdia. In particolare Hans ricorda il suo “innamoramento per Hippie, che raggiunge il culmine con la richiesta di una matita che Hand ottiene in prestito da H (vedi i trucioli rimasti, dopo averla temperata, nel tavolo del prozio Tienappel). Ed è sempre una matita che Hans chiederà a Clawdia, nella fatale notte del veglione carnevalesco al Bergof.
Ricordo/sogno di H: “Un insegnante col cappello a cencio sorvegliava il viavai addentando un panino col prosciutto. Il ragazzo con cui stava parlando Hans Castorp si chiamava Hippie, Pribislav di nome … Figlio di un professore di storia del ginnasio, alunno modello e già una classe Avanti a Hans Castorp, originario del Mecklenburg, una fusion di sangue germanico e salvo-sorabico o viceversa. Era bensì biondo, sul cranio rotondo i capelli erano cortissimi, occhi tra il grigio e l’azzurro o tra l’azzurro e I grigio, avevano un colore indistinto e ambiguo, simile a quello di una montagna lontana, presentavano un taglio particolare, sottile, un po’ oblique, con gli zigomi sporgenti e molto pronunciati. Fisionomia non appariva sgraziata, anzi attraente, soprannome di “chirghiso”. Pantaloni lunghi e una giubba azzurra accollata e attillata sul dorso, sul colletto della quale soleva depositarsi un po’ di forfora del cuoio cappelluto” (174-178) (Tema dell’aspetto asiatico, vedi Clawdia)
 “gli occhi di Clawdia … per posizione, colore ed espressione assomigliavano in modo sorprendente e spaventoso a quelli di Pribislav Hippie… Erano proprio gli stessi occhi” (213)
Pribislav Hippie non gli appariva più in carne e ossa come undici mesi addietro” (573) (Tema dell’adattamento)
Gli ricordava la luce e il colore di certi occhi oblique dallo sguardo fatale, che il signor Settembrini dalla sua prospettiva umanistica aveva definite con disprezzo “fessure tartare” e “occhi da lupo della steppa” … occhi osservati tanto tempo addietro e inesorabilmente ritrovati, gli occhi di Hippie”  (706) (Tema dell’aspetto asiatico).
“So tutto del genere mano. Ho conosciuto la sua carne e il suo sangue, ho restituito alla malata Clawdia Chauchat la matita di Pribislav Hippie” (711) (Tema della matita).

Zia veggente (zia di Tienappel), ricordata da Hans, in occasione della radiografia.
“Aveva sentito parlare di una signora, una parente dei Tienappel morta da molto tempo – che pareva fosse stata dotata o vittima, di un dono grave, che aveva portato con umiltà, il quale consisteva nel fatto che le persone in procinto di morire le apparivano come scheletri” (Tema della morte).
“sentiva comprensione per il malinconico destino di quella zia veggente” (319-320)
“Egli guardava dunque una parte ben nota del proprio corpo con gli occhi di quell’ava dei Tienappel dagli occhi penetranti che vedevano il futuro, e per la prima volta in vita sua capì che sarebbe morto” (321) (Tema della morte).

Luise Ziemssen, mamma di Joachim, zia di Hans.
La nomina Joachim quando si ribella: “Mia madre è d’accordo. E’ tutto stabilito. Il primo ottobre mi arruolerò come aspirante ufficiale nel settantaseiesimo” (615)
“Parlava di sua madre, la zia acquisita di HC, che aveva occhi dolci e neri come quelli di Joachim e che non lo aveva visto per tutto il tempo che egli aveva trascorso sulla montagna…” ((622)
“a scrivergli [ad HC] non fu Joachim – forse perché non era in grado di farlo o magari perché si vergognava – ma sua madre la signora Ziemssen … Annunciava che i medici ritenevano indispensabile concedere a Joachim un congedo di alcune settimane. Consigliavano alta montagna, prescritta partenza immediata, pregasi riservare due stanze. Risposta pagata. Firmato zia Luise (738)
“Poi dalla porta di comunicazione comparve la signora ZiemssenLuise Ziemssen aveva gli stessi begli occhi neri e dolci di Joachim. I suoi capelli, anch’essi neri ma già abbondantemente striati di bianco, serbavano la loro piega ed erano tenuti in ordine grazie a una retina quasi invisibile, la qual cosa ben si adattava al suo modo di essere  più generale, riflessivo, misuratamente cortese e pacatamente raccolto, il quale, unito a una palese schiettezza d’animo, le conferiva un’aria dignitosa e gradevole”.
Non capisce le “turbolenti sensazioni” di Joachim, che si abbandona con il cugino ad una “allegria senza freni” e dice portando il gelo tra i due: “A quanto pare siamo dovuti arrivare fin qua perché ti sentissi di nuovo come il giorno delle tua promozione” … “ Aveva voluto introdurre un po’ di moderazione e serietà più che altro per questione di decoro, ignara del fatto che proprio la via di mezzo e la moderazione erano aliene al luogo nel quale si trovava e dove la scelta era sempre e soltanto tra gli estremi” (cioè tra la vita e la morte, pp. 744-745)
“Allontanatasi dal letto di Joachim, la signora Ziemssen, comprensiva, ragionevole, essendo tutt’altro che una donna sanguigna, propose l’autunno, più o meno il mese d ottobre, come termine per le dimissioni. … A lei il consigliere aulico piacque moltissimo” (747)
[ritorno al Bergof di zia Luise e morte di J) “Da allora in poi Joachim assunse in permanenza la posizione orizzontale e Hans Castorp lo scrisse a Luise Ziemssen … Joachim era costretto a letto … gli si poteva leggere negli occhi il desiderio di avere accanto sua madre … Nessuna sorpresa … se la signora Ziemssen si avvalse del più rapido dei mezzi di trasporto per raggiungere il figlio: arrivò tre giorni dopo l’invio di questa lettera … e Hans Castorp andò a prenderla con una slitta, nel bel mezzo di una tormenta di neve, alla stazione di Davos-Dorf… La signora Ziemssen dava l’impressione di esse arrivata a piedi da Amburgo. Col viso in fiamme [Tema del viso in fiamme]
“Joachim tenne la mano della signora Ziemssen tra le sue … Luise Ziemssen era una donna coraggiosa. Non si sciolse in lacrime e lamenti alla vista del suo valoroso figlio. Controllata e raccolta come i suoi capelli trattenuti da una retina quasi invisibile, flemmatica ed energica come notoriamente è la gente del suo paese natale, si assunse il compito di assistere Joachim, … spronata ad una materna combattività e nutrita dalla fede che, ammesso che qualcosa da salvare ancora ci fosse, tale salvezza sarebbe venuta soltanto dalla sua energia e dalla sua vigilanza (Tema della morte) (790-800).

compagno più forte che picchia HC.
“… e sebbene gli insegnanti, per riguardo alla sua posizione sociale, non avessero osato alzare le mani su di lui, pure, una volta, era stato picchiato da un compagno più forte, una vera canaglia che lo aveva colpito con il bastone flessibile sulle cosce e i polpacci, coperti delle sole calze, e gli aveva fatto un male cane, infame, indimenticabile, letteralmente mistico, sicché, tra profondi singhiozzi di vergogna, era scoppiato in lacrime di disperata afflizione” (672)

















[1] Le citazioni ed i numeri di pagina tra parentesi si riferiscono al volume: La montagna magica / Thomas Mann ; traduzione di Renata Colorni. Arnoldo Mondadori, Milano, 2010 (I meridiani).

martedì 17 luglio 2012

Benvenuti in tempi interessanti di Slavoj Zizek

È un libro composto da vari saggi che trattano temi diversi, ma che sono legati dalla constatazione che non stiamo vivendo un crisi "normale", come quelle del passato, ma che la nostra epoca è caratterizzata da una crisi di sistema. I tempi interessanti, che secondo un detto cinese sono una maledizione, sono quelli in cui prevale l'incertezza e che preannunciano rivolgimenti e cambiamenti profondi.
Zizek ha una grandissima capacità di far vedere, utilizzando riferimenti molto diversi tra loro, i lati nascosti dei problemi. È un vero "provocatore", nel senso positivo del termine, perchè dà la sveglia e ci fa uscire dal torpore della veritá comode. Per lui la crisi è crisi della democrazia e del capitalismo, per cui i rimedi tecnocratici, le piccole riforme del sistema non servono e sono dei semplici palliativi. Bisogna uscire, rilanciando un nuovo paradigma, che comporta la rivoluzione e l'adesione ad una rinata Idea comunista, che non è, naturalmente, quella realizzata nei paesi dell'est e nell'Unione Sovietica.Nel libro ci sono dei passi molto complessi, soprattutto quando Zizek fa riferimento a Lacan, dando per scontato che si conosca il pensiero di questo autore. Inoltre, mentre ho trovato stimolante la parte, per così dire "destruens" di Zizek, la sua caoacità critica che fa emergere i lati nascosti dei problemi, non mi ha convinto la parte "construens", anche se l'autore è il primo a sottolineare che si tratta di un problema aperto.
Il rilancio dell'Idea comunista e, quindi, un superamento rivoluzionario della societá capitalista, come dovrebbe realizzarsi? Su quali classi dovrebbe basarsi un cambiamento radicale della società? Quali garanzie avremo che non si ripetano gli errori del passato? Soprattutto, la mia obiezione personale è questa: l'Idea comunista presuppone un tipo di uomo e di umanità altruista e generosa, non individualista, ma la storiae l'esperienza personale mi ha dimostrato che proprio questa è una possibilità irrealizzabile, a mio avviso una vera impossibilita.

Come esempio per capire la grande capacità di Zizek di rivelare i lati nascosti, riporto qui un passo dal capitolo "Leitkultur? Sì grazie", nel quale parla del fondamentalismo:

Inoltre, i cosiddetti fondamentalisti, sia cristiani che musulmani, sono davvero fondamentalisti? Ciò che loro manca è una caratteristica semplice da individuare in tutti gli autentici fondamentalisti, dai buddisti tibetani agli amish americani: l'assenza di risentimento e invidia, che affonda le radici in una profonda indifferenza nei confronti dello stile di vita dei non credenti. Se i cosiddetti fondamentalisti di oggi credono di aver trovato la loro via ala Verità, perchè dovrebbero sentirsi minacciati dai nuovi credenti, perchè dovrebbero invidiarli? Quando un buddista incontra un edonista occidentale non lo condanna di certo ... Contrariamente ai veri fondamentalisti, gli pseudo fondamentalisti sono profondamente turbati e affascinati dalla vita peccaminosa dei non credenti. Può sembrare che, condannando l'altro e i suoi peccati, essi stiano lottando con la loro stessa tentazione. Ecco perchè i cosiddetti fondamentalisti cristiani e musulmani disonorano il vero fondamentalismo.

Recensione interessante di Pietro Piro 
Recensione di Stefano Scrima 

mercoledì 27 giugno 2012

Alessandro Magno di Pietro Citati

Incipit

"Alessandro Magno aveva l'abitudine di tenere il collo lievemente inclinato verso sinistra, come chi indugia riflettendo intorno a se stesso o a qualcosa.Lo sguardo, colmo di una effusa e liquida dolcezza, era quasi sempre rivolto verso l'alto, a inseguire i presagi, i cenni e le rivelazioni, che si affacciavano tra le nuvole del cielo".

Un piccolo libro sulla storia di Alessandro Magno che Citati riesce a far rivivere con la sua scrittura "emotiva"' e il caratteristico uso degli elenchi. Non si tratta di un "romanzo storico", per fortuna, nel quale è di moda accentuare e inventare, per stupire, servendosi della propria fantasia. È una storia che si basa sulle fonti e cerca di farle rivivere, senza nascondere le contraddizioni e le lacune.

In poche frasi, Citati ha condensato, per così dire, l'essenza di Alessandro, attraverso i suoi alti modeli: Achille, Ercole, Dioniso, Ciro il Grande di Persia."Come Achille ... desiderò, in primo luogo, di essere un eroe guerriero ... sempre in testa delle truppe". Da lui prese l'ira furiosa e l'amicizia disinteressata."Da Ercole ... apprese la virtù opposta: quella di sopportare con ostinata pazienza tutti i dolori del mondo"."Da Dioniso ... prese l'estrema mobilità che lo trasformò in un re vagabondo, la cui vera reggia era una tenda", "il desiderio e l'ansia di superare ogni limite e quella furia di lacerazione, che ogni tanto irrompeva terribilmente nella sua vita".Infine, "Alessandro venerò Ciro il Grande: estese il suo impero sono ai confini della terra conosciuta, conservò la stessa liberalità verso le tradizioni e le religioni dei popoli dominati". Divenne, con l'esempio dela sua breve vita, un modello altissimo per tutti i conquistatori successivi.

Alessandro il Grande, nato nel 357 da Filippo di Macedonia e da Olimpiade, morto a Babilonia, nel palazzo di Nabucodonosor , il 10 giugno 323.

venerdì 6 aprile 2012

Purificare e distruggere

 Purificare e distruggere / Michael Tregenza
I. Il programma "eutanasia"
Le prime camere a gas naziste e lo sterminio dei disabili (1939-1941) 

Un libro molto documentato, il cui punto centrale è la dimostrazione del rapporto tra il progetto "eutanasia" che portò all'eliminazione di circa 70.000 disabili in numerosi centri della Germania e la "soluzione finale della questione ebraica".
Fa impressione vedere le fotografie dei luoghi scelti per l'eliminazione dei disabili: castelli in mezzo ai boschi (Grafeneck), ex forti riadattati (Posen), istituti psichiatrici (Koscian, Sonnenstein, Bernburg, Hadamar), complessi carcerari (Brandeburg), palazzi signorili (Harteim). In questi centri, spesso in luoghi isolati, vicino a piccoli paesi, iniziò l'eliminazione dei disabili. L'esperienza maturata per affrontare i  problemi tecnici e logistici di questo progetto servì successivamente per l'attività dei campi di sterminio. In particolare, tra le modalità di soppressione degli esseri umani, furono sperimentati i farmaci, la fucilazione, l'uso del CO2. Il sistema più economico ed efficace risultò il gas. Era anche il sistema più "umano", dal momento che l'uccisione con la pistola provocava spesso stress e problemi psicologici agli esecutori. Il gas, sperimentato con successo nel progetto "eutanasia" (detto anche T4 dell'indirizzo degli uffici a Berlino dove si coordinava il progetto) permise successivamente di ridurre l'attività degli Einsatzgruppen, utilizzati sul fronte orientale per eliminare ebrei e civili. I membri di questi gruppi di assassini spesso tornavano dal fronte in preda a pesanti traumi. Nel corso di una visita al fronte, Himmler assistette ad una fucilazione di civili e ne fu turbato e suggerì di utilizzare metodi di eliminazione "più umani". Per superare questi problemi, si decise l'utilizzazione del gas, dapprima all'interno di autocarri chiusi ermeticamente, poi in camere stagne, infine, nelle sale con finte docce dei campi di sterminio. 
Ci fu anche una partecipazione ed un coinvolgimento diretto del personale del "progetto T4" nell'attività dei campi di sterminio.
Mi ha colpito il fatto che questo personale, che aderiva all'ideologia nazista e accettava totalmente l'attività di eliminazione dei disabili e poi degli ebrei, cadesse spesso in crisi e avesse bisogno dell'alcool per svolgere questa attività criminale. Certo non si trattava di crisi etiche: probabilmente la stessa parte bestiale dell'uomo non riesce, a livello inconscio, a considerare "normale" l'eliminazione del proprio simile, per quanto degradato dall'ideologia nazista a oggetto. Di lì i traumi psichici degli Einsatzgruppen, le depressioni, i tentativi di evitamento o di fuga ed anche i suicidi.
La scelta del gas appariva "più umana", perché veniva presentata come una scelta "tecnica", efficace e moderna. In fondo, era protagonista la chimica, bisognava conoscere quanto gas per metro cubo fosse necessario in rapporto alle persone da eliminare: c'era quindi necessità di misurare, calcolare scientificamente. Inoltre, gli inganni con le docce, l'utilizzo dei  camici bianchi, ecc. permettevano al personale di mascherare anche a se stessi, fino alla raccolta dei cadaveri, lo sporco lavoro omicida. Questi inganni rendevano psicologicamente più sopportabile e  asettica l'attività degli assassini, soprattutto perché non c'era l'uccisione faccia a faccia con lo sguardo della vittima davanti a sé, che caratterizza la tipica uccisione fatta con la pistola.. 

Editore Ombre corte 
Progetto T4 

domenica 1 aprile 2012

Precursori dello sterminio


Precursori dello sterminio

Binding e Hoche all'origine dell'"eutanasia" dei malati di mente in Germania


a c.E. De Cristofaro e C. Saletti


Il libro riporta e commenta due opere, scritte molto prima dell'avvento del nazismo da un giurista (Binding) e da uno psichiatra (Hoche), nelle quali si teorizza con grande abilità e finezza culturale l'opportunità o meglio la necessità di sopprimere quelle che vengono definite "vite non meritevoli di essere vissute".
Il titolo del testo di Binding, pubblicato nel 1920, è: “Die freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens”, cioè “La liberalizzazione (=autorizzazione) della soppressione delle vite senza valore”.
L'argomentazione molto raffinata, parte dalla constatazione che il suicidio non è punibile da alcuna norma giuridica; anche l'uccisione del consenziente, considerata un reato, ha molte attenuanti. L'eutanasia, nel senso di uccisione di un individuo sofferente, di un malato terminale, al fine di ridurre e di evitare il dolore inutile e prolungato "non è un'azione omicida, nel senso giuridico, bensì solo una variazione della causa di una morte già irrevocabilmente stabilita, e ormai irreparabile: è in verità un puro atto curativo". "L'eliminazione del tormento è anch'essa opera di cura".
Da questi punti sui quali si potrebbe concordare Binding effettua un notevole salto nel capitolo "proposte per una più  ampia liberalizzazione", che sarebbe "l'omicidio di un'altra persona non più consenziente, ma giudicata non meritevole di vivere".
"Ci sono vite umane che hanno a tal punto perduto la qualità di bene giuridico che la loro prosecuzione tanto per il titolare della vita quanto per la società, ha perduto ogni valore?"
Notare l'asettica espressione "titolare della vita". Questa è la grande domanda. Una risposta positiva a questa domanda, al di là della volontà dell'autore lascia intravedere la soppressione, l'eliminazione di vite ritenute inutili (da chi?) e poi, conseguentemente, le camere a gas per i malati di mente e, infine, l'olocausto ebraico.
“La loro vita [dei dementi incurabili] è assolutamente priva di scopo anche se essi non la percepiscono come insopportabile. La loro morte non lascerà un minimo vuoto - eccetto, forse, che nell'animo della madre o di chi li ha fedelmente assistiti. Dal momento che hanno bisogno di cure impegnative, essi creano le premesse perché sorga una professione il cui scopo è quello di prolungare per anni e decenni vite assolutamente indegne di essere vissute".
"Non trovo né dal punto di vista giuridico, né sociale, né etico, né assolutamente alcuna ragione per non liberalizzare la soppressione di questi individui, che delineano una terribile immagine rovesciata delle persone autentiche e destano orrore pressoché in chiunque li incontri - naturalmente non in tutti!"
Si tratta ragionamenti portati avanti con notevole abilità argomentative che potrebbero facilmente convincere, come un veleno ad azione lenta, in grado di intossicare le menti. A questo risultato ha contribuito il piccolo libro di cui parliamo, sia prima che dopo la presa del potere da parte dei nazisti.
Per la parte medica, lo psichiatra Hoche porta ulteriori motivazioni a favore della cosiddetta eutanasia delle vite non degne di essere vissute. In particolare sono messe in evidenza le motivazioni economiche:
“E’ risultato che la spesa media, annuale e pro capite, p la cura degli idoti, tocca sinora i 1.300 marchi. Qunado si conta il numero di idioti che si trova oggi, in Germania, negli Istituti di cura si arriva a un totale di 20-30.000. Se assumiamo il cso particolare di una durata media della vita di 50 anni, è facile stimare quale enorme capitale, sotto forma di alimentazione, vestiario e riscaldamento, sia sotratto al patrimonio nazionale per un fine improduttivo”.
Quindi spreco di risorse e di personale che potrebbe essere utilizzato per altri che meritano maggiormente di vivere.
Non mi pare casuale che questi scritti appaiano immediatamente dopo la Grande guerra e il grande bagno di sangue che ha prodotto. Essi vanno inquadrati nella situazione di crisi economica e sociale della Germania del dopoguerra. E’ proprio Binding che fa un riferimento preciso alla guerra quando scrive:
“Se si pensa a un campo di battaglia coperto da migliaia di giovani caduti o a una miniera … e se, nello stesso tempo, si immaginano i nostri asili per idioti con le meticolose cure prodigate agli internati – ebbene, si viene colpiti nel profondo da questa stridente stonatura che vi è tra il sacrificio su vasta scala del bene più prezioso dell’umanità da una parte, e la più grande assistenza prodigata a esistenze che, non solo, non posseggono alcun valore, ma rappresentano anche un valore negativo, dall’altra”. In fondo gli idioti sono degli “imboscati”!
Purtroppo, in situazioni storiche determinate, caratterizzate da crisi economiche, guerre, disordini, queste argomentazioni hanno notevoli possibilità di prendere forza, creando l’opposizione tra vite con valore positivo e vite con valore negativo. Alla fine, dietro le apparentemente sofisticate argomentazioni di Binding e di Hoche (e di altri precursori dl nazismo) si nasconde paradossalmente il ritorno dell’uomo allo stato naturale, l’homo homini lupus, pronto a tutto per imporre la propria energia vitale, anche a prezzo di utilizzare violenza, omicidio, strage e sterminio, naturalmente con il filtro di apparati e istituzioni moderne e perfettamente organizzate.


giovedì 1 dicembre 2011

La montagna magica / Thomas Mann


Il fascino di questo romanzo non sta nell'intreccio, nella trama che è molto semplice e riassumibile in poche righe.
Il protagonista Hans Castcorp,  proveniente da una ricchissima famiglia di Amburgo, rimasto orfano in giovane età, dopo la morte del nonno trascorre la sua giovinezza presso il prozio Tienappel. Prima di prendere servizio come ingegnere navale, su suggerimento del medico,  va a trovare il cugino Joachim, ricoverato nel sanatorio di Berghof a Davos.
Dovrebbe restare per tre settimane, ma poi con sua somma gioia, a causa di una febbre, viene ricoverato a tempo indefinito. Nel sanatorio si innamora di una donna russa, Clawdia Cauchat, nonostante la consideri sciatta e inferiore a lui. In una notte di carnevale, entra una specie di condizione sunnambolica e manifesta i suoi sentimenti, parlando con lei francese.
Subito dopo Clawdia viene temporaneamente dimessa dal sanatorio per un periodo, il cugino mette in atto una dimissione “selvaggia” (contro il parere dei medici), per realizzare il suo sogno di carriera militare- Hans resta da solo e si adatta sempre di più alla vita del sanatorio.
Ci sarà, poi, il ritorno definitivo del cugino ammalato, la sua triste e coraggiosa morte e, successivamente, tornerà Clawdia in compagnia di uno strano personaggio, l’olandese Mynheer Peeperkorn, che Hans ammira e di cui diventa amico. Le vicende si intrecciano con i densi dialoghi, vere e proprie battaglie intellettuali tra Settembrini (l’italiano che si propone fin dall'inizio come pedagogo di Hans), Naptha, un gesuita ammalato che vive fuori dal sanatorio e che avrà come vicino settembrini, quando questi si dimetterà per andare a vivere a Davos.
All'arrivo dell'olandese gli scontri intellettuali avverranno alla sua presenza, ma sempre più appariranno vuoti e inutili. Alla fine ci sarà il suicidio di Peeperkorn e, successivamente, il drammatico duello tra Settembrini e Naptha, con il suicidio di quest'ultimo. L'ultimo capitolo vede Hans nella melma delle trincee della guerra ed emergerà che tutto quanto è stato raccontato, forse, non era altro che i sogno di Hans.
Il fascino sta nella capacità descrittiva dei personaggi, nei rimandi e negli echi delle parole, nell'emergere, come in una sinfonia, di temi che si nascondono qua è là e poi ritornano con forza ed evidenza provocando nel lettore una sensazione di deja vu
Del resto, c'è un aspetto onirico molto sviluppato e lo stesso protagonista sembra, a volte, un eterno sonnambulo che subisce la realtà fin da giovane: si lascia vivere. E’, nella splendida definizione di Settembrini “un riottoso figlio della vita”. Ci sono molti temi importanti che si intrecciano nella narrazione e,soprattutto, nei dialoghi/scontri tra i principali protagonisti: il tema del tempo, la politica l'erotismo, la musica, la malattia e la morte sono i principali.
Infine, i personaggi si possano raggruppare alcune specifiche tipologie:
-     il cerchio legato strettamente al protagonista Hans Castcorp: il nonno, il prozio, i parenti, Hippie (il compagno di scuola) e, soprattutto, il cugino Joachim;
-    Il gruppo dei dipendenti del Berghof: i dottori, gli infermieri, le suore, gli inservienti, i camerieri, ecc.
-    Il foltissimo gruppo dei ricoverati;
-    Il piccolo gruppo di chi vive all’esterno del Berghof

venerdì 12 agosto 2011

Storia d’Italia: Il periodo della grande ebetudine


Nel corso degli ultimi anni del secolo XX e nei primi del XXI, più precisamente dal 1993 al primo decennio del nuovo secolo, la storia italiana fu caratterizzata dall’emergere di un fenomeno profondo e diffuso di credulità di massa. E’ questo il periodo della “grande ebetudine”, nel corso del quale una gran parte di italiani si lasciarono convincere da un ricco imbonitore (SB) sulla possibilità di realizzare il regno di Bengodi, in particolare di ridurre le tasse per tutti, di costruire in poco tempo moderne infrastrutture, di garantire a tutti una vita felice.

Gran parte della responsabilità per la diffusione dell’ebetudine a livello di massa va addebitata al ruolo della televisione, che, in quegli anni, diffuse immagini falsate, distorte ed edulcorate della realtà, ma ciò fu possibile soprattutto per la grande facilità con cui gli “ebeti” si lasciarono convincere.

Fu un periodo di addormentamento e di ottundimento generale: qualsiasi cosa succedeva, qualsiasi grave comportamento, qualsiasi incredibile volgarità veniva accettata e giustificata, con scarse reazioni. Gli “ebeti” si erano lasciati facilmente convincere che esistessero ancora i comunisti cattivi, che ci fossero le cosiddette toghe rosse, che i giornali stranieri fossero manovrati da lobbies comuniste e che una prostituta minorenne fosse la nipote di Mubarak.

In questo periodo, anche l’opposizione fu protagonista di fenomeni di ebetudine: cercò talvolta di adattarsi al clima prevalente, propose penosi compromessi oppure si divise in piccoli partitini, quando fu per un breve periodo al governo, che si danneggiarono l’un l’altro e non permisero una risposta efficace ai problemi del paese.

Il fenomeno dell’ebetudine italiana, del resto, non era nuovo: nel ventennio fascista milioni di italiani credettero alle mirabolanti mete offerte da un altro grande e tragico imbonitore e, in nome della romanità, dei valori nazionali e di simili mitologie, si lanciarono nella tragica avventura della II guerra mondiale. Solo la pesante sconfitta e la reazione di una parte di italiani che valorosamente si batterono per la libertà e la democrazia portarono ad un risveglio, che si rivelò, tuttavia, di non lunga durata.

Considerando che, nell’arco di circa un secolo, per ben due volte gli italiani sono ricaduti nella stessa situazione di ebetudine, alcuni storici sono arrivati alla triste conclusione che non vi sia rimedio e che la credulità, nonostante il mito degli “italiani furbi”, sia una caratteristica antropologica e caratteriale dell’italiano.

Altri storici, invece, sono meno pessimisti e pensano che, dopo questi due vaccini (il fascismo e il berlusconismo), gli italiani possano riprendere un cammino nuovo, che consenta loro di creare un paese in cui prevalgano, finalmente, i valori dell’onestà, della giustizia e del merito.

domenica 31 luglio 2011

L'isola dei gelsomini / KARISTANI IOANNA



Incipit:
"Forse era per le esalazioni - con l'umidità il grano marcisce e durante lo stivamento si fanno sciocchezze - o forse per la salamoia, a Savas Saltaferro venne il bruciore di stomaco, ma no gli andava di lasciare solo Niceforo nella stiva, costrinse il giovane Filiocco e Stelios, entrambi con spalle e bicipiti forti, prendetelo che lo mettiamo a prua, questione di dieci minuti.
Con la sigaretta tra le dita, avvolto nell'incerata per l'umidità, vegliò la salma per tutta la notte.
Solcavano l'oceano, l'Atlantico neanche un sussurro. Gli lanciava le cicche, fa' un tiro anche tu, insaziabile divoratore di uomini, era stato impossibile toccare la tera, da Caripiso a Paramaribo tre giorni e tre notti di navigazione, e Niceforo non ce l'aveva fatta per una specie di broncopolmonite."

Inizia con una morte in mare questo libro dove i morti in mare sono tantissimi. E' la storia di una tragedia d'amore sullo sfondo della storia dell'isola di Andros, dai primi anni del '900 fino a dopo la guerra civile greca.
La storia di un amore frustato, che non si spegnerà mai, tra Orsa, figlia di Savas e di Mina, con Spiros Maltabès. Mina si oppone al matrimonio, fa sposare la figlia Orsa con il più ricco Nikos Vatozukis. In questo modo crea le condizioni che porteranno all'infelicità e alla morte finale di Orsa. Ad aggravare ulteriormente la situazione contribuirà il matrimonio tra Moscha, sorella di Orsa, proprio con Spiros.
L'interesse del libro, oltre che nella storia tragica di questo amore, sta nella descrizione di un ambiente, quello degli isolani di Andros: gli uomini si dedicano al mare, fonte di morte, ma anche di ricchezza. Alcuni, infatti, diventano armatori e capitani, navigano in tutti gli oceani, tornando alle loro famiglie pochi mesi all'anno.
Nelle storie dei rapporti tra uomini e donne, non c'è solo il mancato matrimonio tra Orsa e Spiros, e la loro infelicità. Si evidenziano matrimoni falliti, prima di tutto quello dei genitori di Orsa, il cui padre, come tanti altri marinai, si era fatto una famiglia parallela in Argentina. Ma anche il matrimonio della sorella Moscha, in fondo, è un ripiego. Poi ci sono i matrimoni finiti per la morte dei mariti, in seguito agli innumerevoli naufragi, oppure nel corso della guerra.
Interessante ruolo ha il soffitto della casa in cui vivono, oltre ai genitori (Mina e Savas), le due coppie "infelici" Orsa-Nikos e Moscha-Spiros. Attraverso il sottile soffitto, Orsa ascolta tutto quello che fanno e dicono Moscha e Spiros e questo contribuirà a mantenere vivo un amore mai spento, che la porterà alla consunzione, dopo la notizia della morte da eroe di Spiros durante la guerra.
Il rapporto tra le due sorelle diventa conflittuale ed aspro, allorché Moscha viene a sapere della storia d'amore della sorella con il marito. Ma poi tutto si scioglie e Moscha recupera l'affetto per Orsa, debole e malata; capisce che sono state travolte da un destino più forte di loro. Fatum fugi non potest.
In qualche circostanza ci sono delle notazioni sugli italiani, descritti come inetti alla guerra e razziatori di colombe e di gatti.
Nel complesso il libro è interessante e la storia avvincente, anche se la forma per frasi giustapposte con virgole, senza distinguere il discorso diretto, a volte richiede una rilettura. Inoltre, i personaggi sono molto numerosi e bisogna fare attenzione ai tanti nomi.
Un appunto va fatto sul titolo. Non capisco perché è stato scelto per la versione italiana "L'isola dei gelsomini", fiori che appaiono qualche volta nella storia, ma che non sono per nulla una caratteristica di Andros, e non l'originale "La piccola Inghilterra", che identifica meglio Andros, per i legami di affari, relativi ai rapporti marittimi, con la Gran Bretagna e che diviene il nome della nave di Spiros, sulla quale troverà la morte eroica durante al guerra.

Finale:
"Orsa comunque morì tra le braccia della sorella il pomeriggio di venerdì 16 aprile 1948, a trentanove anni e i ragazzini, a sciami si accalcavano nella piazza principale della città dove osti e pasticceri, di comune accordo, avevano sostituito le vecchie sedie con duecentocinquanta moderne poltroncine verdi".