venerdì 18 dicembre 2020

Bullet park / John Cheever


Bullet park / John Cheever ; traduzione di Vanni De Simone. - Milano : Feltrinelli, 2020 (Universale economica feltrinelli). - 232 p. ; 21 cm.


Abstract: Eliot Nailles e Paul Hammer: due uomini, due archetipi prigionieri della cabala del loro cognome (nail e hammer sono, in inglese, rispettivamente chiodo e martello). Uno è un marito innamorato e un padre affettuoso, l'altro un bastardo psicotico, perduto in un mondo che non sa che farsene di tipi come lui. Il palcoscenico del loro dramma magnetico e irresistibile è il sobborgo di Bullet Park (altro nome simbolico da bullet, proiettile) che ospita un'ossessione – quella di Hammer per il sacrificio di una vittima predestinata – e allo stesso tempo è la culla di quella media borghesia, americana ma non solo, che Cheever ha ritratto come nessun altro. Un immaginario di grande potenza metaforica, un romanzo compatto, feroce, comico e straziante da uno dei massimi maestri della narrativa americana del Novecento.



Resti di vite precedenti

La vernice scrostata sui muri o gli oggetti abbandonati dai proprietari precedenti sembrano vivi e pregnanti come gli abiti e le carte che si selezionano dopo una morte in famiglia.

Casa di riposo

"Lo so", disse il direttore, “ma la maggior parte dei parenti degli ospiti della casa ha piacere di vederli con un bell’aspetto. Io li chiamo tutti ‘i miei bambolini’,” aggiunse con un accento genuino di tenerezza. “Sembrano esseri umani veri, ma di fatto non lo sono.” Cupo, Nailles si chiese se il direttore avesse giocato sul serio con delle bambole. Come aveva fatto a inventarsi quel paragone, altrimenti? “Li vestiamo, e li svestiamo, e gli facciamo fare i capelli, parliamo con loro anche se non capiscono. Per questo li chiamo i miei bambolini.”

Alcolismo

Be’, per me era la stessa cosa, solo che io non pensavo a Dio, pensavo solo a bere. Ci pensavo appena alzato dal letto, e poi ci pensavo per tutto il giorno, e poi ogni sera mi coricavo bello che fatto. Le bevute erano diventate per me una specie di Dio, cioè, erano dappertutto come Dio. Le nuvole mi facevano venire in mente il bere, la pioggia mi faceva venire in mente il bere, le stelle mi facevano venire in mente il bere. Prima, quando ancora non bevevo, sognavo le donne ma dopo non ho fatto altro che sognare di bere. Nel senso che i sogni dovrebbero nascere dal profondo, dal sesso, cioè, ma per me nascevano dall’idea di bere. Così sognavo di tenere un bicchiere in una mano e una bottiglia nell’altra, e poi sognavo di versarne un po’ nel bicchiere, e poi me lo scolavo e poi provavo una sensazione grandiosa tipo cominciare una vita diversa. E sognavo il bourbon e lo scotch e il gin e la vodka. Però non ho mai fatto sogni con il rum. Non mi è mai piaciuto. E così me ne stavo lì a bere e a guardare cartoni animati alla televisione, e mi pareva come di scivolare giù da un albero della cuccagna, e scivolavo e scivolavo ed era proprio bello e rilassante. E la mattina mi alzavo sottosopra e con la tremarella e subito mi rimettevo a pensare a bere.”

Dolore e invidia

E dopo aver provato l’ossessione del dolore, ora doveva provare la volgare invidia di un uomo che sente la propria fortuna giunta al capolinea. Perché, tra tutti i ragazzi di Bullet Park, perché proprio a Tony erano toccate in sorte le sofferenze di un male misterioso e incurabile? E non era una domanda che poneva egli a se stesso, ma una che il mondo, così come lui lo scorgeva, gli parava inesorabilmente innanzi dalla mattina alla sera. Risa allegre e spensierate sul marciapiede della stazione lo inducevano a riflessioni rabbiose e amare sul perché i figli dei suoi amici fossero liberi di camminare e correre all’aperto, mentre il proprio giaceva in reclusione. Poi, a pranzo con amici che immancabilmente si mettevano a parlare dei successi dei loro figlioli, si sentiva talmente sconvolto da stati d’animo di dubbioso sconforto, da parere come fisicamente estraniato dal gruppo con cui si trovava in quel momento. Alla vista di un giovane sconosciuto che correva per la strada, avrebbe voluto mettersi a urlare: “Fermati, fermati, fermati. Anche il mio Tony una volta era forte e veloce come te!”. Già gran sostenitore di un certo suo modello di vita, si era ritrovato coinvolto in storie di eversione, spionaggio e vendetta.

Libri per bambini

Il segreto per restare sempre giovani è leggere libri per bambini. Ti metti a leggere i libri per bambini e resti sempre giovane. Invece se ti metti a leggere romanzi, filosofie e robe del genere diventi vecchio subito.

La famiglia come "ditta"

Non erano semplicemente George ed Helen Ridley ma “I Ridley”, e si aveva la sensazione che si fossero regolarmente costituiti sotto forma di società commerciale e che vendessero al dettaglio azioni della loro esistenza. I RIDLEY si leggeva sulla portiera della loro station wagon, e anche all’inizio del vialetto che portava all’ingresso di casa c’era una targhetta con su scritto I RIDLEY. In casa, bustine di fiammiferi, centrini e tovaglioli, tutto aveva impresso il logo rappresentato dal loro nome. Quando mostravano a un ospite i loro bei bambini, avevano i modi di fare di concessionari che stessero illustrando in un autosalone le qualità di una qualche automobile appena prodotta. L’efficienza della loro organizzazione matrimoniale non pareva essere mai stata sfiorata dalla libidine, dalle afflizioni, dalle eccitazioni e dagli spregevoli affanni comuni a qualsiasi ménage di coppia, ed era come se in giro si avvertisse l’esistenza di filiali e collaboratori sempre all’opera. 

"Tifo di luogo"

Un esempio di tifo di un luogo è che mi metto a ripetere che vorrei trovarmi in una casa al mare, e poi penso a una certa ora del giorno e al tempo atmosferico che vorrei che ci fosse. Così dico che sono in una casa al mare alle quattro del pomeriggio mentre sta piovendo. Poi dico che sono seduto su una specie di sedia, una con lo schienale a stecche e un libro in mano. E dico che sto aspettando la mia ragazza che amo e che era andata a fare una commissione e che adesso sta tornando e ripeto questa cosa in continuazione.

Nudismo 

Era una spiaggia bellissima, me la ricordo come se fosse oggi. Solitamente associamo la nudità a concetti come “giudizio” oppure “eternità”, per cui sulle spiagge, dove ci si spoglia quasi completamente, si creano scenari da Giudizio Universale. Fermi lì sul bagnasciuga sembriamo, del tutto innocentemente, essere stati catapultati in un vortice morale fuori del tempo.

Bere

Quella donna era, da quel che vedevo, uno di quei bevitori seri che sono soliti preparare i loro arnesi così come un dentista prepara i propri ferri per un’estrazione. Sistemò ordinatamente sul tavolo accanto alla sedia bicchieri, secchiello del ghiaccio e caraffa dell’acqua, oltre che un pacchetto di sigarette, un portacenere e un accendino. Poi, con tutti questi oggetti a portata di mano, si sedette sulla sedia e io le versai da bere.

“Cin cin,” fece.

“Salute,” dissi io.


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