martedì 4 dicembre 2012

La fabbrica dell'obbedienza / Ermanno Rea

E' un libro-sfogo sugli italiani, con alcune notazioni molto interessanti. Il cuore dell'argomentazione, la tesi fondamentale parte dalla valorizzazione del Rinascimento italiano, in contrapposizione alla decadenza del periodo della Controriforma, che ha segnato profondamente la storia e il carattere degli italiani, rendendoli obbedienti e succubi.
E' proprio il periodo controriformistico che ha prodotto lo strapotere della Chiesa sulla società e sulla coscienza degli italiani, anche attraverso il sacramento della confessione, che in un primo tempo non era nemmeno segreta e veniva utilizzata come strumento di controllo individuale e sociale.
Mentre negli altri Paesi, la Riforma ha consentito un rapporto più libero con le scritture e, quindi, con l'autorità, senza che ci fosse il monopolio delle interpretazioni, in Italia, la Chiesa ha abituato il popolo alla sudditanza e all'obbedienza. Il che spiega perchè non ci sia mai stata, nel nostro Paese, una vera rivoluzione popolare e perchè, anche il Risorgimento e la Resistenza, siano stati eventi importanti, ma minoritari.
Questa pesante eredità ci condiziona ancora oggi e spiega, in parte, perchè gli italiani si affidino al "capo carismatico", a chi ha il potere e perchè, tranne esigue minoranze, non riescano a ribellarsi e accettino compromessi con la propria coscienza.
Mi ha colpito il caso di Giacomo Leopardi che, nonostante la sua estraneità alla religione e la sua tempra morale, scrisse una lettera umiliante (qui riportata), per chiedere di avere una carica, anche eventualmente togliendola ad altri, dal cardinale Consalvi. Se anche Leopardi si è abbassato, magari in un momento di debolezza ad una simile richiesta, emerge, con evidenza, l'esistenza di un humuis, storicamente motivato, in grado di condizionare pesantemente l'anima degli italiani. Bisognerebbe, ma temo che sia ormai impossibile, riprendere il cammino spezzato del nostro Rinascimento, nel corso del quale, gli italiani furono al centro della cultura e della civiltà europea, grazie a intellettuali come Lorenzo Valla, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, ad artisti, come Leon Battista Alberti e innumerevoli altri, a filosofi e pensatori come Tommaso Campanella e, soprattutto, come Giordano Bruno, il cui rogo a Campo dei Fiori segnò la fine di un'epoca gloriosa e l'inizio di tempi oscuri.
Meno interessanti alcune parti sul federalismo meridionale e sulla controversa interpretazione del Risorgimento, che senz'altro ebbe dei limiti, ma che ebbe anche delle pagine gloriose, sia pure ad opera di  minoranze, spesso incomprese.
Penso che il filo che unisce le varie considerazioni, cioè quello del peso negativo del passato controriformistico, sia ancora valido. Il libro è anche una sollecitazione ad approfondire il tema, rileggendo i testi di Bertrando Spaventa (Rinascimento Riforma e Controriforma e altrio saggi), uno delle figure ispiratrici di tutto il testo.
Da leggere anche: Giuliano Procacci, "Storia degli italiani", Laterza, 2006
Adriano Prosperi, "Tribunali della coscienza. Inquisitoti, confessori, missionari. Einaudi, 1996.

Ermanno Rea, utopie e sconfitte
LA FABBRICA DELL’OBBEDIENZA recensione di Giovanna D'Arbitrio


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