Ho servito il re d’Inghilterra / Bohumil Hrabal ; traduzione
dal ceco di Sergio Corduas. – Roma : edizioni e/o, 2006. – Ebook
Incipit:
"State
attenti a quello che adesso vi dico. Quando arrivai all’hôtel Praga, il
capo mi prese per l’orecchia sinistra e tirandomela dice: «Qui tu sei piccolo
di sala, perciò ricordati! Non hai visto niente, non hai sentito niente!
Ripeti!». E così dissi che al lavoro non vedevo niente e non sentivo niente. E
il capo mi tirò per l’orecchia destra e disse: «Ma ricordati anche che devi
vedere tutto e sentire tutto! Ripeti!». E così ripetei stupito che avrei visto
tutto e sentito tutto. E così incominciai. Tutte le mattine alle sei eravamo in
sala, una specie di schieramento, il signor hôtelier arrivava, a un lato del
tappeto stavano il maître e i camerieri e in fondo io, piccolino proprio come
un piccolo di sala, e all’altro lato stavano i cuochi e le cameriere dei piani
e le sguattere e la credenziera, e il signor hôtelier ci passava accanto e
guardava se avevamo le pettorine pulite, e i colletti e i frac senza macchie, e
se non mancavano bottoni, e se le scarpe erano lucide, e si chinava per
accertare con l’olfatto se ci eravamo lavati i piedi, poi diceva: «Buon giorno
signori, buon giorno signore…»."
Si tratta il lungo racconto che il protagonista Jan Dite fa a degli
ascoltatori ignoti. Una narrazione quasi ipnotica, con periodi molto lunghi,
che potrebbe svolgersi, tra una birra e l’altra, in qualche locale praghese.
Anche il modo di narrare non è lineare: spesso un particolare fa venire in
mente ricordi di molto tempo prima e il percorso e, talvolta, zizzagante, come
quello di un ubriaco.
Anche le vicende narrate sono spesso surreali e, comunque, abbiamo
solo la versione di chi narra in prima persona. Tutto è soggettivo e visto dall’unica
prospettiva del protagonista narratore.
La vicenda si svolge in Cecoslovacchia nei vari alberghi nei quali
lavora Jan. La prima parte è più “allegra”, mentre nella seconda, con le
vicende della guerra mondiale e dell’occupazione nazista, il racconto assume toni
più cupi. Jan percorre la vita e la storia con leggerezza, senza esserne mai
travolto, con fatalismo e con capacità di adattamento.
Il suo sogno è quello di arricchirsi per poter aprire un proprio
albergo. Riesce a realizzarlo, ma, nonostante tutto, non riesce mai ad essere
riconosciuto come un pari dagli altri albergatori. E’ sempre considerato un
semplice cameriere arricchito.
Oltre il tema del denaro, c’è il tema dell’amore e del sesso, che
affronta con molto rispetto e dolcezza, fin da quando comincia a frequentare il
Paradiso e a coprire di fiori il corpo delle donne che frequenta.
”Con i soldi si
può comprare non soltanto una bella fanciulla, ma con i soldi si può anche comprare
la poesia.”
I clienti dell’hotel Praga sono i notabili della città e i commessi
viaggiatori che commerciano i loro prodotti (bilance, affettatrici, giochi,
prodotti di gomma).
L’altro hotel è l’hotel La Quiete, dove il direttore, su una
carrozzella dirige il personale con i fischi. Qui conosce il maitre Zdenek che
Jan ammira molto.
Dopo sei mesi torna a Praga, all’hotel Parigi, un hotel molto
lussuoso diretto dal signor Srombek.
Questo hotel era frequentato da agenti di borsa che si incontravano con
belle signorine. Qui diventa cameriere di sala, sotto la direzione del maitre
Skrivanek, quello che aveva servito il re d’Inghilterra, e che era in grado di
prevedere da dove venivano i clienti e che cosa avrebbero ordinato. In questo
albergo c’era una “chambre-separee”, o gabinetto di visitazione, dove degli
agenti di borsa anziani si limitavano a guardare e a spogliare una signorina, stesa
su un tavolo, mangiando e bevendo.
”E così, saziati gli
sguardi, quei borsisti finivano la visitazione, versavano champagne alla
signorina e … brindavano con lei”.
E’ in questo albergo, dotato di posate d’oro, che si svolge il
banchetto di 300 persone per l’imperatore d’Abissinia, dopo il quale Jan viene
premiato con una medaglia e una fascia azzurra “per meriti verso il trono
dell’imperatore d’Abissinia”.
Poi conosce Liza, una tedesca di Cheb, che faceva la maestra di
ginnastica, una sportiva, il cui padre gestiva un ristorante. Proprio per il
suo rapporto con una donna tedesca, viene licenziato e, considerato un traditore,
non riesce più a trovare lavoro.
”Ogni volta arrivava
… l’informazione che ero un ceco con
sentimenti filotedeschi”.
Siamo nel periodo dell’occupazione tedesca, durante il quale si
mette insieme a Liza e si vendica dei suoi ex colleghi e del padrone dell’hotel
Parigi che l’avevano maltrattato per il suo tradimento.
Vive con Liza, che fa alla crocerossina, in mezzo ai tedeschi e con
lei fa l’amore.
Si trasferisce in un altro albergo, in mezzo ai boschi, in montagna
sopra Decin. In questo albergo i nazisti cercano di creare gli “uomini nuovi”, di
razza pura, accoppiando sane ragazze ariane con giovani soldati.
Tutto nell’albergo è in funzione di questo progetto: statue degli
eroi, colonnati, rilievi che illustravano il glorioso passato della Germania.
“La prima stazione europea di allevamento di razze per essere
umani”, dove “si compivano coiti
nazionalsocialisti”. È qui che Jan cambia anche il nome, che diventa
tedesco, Herr Ditie, anche se le giovani vergini tedesche da accoppiamento lo
ignorano “come se io fossi un tavolino di servizio”.
Per sposare Liza deve superare un esame, per verificare se era
in grado di “fecondare sangue germanico
ariano”: viene esaminato da un medico e il suo sperma viene analizzato. Alla
fine ottiene il permesso di matrimonio e si sposa con Liza, con una cerimonia
tipicamente nazista.
Nonostante tutto, è sempre considerato un estraneo (“la mano non me
la davano”). Ritorna ancora questo senso di inadeguatezza, questo sentirsi
sempre non accettato che è un elemento costante del libro:
- non è accettato, nonostante la sua ricchezza dargli hoteliers
cechi;
- non è accettato dai tedeschi, nonostante sia sposato con una di
loro.
Alla fine, riesce a mettere incinta Liza e nasce Siegfried, il figlio strano che passa
il tempo a martellare chiodi sui pavimenti.
Dopo essere stato licenziato, prende servizio al ristorante Cestino,
dove i soldati tedeschi si incontrano con le loro mogli o fidanzate, prima di
partire per il fronte russo, dove la guerra per la Germania non procede bene
(“Non c’era allegria, ma tristezza malinconica”).
Non c’è più l’uomo nuovo, “vittorioso e strillone e orgoglioso, ma
al contrario l’uomo umile e meditabondo,
con i begli occhi di un animale spaventato”.
Per un periodo, dopo essere stato scambiato per una spia alla
stazione di Praga, viene arrestato dai tedeschi, al posto del maitre Zdenek,
come fosse un bolscevico.
Una volta rilasciato, accompagna un compagno di prigionia, che aveva
ucciso il padre, nel paese di Lidice, che trovano completamente distrutto dai
tedeschi per rappresaglia in seguito ad un attentato.
Si sposta a Cheb, dove il padre di Liza gestiva l’hotel Città di
Amsterdam e dove la moglie e il figlio si erano rifugiati. Liza resta sepolta dalle
macerie durante un bombardamento, mentre il figlio, che continua a martellare
chiodi sul pavimento, viene messo in un istituto per bambini disturbati.
Con i soldi di rari francobolli rubatii da Liza agli ebrei, riesce,
finalmente, a realizzare il sogno di acquistare un hotel prima la periferia di
Praga, poi in un altro posto. Infine, decide di “costruire un albergo, molto
diverso da tutti gli altri alberghi”, in una cava abbandonata vicino a Praga.
L’albergo si trova in una ex fonderia ed ha molto successo: si
chiama hotel Alla cava. Lo frequentano scrittori e uomini famosi, tra i quali Syeinbeck e Maurice Chevalier.
È qui che Jan raggiunge il massimo del successo e spera, finalmente,
di essere riconosciuto anche degli altri hoteliers.
”Perché anch’io
ero un milionario, speravo che il mio nome come nome di milionario sarebbe
stato sui giornali, che sarebbe stato accanto a quelli di Sronbek e Brandejs e
degli altri”.
In realtà questo riconoscimento non avverrà mai e sarà sempre considerato
un inferiore.
L’hotel Cava, alla fine, viene requisito e “tutti i diritti di proprietà
passavano al popolo”.
Jan viene internato in un vecchio seminario insieme ai milionari, per
punizione, ma, in realtà, si tratta di una “prigione” dorata in cui prigionieri e guardie ci scambiano i ruoli.
Nell’internato “si cucinava alla grande ed era, praticamente,
l’hotel di lusso”.
Dopo che l’internato fu chiuso, Jan fu mandato in una brigata di
lavoro nei boschi, lontano dalla gente, in una casa forestale, insieme ad un
professore di letteratura francese e ad una bella ragazza, Marcela.
Il loro lavoro consisteva nel collaborare all’abbattimento di alberi
di abete, dai quali si ricavava il legno per strumenti musicali (abeti musicali risonanti). Da questo
momento inizia per Jan un percorso di solitudine sempre maggiore: la sua vita, prima
piena di contatti e di rapporti intensi con uomini e donne, vivace e ricca di
eventi, cambia completamente. Dopo una breve sosta a Praga, inizia il lavoro di
cantoniere, in un posto isolato tra le montagne, per dare il cambio ad una
famiglia di zingari nel lavoro di selciatura di una strada. Abita in un’osteria
abbandonata, con una stalla e una legnaia, insieme ad un cavallino, una capra, un
cane e un gatto.
Gli unici rapporti con altri esseri umani avvengono in paese quando
va a fare provviste: nell’osteria fa lunghi discorsi sulla morte e scopre che
“l’essenza della vita sta nel domandare della morte”.
Gli animali sono gli unici compagni di una vita in cui, più e più
volte, “l’incredibile è diventato realtà”.
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